Condono edilizio, limite volumetrico e legittimazione | Bollettino di Legislazione Tecnica
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11/11/2024

Condono edilizio, limite volumetrico e legittimazione

La Corte di Cassazione ribadisce l’inammissibilità di richieste separate di condono edilizio per singole porzioni della medesima costruzione che non sia stata oggetto di suddivisione prima della presentazione delle istanze. Nella pronuncia chiarimenti sulla legittimazione a richiedere la sanatoria.

CONDONO EDILIZIO LIMITE VOLUMETRICO LEGITTIMAZIONE - Nel caso di specie tre sorelle avevano presentato istanze separate di condono per porzioni di un immobile di cui erano, al momento della domanda, possessori di fatto, e di cui erano divenute successivamente legittime proprietarie per eredità alla morte dei genitori. Le porzioni singolarmente considerate non superavano il limite volumetrico di 750 mc richiesto dall’art. 39, L. 724/1994 per ogni singola richiesta di sanatoria.
Le ricorrenti sostenevano la propria legittimazione e il proprio interesse a chiedere la sanatoria speciale, ognuna per la propria porzione di immobile, siccome destinatarie, sin dalla realizzazione dell’unico fabbricato, degli appartamenti in vista dei quali il de cuius aveva provveduto alla costruzione, non avendo rilevanza alcuna la circostanza che vi avessero trasferito la residenza in epoca successiva.

PRESUPPOSTI DEL CONDONO EDILIZIO - Ai sensi dell'art. 39, comma 1 della L. 724/1994 le disposizioni sul condono edilizio della L. 47/1985 si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31/12/1993, e che non abbiano comportato un ampliamento del manufatto superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Le suddette disposizioni trovano, altresì, applicazione alle opere abusive realizzate nello stesso termine relative a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria.

INAMMISSIBILITÀ DEL FRAZIONAMENTO - In proposito la Corte di Cassazione penale, con la sentenza 28/10/2024, n. 39602 ha ricordato che secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, ai fini della individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario che faccia capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle separate unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad una unica concessione in sanatoria, onde evitare la elusione del limite di 750 metri cubi attraverso la considerazione di ciascuna parte in luogo dell'intero complesso.
Solo qualora l’immobile sia stato oggetto di suddivisione e vi siano più soggetti legittimati, è possibile proporre istanze separate (C. Cass. pen. 02/08/2022, n. 30455; C. Cass. pen. 15/03/2021, n. 10017).

LEGITTIMAZIONE A PRESENTARE L'ISTANZA - La Corte ha spiegato che, se è vero che legittimato a chiedere il permesso in sanatoria è il proprietario nonché ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria, tale interesse deve essere giuridicamente qualificato e non di fatto. In sostanza deve sussistere una relazione qualificata con il bene, sia essa di natura reale, o anche solo obbligatoria, purché, in questo caso, con il consenso del proprietario. Il Comune, pertanto, prima di rilasciare il titolo, ha l'onere di verificare la legittimazione del richiedente, accertando che questi sia il proprietario dell'immobile oggetto dell'intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l'attività edificatoria.
Si è così ritenuto legittimato a presentare domanda di condono l’autore dell’abuso, il promissario acquirente dell’immobile in virtù di un contratto preliminare stipulato con il proprietario autore dell’abuso, ma non chi non ha alcuna relazione qualificata con il bene (C. Stato 27/10/2009, n. 6545).
È stato altresì precisato che, in sede di procedimento per rilascio di titolo edilizio in sanatoria, deve formare oggetto di valutazione, da parte del Comune, la sussistenza di tutti i presupposti cui la legge condiziona il suddetto rilascio e, fra essi, anche la circostanza che l'istanza di sanatoria provenga da un soggetto qualificabile come proprietario dell'edificio oggetto degli interventi della cui sanatoria giuridica si tratti e che abbia l'intera proprietà del bene, e non solo una parte o quota di esso (C. Stato 12/03/2020, n. 1766).

CONCLUSIONI - Nel caso di specie, oggetto materiale della condotta (e dell’ordine di demolizione impartito dal Giudice) era un immobile unico, di proprietà dei genitori delle ricorrenti in vita al momento della presentazione delle istanze di permesso di costruire in sanatoria.
Le istanze di rilascio di permesso in sanatoria erano state presentate da persone che non avevano alcun rapporto qualificato con l’immobile, in assenza di un diritto reale o anche solo obbligatorio.
Non veniva in rilievo nemmeno il diritto di uso (art. 1021 cod. civ.) o il diritto di abitazione (art. 1022 cod. civ.) che devono oltretutto essere attribuiti con contratto avente necessariamente forma scritta, richiesta dall’art. 1350 n. 4 cod. civ., né un diritto di locazione, nessuno di questi nemmeno dedotti.
Nessuno degli istanti era proprietario dell’immobile sicché non erano legittimati a presentare nemmeno distinte domande per la sanatoria di distinte porzioni del fabbricato.

In conclusione, la Corte ha ritenuto che:
a) le ricorrenti non erano legittimate alla presentazione delle istanze;
b) si trattava, in ogni caso, di una fraudolenta elusione del limite volumetrico di 750 metri cubi che osta alla sanabilità dell’opera nel suo complesso.

Dalla redazione