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Sent.C. Cass. 15/06/1999, n. 5960

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1. Professionisti - Lavoro autonomo e lavoro subordinato - Distinzione - Criterio - Nomen iuris del contratto - Rilevanza - Limiti - Comportamento delle parti dopo la stipulazione - Prevalenza - Finalità di tutela anche dei terzi - Fattispecie. 2. Professionisti - Lavoro autonomo e lavoro subordinato - Distinzione - Criterio - Assoggettamento al potere direttivo e disciplinare - Ulteriori elementi - Natura sussidiaria - Fattispecie.
1. Ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato invece che come autonomo, essendo l'iniziale contratto causa di un rapporto che si protrae nel tempo, la volontà ch'esso esprime ed il nomen iuris che utilizza non costituiscono fattori assorbenti, diventando, viceversa, il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto, elemento necessario non solo ai fini della sua interpretazione (ai sensi dell'art. 1362 comma 2 Cod. civ.), ma anche utilizzabile ai fini dell'accertamento d'una nuova diversa volontà eventualmente intervenuta nel corso dell'attuazione del rapporto e diretta a modificare singole sue clausole e talora la stessa natura del rapporto lavorativo inizialmente prevista (da autonoma a subordinata), con la conseguenza che, in caso di contrasto tra i dati formali iniziali di individuazione della natura del rapporto e quelli fattuali emergenti dal suo concreto svolgimento, a questi ultimi deve darsi necessariamente rilievo prevalente e ciò non soltanto nell'ambito di una richiesta di tutela formulata fra le parti del contratto, ma anche ai fini di una richiesta di tutela da parte del terzo che - come un istituto previdenziale, nella specie l'I.N.P.S. che aveva fatto valere una pretesa contributiva - sia parte di un rapporto avente causa dall'attuazione del contratto stesso in quanto di lavoro subordinato. 2. L'elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo, assumendo la funzione di parametro normativo di individuazione della natura subordinata del rapporto stesso, è l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell'organizzazione aziendale mentre altri elementi, quali l'assenza di rischio, la continuità della prestazione, l'osservanza di un orario e la forma della retribuzione assumono natura meramente sussidiaria e non decisiva, in sede di legittimità è censurabile soltanto l'assunzione e l'individuazione da parte del giudice del merito del suddetto parametro, mentre l'accertamento degli elementi, che rivelano l'effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali e sono idonei a ricondurre la prestazione al suo modello, costituisce apprezzamento di fatto, che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile. (Nella specie, la Corte suprema ha confermato la sentenza di merito, reputando che essa avesse seguito un corretto - e, quindi, non sindacabile - percorso logico, laddove, dopo avere assunto come decisivo, al fine della sussistenza della natura subordinata del rapporto, il suddetto parametro normativo della subordinazione, ne aveva desunto la concreta ricorrenza dalle risultanze processuali - congiuntamente valutate - rappresentate dall'obbligo del lavoratore di tenersi sempre a disposizione, dal non poter rifiutare il lavoro commissionatogli, dall'essere detto lavoro essenziale per la realizzazione dell'oggetto e dell'attività dell'impresa, dall'essere il lavoratore l'unico soggetto a disimpegnarlo e dal dover egli rispettare le istruzioni ed i termini indicati del datore di lavoro).

1a. (LAUT.1) Sulla differenza fra lavoro autonomo e lavoro subordinato ved. Cass. 9 giugno 1994 n. 5590R (Sui criteri di distinzione ha rilevanza determinante il vincolo di subordinazione mentre non ne ha la presenza costante e continua del datore di lavoro nei luoghi di svolgimento delle prestazioni); 21 febbraio 1994 n. 1646R; 7 febbraio 1994 n. 1219R (Fattispecie del dirigente di società avente l'incarico di direttore dei lavori e di ingegnere capo per opere pubbliche in regime di concessione).
(Cod. civ. art. 1362, 2° comma)

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