Sent.C. Cass. 15/03/2004, n. 5250 | Bollettino di Legislazione Tecnica
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Sent.C. Cass. 15/03/2004, n. 5250

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1. Appalti - Difetti dell'opera - Le due possibili azioni del committente - Eliminazione difetti o riduzione del prezzo. 2. Appalti - Difetti dell'opera - Risoluzione del contratto - Condizioni - Differenza dalla risoluzione del contratto di compravendita.
1. La garanzia dell'appaltatore per le difformità ed i vizi dell'opera si configura non come una garanzia in senso tecnico, ma come un'esplicazione particolare della comune responsabilità per inadempimento, attuabile - a scelta del committente - con la riduzione proporzionale del prezzo o con l'eliminazione delle carenze a spese dell'appaltatore. Le due azioni non sono surrogabili l'una con l'altra, per cui se il committente non ha chiesto l'eliminazione dei vizi o delle difformità, può essere disposta soltanto la riduzione del prezzo pattuito. L'appaltatore, quindi, non può chiedere di eseguire spontaneamente le opere necessarie per l'eliminazione dei vizi se la relativa domanda non è stata proposta dal committente, mentre può procedere alla detta eliminazione, prima della sentenza, se il committente ha chiesto la condanna dell'appaltatore al pagamento della somma occorrente. 2. Ai fini della risoluzione del contratto di appalto per i vizi dell'opera si richiede un inadempimento più grave di quello richiesto per la risoluzione della compravendita per i vizi della cosa, atteso che, mentre per l'art. 1668, 2° comma, Cod. civ. la risoluzione può essere dichiarata soltanto se i vizi dell'opera sono tali da renderla del tutto inidonea alla sua destinazione, l'art. 1490 Cod. civ. stabilisce che la risoluzione va pronunciata per i vizi che diminuiscano in modo apprezzabile il valore della cosa, in aderenza alla norma generale di cui all'art. 1455 Cod. civ., secondo cui l'inadempimento non deve essere di scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse del creditore. Pertanto la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto di appalto è ammessa nella sola ipotesi in cui l'opera, considerata nella sua unicità e complessità, sia assolutamente inadatta alla destinazione sua propria in quanto affetta da vizi che incidono in misura notevole - sulla struttura e funzionalità della medesima sì da impedire che essa fornisca la sua normale utilità, mentre se i vizi e le difformità sono facilmente e sicuramente eliminabili, il committente può solo richiedere, a sua scelta, uno dei provvedimenti previsti dal 1° comma dell'art. 1668 Cod. civ., salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore. A tal fine, la valutazione delle difformità o dei vizi deve avvenire in base a criteri obiettivi, ossia considerando la destinazione che l'opera riceverebbe dalla generalità delle persone, mentre deve essere compiuta con criteri subiettivi quando la possibilità di un particolare impiego o di un determinato rendimento siano dedotti in contratto. E incombe al committente l'onere probatorio in ordine alla sussistenza dei vizi dedotti a fondamento della domanda di risoluzione del contratto di appalto, mentre compete all'appaltatore addurre l'esistenza di eventuali cause che impediscano al committente di far valere il suo diritto.

Sulle azioni che il committente può intraprendere contro l'appaltatore per difetti dell'opera di cui agli artt. 1667 e 1668 Cod. civ. ved. C. Conti Lombardia 26 marzo 2003 n. 374 R e C. Conti Centr. II 18 marzo 2002 n. 86 R (In caso di vizi occulti di un'opera pubblica, il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in 5 anni decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta; e nei confronti del direttore dei lavori, ove sussista l'occultamento doloso da parte dell'appaltatore - essendo irrilevante il fatto che il dolo sia imputabile ad esso (cioè ad un terzo) - la prescrizione dell'azione decorre dalla scoperta del danno); Cass. 4 marzo 2003 n. 3190 R e 2 agosto 2002 n. 11602 R (Qualora l'appaltatore non elimini direttamente i difetti dell'opera il committente, ove non intenda ottenere l'affermazione giudiziale dell'inadempimento con la relativa condanna dell'appaltatore e l'attuazione dei suoi diritti nelle forme dell'esecuzione specifica, può sempre chiedere il risarcimento del danno); 4 marzo 2003 n. 3190 R (Il committente che, deducendo difformità dell'opera eseguita dall'appaltatore, agisce per la riduzione del prezzo, ai sensi dell'art. 1668 Cod. civ., ha l'onere di provare il deprezzamento, a meno che queste difformità non dipendano dall'impiego di materiali meno pregiati di quelli contrattualmente previsti o da altre cause che per la loro intrinseca natura incidono sul pregio dell'opera); 17 gennaio 2003 n. 631 R (L'azione di risarcimento ex art. 1668 Cod. civ. per i danni derivati da difettosi lavori condominiali può essere promossa da ciascuno dei condomini); 2 agosto 2002 n. 12604 [R=W2AG0212604] (Sull'azione di riduzione del prezzo ex art. 1668, 1° c., Cod. civ.); 18 aprile 2002 n. 5632 R (In caso di vizi costruttivi di un'opera il committente può, ai sensi dell'art. 1668 Cod. civ., agire contro l'appaltatore anche solo con l'azione di risarcimento del danno, senza cioè chiedere la risoluzione del contratto); 17 aprile 2002 n. 5496 R (Qualora il committente, rilevata l'esistenza di difetti nell'opera, chieda il risarcimento del danno anziché la loro eliminazione, il pagamento all'appaltatore per i lavori eseguiti va effettuato); 25 gennaio 2002 n. 886 R (Sui criteri oggettivi o soggettivi in base ai quali va fatta l'indagine circa l'esistenza di difetti nell'opera appaltata tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione e quindi da legittimare il committente a chiedere la risoluzione del contratto); 29 novembre 2001 n. 15167 R (Ai sensi dell'art. 1668 Cod. civ. il committente può chiedere la risoluzione del contratto soltanto se i difetti dell'opera siano tali da renderla del tutto inadatta alla Sua destinazione; negli altri casi può chiedere l'eliminazione dei difetti o la riduzione del prezzo ed anche il risarcimento del danno); C. Conti, Centr. III 11 luglio 2001 n. 186 R (In un appalto di opera pubblica non si ravvisa danno ingiusto risarcibile ex art. 1668 Cod. civ. per difetti eliminabili con una spesa rientrante nell'alea normale, come può essere - ai sensi dell'art. 1660 Cod. civ. - quella non superiore ad un sesto dell'importo dell'appalto).
(Cod. civ. art. 1668) (Cod. civ. artt. 1455, 1490, 1668)

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