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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Difformità e vizi dell’opera, inadempimento dell'appaltatore
Nel caso di specie il committente contestava la sentenza con la quale la Corte d’Appello aveva confermato la condanna al pagamento all’appaltatore del residuo corrispettivo per l’esecuzione di un appalto avente ad oggetto il completamento di un fabbricato. In particolare, lamentava che il giudice non avesse decurtato dal corrispettivo l’importo indicato dal CTU per l’eliminazione dei vizi di esecuzione delle opere. La Corte d’Appello aveva rigettato il gravame in quanto il committente non aveva proposto in giudizio alcuna domanda riconvenzionale per l’applicazione dei rimedi di cui agli artt. 1667 e 1668 c.c. in tema di garanzia per le difformità e i vizi dell’opera.
In proposito C. Cass. civ. 09/03/2023, n. 7041 ha ricordato che secondo costante giurisprudenza le disposizioni speciali di cui agli artt. 1667, 1668, 1669 c.c., attinenti alla particolare disciplina della garanzia per le difformità ed i vizi dell'opera, assoggettata ai ristretti termini decadenziali di cui all'art. 1667 c.c., integrano - senza escluderne l'applicazione - i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni.
Inoltre, operando in materia di appalto il principio generale che governa la condanna all’adempimento in materia di contratto con prestazioni corrispettive, l’appaltatore, che agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto, ha l’onere di provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte, integrando tale adempimento il fatto costitutivo del diritto di credito oggetto della sua pretesa.
Di conseguenza la Corte ha affermato che il committente, convenuto in giudizio, può opporre all’appaltatore le difformità e i vizi dell’opera avvalendosi del principio inadimplenti non est adimplendum, anche quando non abbia proposto in via riconvenzionale la domanda di garanzia o la stessa sia prescritta. La mancanza di tale domanda, dunque, non comporta alcun pregiudizio per la proponibilità della eccezione di inadempimento nei confronti dell'appaltatore.
In applicazione di tali principi, i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso, ritenendo erronea la decisione della Corte d’Appello che, sulla base della mancata proposizione di domanda riconvenzionale da parte del committente, aveva omesso di verificare se l’appaltatore avesse dimostrato di avere correttamente adempiuto alla sua prestazione, onde accertare la fondatezza della sua pretesa e trarre le conseguenze sulla relativa entità.