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19/06/2024

False dichiarazioni nella SCIA, poteri di autotutela della P.A.

Il TAR Emilia Romagna ha fornito chiarimenti sull'ammissibilità della rimozione degli effetti della SCIA oltre il termine stabilito dall'art. 21-nonies della L. 241/1990 per l'annullamento in autotutela.

Nella vicenda in esame i ricorrenti contestavano l’ordine di demolizione e la dichiarazione di inefficacia di una SCIA presentata per una “ristrutturazione ricostruttiva”, che prevedeva la demolizione di due edifici e la costruzione di un edificio, in zona paesaggisticamente tutelata.
Secondo l’amministrazione invece si trattava di un intervento di nuova costruzione; il Comune rappresentava che gli interessati avevano fuorviato gli uffici con una rappresentazione del dato di fatto non corrispondente alla realtà, avendo reso una falsa dichiarazione in ordine alla destinazione urbanistica di uno dei due manufatti oggetto di demolizione. In particolare, nella SCIA era stata dichiarata una destinazione d’uso abitativa, mentre era documentalmente dimostrato che esso era stato condonato come costruzione a uso servizi.
I ricorrenti contestavano la tardività del provvedimento di autotutela adottato dal Comune a oltre due anni di distanza dalla presentazione della SCIA inibita e senza l’esternazione delle ragioni di pubblico interesse che lo avrebbero giustificato.

In proposito il TAR Emilia Romagna 20/05/2024, n. 363,  nel respingere il ricorso, ha spiegato che il termine di 12 mesi previsto dall’art. 21-nonies della L. 241/1990 per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela della pubblica amministrazione può essere superato in due ipotesi, e precisamente:
a) nel caso in cui la falsa attestazione, inerenti i presupposti per il rilascio del provvedimento ampliativo, abbia costituito il frutto di una condotta di falsificazione penalmente rilevante (indipendentemente dal fatto che siano state all’uopo rese dichiarazioni sostitutive): nel qual caso sarà necessario l’accertamento definitivo in sede penale;
b) nel caso in cui l’(acclarata) erroneità dei ridetti presupposti risulti comunque non imputabile (neanche a titolo di colpa concorrente) all’amministrazione ma esclusivamente al dolo (equiparabile, per solito, alla colpa grave e corrispondente, nella specie, alla mala fede oggettiva) della parte: nel qual caso - non essendo parimenti ragionevole pretendere dalla incolpevole Amministrazione il rispetto di una stringente tempistica nella gestione della iniziativa rimotiva - si dovrà esclusivamente far capo al canone di ragionevolezza per apprezzare e gestire la confliggente correlazione tra gli opposti interessi in gioco.

Inoltre, la falsa rappresentazione della realtà da parte del segnalante (nel caso di specie una destinazione d’uso diversa da quella legittimata) comporta altresì che non sia necessario da parte dell’Amministrazione che agisce in autotutela l’esternazione di particolari ragioni di pubblico interesse a giustificazione del provvedimento di secondo grado, posto che in tale ipotesi l’interesse pubblico deve ritenersi sussistente in re ipsa.

Infine, è stato ricordato che, ai sensi di quanto disposto dal comma 6-bis dell’art. 19 della L. 241/1990, fatta salva l'applicazione delle disposizioni di cui sopra, dopo il decorso del suddetto termine dei 12 masi, permangono in capo al Comune i poteri di vigilanza dell’attività edilizio-urbanistica, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal D.P.R. 380/2001 e dalle leggi regionali.

Dalla redazione