In tema di gare pubbliche, vige un generale principio di autoresponsabilità per cui ciascuno dei concorrenti sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella formulazione dell'offerta e nella presentazione della documentazione. Nelle gare telematiche tale principio comporta la legittimità dell’esclusione disposta nei confronti dell’operatore che abbia depositato un supporto informatico (nella fattispecie un CD), che avrebbe dovuto contenere la documentazione amministrativa, completamente vuoto, perché ciò equivale a non aver prodotto la dichiarazione richiesta. Né può ritenersi ammissibile il ricorso al soccorso istruttorio ex art. 83, comma 9, D. Leg.vo 50/2016 per difetto dei presupposti in presenza dei quali esso può essere applicato, atteso che la presentazione del CD vuoto genera una situazione di obiettiva ed irreversibile incertezza quanto a contenuto e provenienza della documentazione trasmessa di fatto così integrando quella situazione limite di irregolarità essenziale non suscettibile di sanatoria.

L'art. 34, D.P.R. 380/2001 consente la fiscalizzazione dell'abuso edilizio mediante il pagamento di una sanzione pecuniaria quando vi sia difformità parziale rispetto al titolo edilizio, e sussista il rischio che la demolizione della parte difforme possa arrecare pregiudizio alla parte conforme. Il primo presupposto per l'applicazione dell'art. 34, comma 2, D.P.R. n. 380/2001 è che siano stati superati i limiti delle variazioni essenziali ex art. 32, D.P.R. 380/2001 (nel caso delle variazioni non essenziali, infatti, la conformità urbanistica è normalmente implicita ed è quindi applicabile la regolarizzazione ex art. 36, comma 2, D.P.R. 380/2001). Il secondo presupposto è che l'intervento di costruzione sia stato unitario, e abbia determinato la confusione delle varie parti di quanto edificato, conformi e difformi, in un'unica costruzione. È dunque necessario che vi sia stata contestualità tra i lavori conformi e quelli difformi, o quantomeno che l'aggiunta di parti difformi sia rimasta all'interno del medesimo disegno edificatorio, analogamente a quanto avviene con le varianti in corso d'opera.

A seguito della modifica legislativa di cui all’art. 30, D.L. 69/2013, comma 1, lett. a), l'art. 3, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. d), include nella ristrutturazione edilizia tre tipologie di demolizione e ricostruzione: 1. una connotata dalla unicità del contesto “temporale” di realizzazione dei vari interventi, con rispetto della volumetria preesistente; 2. l’altra caratterizzata, all’opposto, dal fatto che la ricostruzione/ripristino risulta indipendente dalla demolizione, con possibilità di realizzare i due interventi anche a distanza di tempo, ma anche in questo caso con la necessità di rispettare la “preesistente consistenza”; 3. da ultimo, la demolizione seguita da ricostruzione in zone tutelate, connotata dal rispetto della “preesistente consistenza” indipendentemente dalla contestualità, o meno, dei due interventi, con la precisazione che, a partire dalle modifiche introdotte nel 2020 con il D.L. 76/2020, è richiesto, in tal caso, il rispetto di “sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”, cioè una ricostruzione assolutamente “fedele” all’edificio preesistente.

Pur dovendosi riconoscere la massima importanza alla normativa di prevenzione e contrasto ai fenomeni di criminalità organizzata, l’obbligo di iscrizione nella white list prefettizia di cui all’art. 1, comma 53, della L. 190/2012 non sussiste laddove le attività di cui all’elenco di legge presentino, in relazione al complesso delle lavorazioni, un rilievo del tutto marginale. Tale interpretazione è maggiormente coerente con la finalità di iscrivere le richiamate disposizioni in un ambito di ragionevolezza e di legittimità costituzionale, non potendo il presidio di legalità disciplinato dalla L. 190/2012 cit. trovare applicazione anche oltre il limite della sostanziale irrilevanza e in relazione a fattispecie in cui l’oggetto dell’affidamento non riguarda - se non in misura obiettivamente marginale - i settori considerati tipicamente a rischio di infiltrazioni malavitose.