L’art. 9-bis, comma 1-bis, D.P.R. 380/2001, come modificato dal D.L. 69/2024, consente, a determinate condizioni, di dare rilevanza esclusiva alle risultanze dell’ultimo titolo abilitativo. Ciò include anche le dichiarazioni rese dal progettista nella relativa pratica, purché si riferiscano ad uno stato di fatto verificato e approvato dall’amministrazione. L’obiettivo della norma è impedire che, successivamente al rilascio di un titolo edilizio riguardante l’intero immobile, l’amministrazione possa contestare abusi pregressi non rilevati in sede istruttoria. Tuttavia, l’efficacia di tale meccanismo è subordinata alla condizione che l’amministrazione, in sede di rilascio dell’ultimo titolo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi. Ne consegue che, per dimostrare lo stato legittimo, l’interessato può sì limitarsi a produrre l’ultimo titolo edilizio, ma deve trattarsi di un titolo che (oltre a riguardare un intervento che interessi l’immobile nella sua interezza) dia conto dell’accertamento effettuato dall’amministrazione circa la sussistenza e la regolarità dei titoli edilizi precedenti che legittimano lo stato di fatto in esso dichiarato.

In tema di requisiti di idoneità professionale, la prescritta coerenza tra le attività indicate nell’iscrizione al Registro delle imprese o all’Albo delle imprese artigiane e l’oggetto dell’appalto deve essere valutata complessivamente e in modo sostanziale. Non è quindi necessaria una perfetta coincidenza tra le attività iscritte e quelle oggetto dell’affidamento. Tale impostazione è coerente con il concetto di "pertinenza" (diverso dalla coincidenza) introdotto dall'art. 100, comma 3, D. Leg.vo 36/2023, inteso come idoneità dell’impresa a operare nel settore economico di riferimento. Possono, dunque, concorrere all’integrazione del requisito di partecipazione anche le attività c.d. secondarie, purché inserite in un contesto operativo coerente con l’oggetto dell’appalto. 

In materia edilizia, in presenza di una dichiarazione inesatta, incompleta o non veritiera, la fattispecie di cui all’art. 19 della L. 241/1990 non può dirsi perfezionata, cosicché l’amministrazione può accertare e dichiarare in qualunque momento l’inefficacia della segnalazione. Tale potere - contemplato dall’art. 19, comma 4, L. 241/1990, applicabile anche alla segnalazione certificata di agibilità ai sensi dell’art. 24, comma 6, D.P.R. 380/2001 - risulta coerente con la riconduzione della natura e del modello normativo della segnalazione di agibilità a quello della SCIA.

In presenza di una convenzione urbanistica che subordina il rilascio del certificato di agibilità all’esecuzione e al positivo collaudo delle opere di urbanizzazione primaria e generale, la mancata realizzazione di tali opere impedisce il conseguimento dell’agibilità, la quale deve essere intesa come la summa del possesso dei requisiti sia igienico-sanitari che urbanistico-edilizi di un edificio.

Il carico urbanistico costituisce un concetto non "statico", ma "relazionale" e il relativo aggravio deve essere valutato in modo dinamico avuto riguardo alle conseguenze dell'attività edilizia sul territorio. Esso consiste nell'effetto incrementale prodotto dall'insediamento primario in termini di domanda di strutture e di opere collettive in relazione al numero delle persone insediate su un determinato territorio, il che si verifica, a titolo esemplificativo, in caso di concreta e sostanziale alterazione dell'originaria consistenza del manufatto in termini di metratura, volumetria e destinazione d'uso tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee (come tra locali accessori e vani ad uso residenziale, il passaggio di destinazione d'uso da agricola a residenziale, ecc.), ovvero anche nel caso di utilizzo dell'opera in conformità alle destinazioni di zona, allorquando il manufatto presenti una consistenza volumetrica tale da determinare comunque un'incidenza negativa concretamente individuabile sul carico urbanistico, sotto il profilo dell'aumentata esigenza di infrastrutture e di opere collettive correlate.