FAST FIND : FL7146

Flash news del
18/07/2022

Contributo di costruzione, conguaglio a distanza di anni dal rilascio del permesso di costruire

Secondo il TAR Puglia, è esclusa la violazione del legittimo affidamento nel caso di errata liquidazione del contributo di costruzione da parte del Comune e successiva richiesta di conguaglio (nel caso di specie a distanza di 9 anni dal rilascio del permesso di costruire e a opere ultimate).

FATTISPECIE - Nel caso di specie il Comune aveva chiesto il pagamento di una somma a titolo di conguaglio rispetto al costo di costruzione, inizialmente determinato senza aver utilizzato i parametri stabiliti dalla legge regionale.
Il ricorrente contestava, tra l’altro, la violazione dell’art. 21-nonies della L. 241/1990 - ritenendo necessario il procedimento per l’annullamento in autotutela dell’atto della P.A. - e dell’affidamento del privato, atteso che:
- per un verso, al momento del ritiro del permesso di costruire non era stato messo in condizione di potersi aspettare in un prossimo futuro di una richiesta di conguaglio;
- per altro verso, il Comune aveva rideterminato l’importo del contributo concessorio a distanza di quasi 9 anni dal rilascio del permesso di costruire, ultimate le opere edilizie e saldati il pagamento degli oneri richiesti.

RICHIESTA DI CONGUAGLIO SULLA BASE DELLE DISPOSIZIONI REGIONALI - In proposito il TAR Puglia-Lecce con la sentenza 17/05/2022, n. 785 ha affermato che la rideterminazione del costo di costruzione, con applicazione diretta e automatica del costo-base vigente determinato dalla Regione, è assimilabile alla correzione dell’errore di calcolo. Ed infatti non sussiste una differenza sostanziale tra il caso in cui la determinazione del contributo di costruzione richiesto sia l’esito di una non corretta operazione aritmetica e quello in cui il Comune abbia applicato una tariffa diversa da quella effettivamente vigente, perché in entrambe le ipotesi l’ente, per una falsa rappresentazione della realtà, ha determinato l’onere in una misura diversa da quella che avrebbe avuto il diritto-dovere di pretendere.
Sulla base di tale principio, pertanto, resta escluso che la determinazione e richiesta del costo di costruzione debbano avvenire “una tantum” al momento del rilascio del permesso di costruire, ben potendo (ed anzi dovendo) intervenire anche successivamente per l’eventuale differenza in favore del bilancio comunale, purché nell’ordinario termine di prescrizione decennale (entro il quale peraltro anche il privato ha - specularmente - titolo alle eventuali rettifiche in riduzione).

Nella fattispecie non si trattava di un’attività di adeguamento/integrazione del costo di costruzione in un momento successivo al rilascio del titolo edilizio in violazione dell’art. 16 del D.P.R. n. 380/2001, ma solo una rettifica della misura del contributo, riportandola a quanto effettivamente dovuto sulla base di già adottate e vigenti disposizioni regionali.

Sul punto il TAR ha precisato che tale rettifica, purché svolta entro il termine di prescrizione decennale, non solo è legittima, ma è, anzi, doverosa per la Pubblica Amministrazione.

GARANZIE PROCEDIMENTALI - Quanto alla dedotta violazione delle garanzie partecipative e delle norme in materia di autotutela, il TAR ha osservato che:
- gli atti con i quali la Pubblica Amministrazione determina e liquida il contributo di costruzione, previsto dall’art. 16 del D.P.R. 380/2001, non hanno natura autoritativa, non essendo espressione di una potestà pubblicistica, ma costituiscono l’esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al Comune per il rilascio del permesso di costruire, stante la sua onerosità, nell’ambito di un rapporto obbligatorio a carattere paritetico e soggetta, in quanto tale, al termine di prescrizione decennale, sicché ad essi non possono applicarsi né la disciplina dell’autotutela dettata dall’art. 21-nonies della L. 241/1990 né, più in generale, le disposizioni previste dalla stessa legge per gli atti provvedimentali manifestazioni di imperio;
- la pubblica amministrazione, nel corso di tale rapporto, può pertanto sempre rideterminare, sia a favore che a sfavore del privato, l’importo di tale contributo, in principio erroneamente liquidato, richiedendone o rimborsandone a questi la differenza nell’ordinario termine di prescrizione decennale (art. 2946 c.c.) decorrente dal rilascio del titolo edilizio, senza incorrere in alcuna decadenza, mentre per parte sua il privato non è tenuto ad impugnare gli atti determinativi del contributo nel termine di decadenza, potendo ricorrere al giudice amministrativo nel medesimo termine di dieci anni, anche con un’azione di mero accertamento (vedi C. Stato, Ad. plen., 30/08/2018, n. 12).

Dalla redazione