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25/11/2024

Ristrutturazione ricostruttiva e fiscalizzazione dell'abuso

Il Consiglio di Stato fornisce chiarimenti in tema di fiscalizzazione dell’illecito edilizio di cui all’art. 34, comma 2, D.P.R. 380/2001, e sui presupposti per la configurabilità della ristrutturazione ricostruttiva.

RISTRUTTURAZIONE RICOSTRUTTIVA ABUSI EDILIZI FISCALIZZAZIONE - Nel caso di specie il ricorrente contestava l’ordine di demolizione, confermato dal TAR, di alcune opere consistenti nel rifacimento di solai intermedi di un fabbricato. Nell’ordine di demolizione le opere erano state qualificate come intervento di accorpamento di vari volumi appartenenti all’unità immobiliare contigua e confinante, della stessa proprietà, demolizione e rifacimento di un solaio in latero-cemento intermedio, creando in tal modo tre diversi cespiti, il primo con indirizzo commerciale, il secondo ed il terzo di disposizione e volumi assimilabili a una civile abitazione. Il tutto con modifica dei prospetti quali: apertura di nuove luci (balconi e finestre) sia sulla facciata principale che su quelle prospicienti il cortile interno.
Secondo il ricorrente, essendo il manufatto realizzato conforme a quello originario, ad eccezione della posizione del solaio intermedio, il Comune avrebbe eventualmente dovuto applicare, in luogo della demolizione, le sanzioni alternative ex art. 34, D.P.R. 380/2001, trattandosi a suo avviso di opere eseguite in parziale difformità, ovvero di demolizione e ricostruzione tale da integrare la nozione di ristrutturazione edilizia ex art. 3, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. d).

RISTRUTTURAZIONE RICOSTRUTTIVA, CONTINUITÀ E RECUPERO DELL’IMMOBILE - C. Stato 04/11/2024, n. 8779 ha innanzitutto rilevato che le affermazioni della parte ricorrente, tra loro contraddittorie, secondo cui nel caso di specie si tratterebbe di opere eseguite in parziale difformità (da un permesso di costruire inesistente) ovvero di demolizione e ricostruzione tale da integrare la nozione di ristrutturazione edilizia, erano rimaste del tutto indimostrate.
In proposito ha ricordato che in materia urbanistico-edilizia, la prova certa della preesistenza del fabbricato oggetto della c.d. ristrutturazione ricostruttiva, di cui alla citata lett. d) spetta alla parte, non essendo sufficiente allegare (come era accaduto nella fattispecie) una generica inattendibilità delle risultanze documentali senza supportare tale soggettiva valutazione con alcun concreto elemento di riscontro.
Ciò posto, i giudici hanno spiegato che la nozione di ristrutturazione edilizia, per definizione non può mai prescindere dalla finalità di recupero del singolo immobile che ne costituisce l'oggetto. In tale quadro è stata sottolineata la necessità di un'interpretazione della definizione dell'intervento di ristrutturazione edilizia di cui alla lett. d) dell'art. 3, comma 1, D.P.R. 380/2001, che sia aderente alla finalità di conservazione del patrimonio edilizio esistente, finalità che contraddistingue tale intervento rispetto a quelli di "nuova costruzione" di cui alla successiva lett. e), e non si presti all'elusione degli standard urbanistici vigenti al momento della riedificazione ed applicabili in caso di nuova costruzione.

Sul tema si veda anche la Nota: Ristrutturazione con demo-ricostruzione, limiti dopo il D.L. 76/2020.

FISCALIZZAZIONE - L’art. 34, D.P.R. 380/2001 disciplina gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, prevedendo che per gli edifici residenziali, laddove la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applichi una sanzione pari al triplo del costo di produzione (c.d. fiscalizzazione).
Il Consiglio ha ribadito che la norma presuppone che le opere siano state realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire e non è applicabile nella diversa ipotesi di opere realizzate in totale assenza del permesso di costruire.
Peraltro, l'applicabilità della sanzione pecuniaria deve ritenersi subordinata all'impossibilità di eseguire la demolizione senza pregiudizio per la parte eseguita in conformità; valutazione da eseguirsi, comunque, in fase esecutiva.
In ogni caso, l'art. 34, D.P.R. 380/2001 ha valore eccezionale e derogatorio e non compete all'amministrazione procedente valutare, prima che venga emesso l'ordine di demolizione dell'abuso, se possa essere applicata la sanzione sostitutiva, piuttosto incombendo sul privato interessato la dimostrazione, in modo rigoroso e nella fase esecutiva, della obiettiva impossibilità di ottemperare all'ordine stesso senza pregiudizio per la parte conforme.
In altri termini, il Comune non deve scegliere preliminarmente se irrogare la sanzione pecuniaria oppure la sanzione ripristinatoria, in quanto la demolizione costituisce la regola generale e la fiscalizzazione dell'abuso una deroga attuabile qualora nella fare esecutiva venga provata la situazione di pericolo per le parti legittime (vedi anche C. Stato 23/11/2021, n. 7857).

Dalla redazione