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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Immobili in comproprietà, legittimazione alla presentazione della SCIA
FATTISPECIE - Nel caso di specie la ricorrente contestava l’atto inibitorio del Comune per i lavori oggetto di una SCIA presentata senza il consenso delle altre due proprietarie. La ricorrente evidenziava di aver introdotto dinanzi al Tribunale civile, stante l’inerzia degli altri comproprietari, un ricorso per accertamento tecnico preventivo, all’esito del quale il CTU aveva confermato la necessità di provvedere con urgenza ad eseguire le opere necessarie alla conservazione dell’immobile (rifacimento copertura, pluviali, impiantistica). Pertanto riteneva di avere il diritto di eseguire i lavori anche senza il consenso delle comproprietarie, anticipandone il costo, salvo rivalersi successivamente pro quota nei loro confronti ai sensi dell’art. 1110 c.c.
NECESSITÀ DEL CONSENSO DI TUTTI I PROPRIETARI - TAR Lombardia-Brescia 10/06/2024, n. 519, nel respingere il ricorso, ha ribadito che ai sensi del combinato disposto dell’art. 11 comma 1, D.P.R. 380/2001 e art. 20 comma 1, D.P.R. 380/2001, l'autorità comunale, a fronte della richiesta di rilascio di un titolo edilizio, ha il potere e il dovere di accertare, nei confronti del richiedente, il possesso del requisito della legittimazione, ossia di un titolo di proprietà o di godimento sul bene oggetto del progetto di trasformazione urbanistica sottopostole.
In particolare, è principio consolidato che, allorquando il progetto in parola provenga dal comproprietario di un immobile e sia destinato ad incidere sul diritto degli altri comproprietari, detta autorità, in sede di esame della domanda di permesso di costruire, ha il potere-dovere di acquisire il previo assenso di tutti i contitolari dell'immobile.
Pertanto, il soggetto legittimato alla richiesta del titolo abilitativo deve essere colui che ha la totale disponibilità del bene, non essendo sufficiente la proprietà di una sola sua parte o quota. Il singolo comproprietario, quindi, non può essere legittimato, per l'evidente ragione che diversamente opinando il suo contegno autonomo finirebbe per pregiudicare i diritti e gli interessi qualificati dei soggetti con cui condivide la posizione giuridica sul bene oggetto di provvedimento.
Il singolo comproprietario può ritenersi legittimato alla presentazione della domanda solo ed esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul bene consenta di supporre l'esistenza di una sorta di c.d. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari.
In caso contrario, deve ritenersi illegittimo il titolo abilitativo rilasciato in base alla richiesta di un solo comproprietario, dovendo l'Amministrazione verificare la sussistenza, in capo al richiedente stesso, di un titolo idoneo di godimento sull'immobile ed accertare, altresì, la legittimazione soggettiva di quest'ultimo, la quale presuppone il consenso, anche tacito, dell'altro proprietario in regime di comunione.
Tali principi sono predicabili, stante l’identità di ratio, non solo per le domande di rilascio del permesso di costruire di cui all'art. 11, D.P.R. 380/2001, ma anche in caso di presentazione di SCIA e CILA.
Nel caso di specie, il TAR ha rilevato che non soltanto mancava il consenso degli altri comproprietari, ma questi ultimi, nel termine di efficacia della SCIA, avevano manifestato al Comune il proprio espresso dissenso alla realizzazione dei lavori.
ACCERTAMENTO TECNICO PREVENTIVO - La circostanza che i lavori fossero necessari per rimediare allo stato di precarietà e di degrado dell’edificio, così come accertato dal CTU nell’ambito del giudizio per accertamento tecnico preventivo attivato dalla ricorrente, non consentiva a quest’ultima di procedere unilateralmente all’esecuzione dei lavori e alla richiesta del titolo edilizio.
Stante infatti l’espresso dissenso degli altri comproprietari, la ricorrente avrebbe dovuto attivare previamente il rimedio civilistico di cui all’art. 1105 comma 3 c.c., secondo cui “Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore”. Soltanto in caso di esito vittorioso di tale giudizio, la ricorrente, avvalendosi della sentenza favorevole del giudice civile, avrebbe potuto superare il dissenso degli altri comproprietari e richiedere in via unilaterale il rilascio del necessario titolo edilizio.
L’accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 696, d. Leg.vo 104/2010 non si conclude con una sentenza del giudice dichiarativa o costitutiva di diritti, ma con il semplice deposito di una relazione tecnica redatta dal consulente nominato dal giudice, nella quale, a seconda dei casi, si dà atto dello stato dei luoghi, ovvero della condizione o della qualità delle cose oggetto di controversia tra le parti (nel caso di specie, lo stato di precarietà dell’edificio e la necessità di lavori di manutenzione).
Tuttavia, affinché, l’interessato possa richiedere e conseguire in via unilaterale il titolo edilizio per realizzare i lavori ritenuti necessari dal CTU, superando il dissenso manifestato dagli altri comproprietari, è necessario che quella relazione tecnica sia posta alla base di una domanda giudiziale ai sensi dell’art. 1105 c.c. dinanzi al giudice civile, e soltanto in caso di esito vittorioso di questo giudizio, l’interessato, avvalendosi della sentenza del giudice a lui favorevole, avrà titolo per richiedere unilateralmente all’amministrazione il rilascio dei titoli edilizi necessari alla realizzazione dei lavori, prescindendo dal consenso degli altri comproprietari.