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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Fiscalizzazione dell’abuso, sanzioni non modificabili dalle Regioni
FISCALIZZAZIONE TITOLO EDILIZIO ANNULLATO SANZIONI - La Corte costituzionale, con sentenza 06/03/2025, n. 22 ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 4, comma 10 della L.P. Bolzano 10/01/2022, n. 1 che, in modifica della L.P. Bolzano 10/07/2018, n. 9, prevedeva, per gli interventi eseguiti in base a titolo abilitativo annullato, la possibilità di variare l'ammontare della sanzione pecuniaria in ragione della gravità degli abusi da 0,8 a 2,5 volte l'importo del costo di costruzione e la riduzione della sanzione nel caso di conformità delle opere al quadro normativo e alle previsioni urbanistiche vigenti al momento dell’irrogazione.
La Corte ha ricordato che la disciplina statale inerente ai titoli abilitativi di cui al T.U. edilizia deve qualificarsi come espressione di norme fondamentali di riforma economico-sociale, in quanto tale condizionante la potestà legislativa primaria delle Regioni a statuto speciale. Tali norme rispondono complessivamente ad un interesse unitario ed esigono, pertanto, un’attuazione su tutto il territorio nazionale. Tale qualificazione - più volte attribuita dalla stessa Corte Costituzionale all'art. 36, D.P.R. 380/2001 che detta il principio della "doppia conformità" - inerisce anche all'art. 38, D.P.R. 380/2001.
TITOLO ANNULLATO E FISCALIZZAZIONE DELL’ABUSO - La norma disciplina il regime sanzionatorio dei cosiddetti “abusi edilizi sopravvenuti”, ossia realizzati in conformità a un titolo edilizio originariamente rilasciato dall’amministrazione (o formatosi ai sensi di legge), ma in seguito annullato, prevedendo in particolare che, qualora non sia possibile procedere alla rimozione dei vizi delle procedure o alla restituzione in pristino, l’amministrazione, in base a motivata valutazione, applichi, in luogo della demolizione, una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite (cosiddetta “fiscalizzazione dell’abuso”).
Questo particolare meccanismo di ripristino della legalità violata, che consente a determinate condizioni di irrogare una sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, risulta ispirato ad una logica di minor rigore anche in considerazione dell’affidamento del privato sulla bontà di un titolo, poi rivelatosi illegittimo e quindi annullato. La peculiarità del trattamento sanzionatorio si giustifica, infatti, prima di tutto in ragione della differenza di animus tra colui che realizza un’opera conforme a un titolo edilizio rivelatosi poi invalido e colui che viola scientemente la disciplina vigente, realizzando fin dall’origine un’opera abusiva.
Attraverso detto meccanismo, il legislatore statale ha quindi individuato un ben preciso punto di equilibrio tra interessi antagonisti, ossia:
- da una parte, quello del costruttore che abbia legittimamente confidato nella regolarità dell’intervento realizzato in conformità al titolo abilitativo ottenuto;
- dall’altra, l’interesse pubblico al corretto sviluppo urbanistico ed edilizio, nonché quello dell’eventuale terzo danneggiato dalla realizzazione dell’opera abusiva.
La composizione degli opposti interessi è realizzata per il tramite di una “compensazione” monetaria di valore pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite (C. Stato Ad. Plen. 07/09/2020, n. 17), il cui pagamento integrale produce ex lege i medesimi effetti sananti del permesso di costruire in sanatoria di cui all’art. 36, D.P.R. 380/2001.
ESCLUSIONE DI DIFFERENZIAZIONI TERRITORIALI - Nell’impianto sanzionatorio del Testo unico, gli artt. 36 e 38, D.P.R. 380/2001 devono dunque essere letti congiuntamente, non solo perché, per volontà del legislatore, il pagamento integrale della sanzione pecuniaria ha la medesima efficacia sanante del permesso in sanatoria, ma soprattutto in quanto espressivi dei medesimi principi.
Entrambe le norme invero, laddove derogano all’ordinaria disciplina di governo del territorio introducendo ipotesi di sanatoria, realizzano un contemperamento di contrapposti interessi incidenti sul territorio, idoneo a garantire la tutela del paesaggio e dell’ambiente, di primaria importanza per la vita sociale ed economica.
Esse presentano perciò una dimensione nazionale che non può subire differenziazioni regionali, meritando di essere qualificate alla stregua di norme fondamentali di riforma economico-sociale in quanto tali idonee a vincolare la potestà legislativa primaria regionale e provinciale.
In tale ottica, la nozione di impossibilità di ripristino e la commisurazione della sanzione al valore venale dell’opera abusivamente eseguita costituiscono criteri fondamentali delineati dall’art. 38, D.P.R. 380/2001.
CONCLUSIONI - In conclusione, la Corte ha affermato che al legislatore provinciale non è dato pertanto introdurre elementi valutativi ulteriori della suddetta impossibilità, né sostituire la misura individuata quale “prezzo” da pagare per mantenere un immobile che andrebbe altrimenti demolito, né, infine, graduare la sanzione in funzione della gravità del danno urbanistico arrecato dalla trasformazione del territorio. Tali conclusioni, espresse con riferimento alla normativa della Provincia autonoma di Bolzano con statuto speciale, sono tanto più applicabili anche alle normative delle Regioni a statuto ordinario.
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