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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Deliberaz. G.R. Veneto 05/06/2012, n. 1010
Deliberaz. G.R. Veneto 05/06/2012, n. 1010
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TESTO DEL DOCUMENTOL’esercizio dell’attività economica costituisce da tempo oggetto di attenzione da parte delle autorità pubbliche di vario rango, sia esso comunitario che statale, in quanto sono state introdotte misure consistenti in una sostanziale e progressiva liberalizzazione dell’attività medesima, atta ad assicurare e sostenere lo sviluppo economico quale strumento di contrasto dinanzi al perdurare dei negativi effetti derivanti dalla crisi economica globale. A partire, infatti, dall’emanazione delle disposizioni contenute nella direttiva comunitaria n. 123 del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, (meglio nota come “Direttiva Servizi”) sono state introdotte talune misure finalizzate all’eliminazione degli ostacoli alla libertà di stabilimento e di prestazione di servizi nel territorio comunitario, consentendo nel contempo l’introduzione di limitazioni all’esercizio dell’attività economica finalizzate esclusivamente alla tutela di determinati interessi pubblici di carattere generale, secondo i criteri di non discriminazione, necessità e proporzionalità espressamente enunciati nell’articolo 15 della medesima direttiva. I principi contenuti nella citata direttiva comunitaria, il cui ambito di applicazione ricomprende anche il settore del commercio, sono stati recepiti nell’ordinamento italiano a partire dal decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 come convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 R e, successivamente, con un intervento normativo di carattere generale, approvato con decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59. In particolare, nel decreto legislativo da ultimo citato sono stati, tra l’altro, individuati i motivi imperativi di interesse generale, ovverosia ragioni di pubblico interesse, posti a fondamento dell’introduzione di misure limitative dell’esercizio di un’attività economica, tra cui si annoverano, si cita testualmente: “l'ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l'incolumità pubblica, la sanità pubblica, la sicurezza stradale, la tutela dei lavoratori compresa la protezione sociale dei lavoratori, il mantenimento dell'equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l'equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell'ambiente, incluso l'ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico e artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale”. Ne discende che l’attività di programmazione afferente al settore del commercio, e conseguentemente l’introduzione di limitazioni all’esercizio dell’attività, coinvolgendo, come noto, molteplici profili di valutazione (quali, a titolo esemplificativo, l’urbanistica, la viabilità, l’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, la tutela del consumatore etc.), è da ritenersi ammissibile ai soli fini della tutela degli interessi pubblici dianzi indicati, con esclusione, quindi, di ogni forma di programmazione che abbia ad oggetto valutazioni di carattere strettamente economico. Il processo di liberalizzazione avviato con la normativa comunitaria sopra richiamata ha avuto un’ulteriore espansione a partire dalla seconda metà dello scorso anno, a seguito degli interventi normativi emanati dallo Stato nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi della disposizione di cui all’articolo 117, comma 2, lettere e) e m) della Costituzione. Trattasi in particolare dei seguenti provvedimenti: - decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 recante “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria” come convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, con particolare riferimento alla disposizione di cui all’articolo 35, commi 6 e 7; - decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo” come convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, con particolare riferimento alla disposizione di cui all’articolo 3; - decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici” (cd. decreto Salva Italia) come convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, con particolare riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 31, comma 2 e 34; - decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, come convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, con particolare riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 1, 17, comma 4, lettera a) e 39, comma 1; - decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 recante “Disposizioni urgenti per la semplificazione e lo sviluppo”, come convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, con particolare riferimento alle disposizioni di cui al Capo III, sezione I. In questa sede ci si soffermerà in particolare sugli effetti conseguenti all’introduzione delle disposizioni statali di cui agli articoli 31, comma 2 e 34 del citato decreto Salva Italia, nonché agli articoli 1, 17, comma 4, lettera a) e 39, comma 1 del citato decreto legge n. 1 del 2012 sulla disciplina regionale dei singoli settori afferenti alla materia del commercio. In particolare si evidenzia la portata del citato articolo 31, comma 2 che così recita: “2. Secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.” Per quanto concerne il termine di adeguamento contenuto nella disposizione statale testé indicata, preme evidenziare che la citata legge n. 27 del 2012, con la quale è stato convertito il decreto legge n. 1 del 2012, ha modificato il citato articolo 31, comma 2 del decreto legge n. 201 del 2011, issando al 30 settembre 2012 il termine per l’adeguamento da parte delle Regioni e degli enti locali alle disposizioni di cui al medesimo articolo 31, comma 2. Non minore rilievo assume, altresì, la disposizione di cui all’articolo 34 del citato decreto legge n. 201 che reca specifiche misure di liberalizzazione delle attività economiche e di eliminazione di controlli ex ante. |
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