FAST FIND : FL8164

Flash news del
13/06/2024

Utilizzo abusivo degli spazi comuni dell’edificio

I condomini sono liberi di posizionare piante o oggetti personali negli spazi comuni? Analisi e risposta a cura dell’Avv. Maurizio Tarantino.

Capita di sovente di imbattersi in questioni che riguardano l’uso, da parte dei singoli condomini, del bene comune. La norma regolatrice, in tale materia, è costituita dall’art. 1102 del Codice civile (dettata in tema di comunione, ma applicabile anche al condominio stante il richiamo dall’art. 1139 del Codice civile), la quale consente al condomino di servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. In alcuni casi, tuttavia, sorgono alcuni interrogativi sui limiti in cui ciascun condomino può servirsi del bene comune senza ledere gli altrui diritti, come, ad esempio la collocazione fioriere o altri beni negli spazi comuni (il pianerottolo, l'androne o il cortile).
Dunque, ai fini della soluzione del quesito, occorre analizzare la questione dal punto di vista normativo e giurisprudenziale.

GLI SPAZI COMUNI DELL’EDIFICIO - Sono parti comuni quelle in rapporto strutturale o funzionale con l’intero edificio condominiale. Ne sono un esempio le parti che formano la struttura dell’edificio, i locali accessori per il servizio generale e tutti gli impianti indispensabili all’uso e godimento comune.
La riforma del Condominio, operata dalla la L. 11/12/2012, n. 220, ha permesso di elencare le parti comuni del condominio all’interno dell’art. 1117 del Codice civile. La disciplina del condominio degli edifici è ravvisabile ogni qual volta sia accertato in fatto un rapporto di accessorietà necessaria che lega alcune parti comuni - quali quelle elencate in via esemplificativa dall’art. 1117 del Codice civile - ad unità o porzioni di proprietà individuale, delle quali le prime rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso.
Pertanto, qualora un condomino rivendichi la proprietà esclusiva su uno spazio comune o sua una parte di esso, al fine di accertarne il titolo occorre non solo prendere in considerazione il proprio titolo d’acquisto dell’immobile in proprietà ma è necessario verificare cosa prevedono l’atto costitutivo ed il regolamento di condominio iniziali.

L’USO DELLE PARTI COMUNI - La nozione di pari uso della cosa comune, di cui all’art. 1102 del Codice civile, sebbene non debba intendersi nel senso di uso identico e contemporaneo, implica pur sempre che la destinazione della cosa resti compatibile con i diritti degli altri partecipanti: l’identità nel tempo e nello spazio di tale uso comporterebbe un sostanziale divieto per ogni partecipante di servirsi del bene a proprio esclusivo o particolare vantaggio, pure laddove non risulti alterato il rapporto di equilibrio tra i condomini nel godimento dell’oggetto della comunione (C. Cass. civ. 14/04/2015, n. 7466).
In particolare, la norma in commento, sull’uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante, non pone alcun limite minimo di tempo e di spazio per l’operatività delle limitazioni del predetto uso; tuttavia, come sottolineato in giurisprudenza, può costituire abuso anche l’occupazione per pochi minuti del cortile comune che impedisca agli altri condomini di partecipare al godimento dello spazio oggetto di comproprietà (C. Cass. civ. 18/03/2019, n. 7618).
Quindi, l’esercizio della facoltà di ogni condomino di servirsi della cosa comune, nei limiti indicati dall’art. 1102 del Codice civile, deve esaurirsi nella sfera giuridica e patrimoniale del diritto di comproprietà sulla cosa stessa e non può essere esteso, soprattutto, per il vantaggio di altre e diverse proprietà esclusive del medesimo condomino perché, in tal caso, si verrebbe ad imporre una servitù sulla "res" comune in favore di beni estranei alla comunione, per la cui costituzione è necessario il consenso di tutti i comproprietari.
Ad esempio, le piante in un edificio condominiale costituiscono sicuramente un elemento di ornamento del fabbricato; tuttavia, il loro posizionamento da parte dei condomini non può essere completamente libero, nel senso che occorre rispettare determinate regole.
Invero, se da una parte è consentito abbellire parti esclusive (il proprio balcone o il terrazzo di proprietà esclusiva) a meno che il regolamento contrattuale non lo impedisca o l’ornamento causi un grave pregiudizio al decoro architettonico dell’edificio, possono sorgere problemi quando si utilizzano spazi comuni (cioè di tutti): non si può occupare una cosa comune fino a renderla inservibile. Si prenda il caso del pianerottolo o dell’androne, trattasi di beni comuni che servono per consentire il passaggio dei condomini, i quali possono così raggiungere le proprie abitazioni. In caso di occupazione, i condomini possono chiederne la rimozione.

UTILIZZO ABUSIVO DEGLI SPAZI COMUNI - In generale si osserva che l’amministratore di condominio è responsabile del decoro e della direzione delle parti comuni del condominio, così come elencate in via esemplificativa dall’art. 1117 del Codice civile e dal regolamento condominiale. L’amministratore di condominio è tenuto a vigilare sulla conduzione dell’edificio e delle parti comuni e, di conseguenza, l’amministratore può contestare l’utilizzo improprio dei beni comuni.
Al riguardo, i giudici hanno sottolineato che costituisce violazione dei limiti fissati dall’art. 1102 del Codice civile, relativo all’uso della cosa comune, la chiusura di una porzione di pianerottolo comune con una parte accessibile ad un solo condomino, poiché la stessa muta il comune possesso della porzione in possesso esclusivo del condomino e comporta un’estensione del suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri condomini (Trib. Roma 10/02/2020, n. 2880).
Pertanto, lo sfruttamento esclusivo del bene da parte del singolo che ne impedisca la simultanea fruizione degli altri, integra un uso illegittimo in quanto il principio di solidarietà cui devono essere informati i rapporti condominiali richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione (C. Cass. civ. 24/06/2008, n. 17208: nella fattispecie la Corte ha escluso la legittimità dell’utilizzazione esclusiva da parte di un condomino di fioriere e tavolini negli spazi comuni).
Inoltre, costituisce un abuso la condotta del condomino consistente nella stabile e pressoché integrale occupazione di un “volume tecnico” dell’edificio condominiale (nella specie, il locale originariamente destinato ad accogliere la caldaia centralizzata), mediante il collocamento in esso di attrezzature e impianti fissi, funzionale al miglior godimento della sua proprietà individuale (C. Cass. civ. 23/06/2017, n. 15705).

SOLUZIONE AL QUESITO
Per stabilire se l’uso più intenso da parte di un comproprietario venga ad alterare il rapporto di equilibrio fra i partecipanti non deve aversi riguardo all’uso concreto di detta cosa da altri in un determinato momento, ma di quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno.
Alla luce delle considerazioni esposte, non è possibile ingombrare le zone condominiali (androni, cortili, pianerottoli, ecc.) se l’occupazione è di intralcio agli altri, i quali sono di fatto impediti a poter godere dell’area come vorrebbero. Pertanto:
- l’uso della cosa comune deve permettere ad ogni altro singolo condomino di servirsene anche per soddisfare le proprie analoghe esigenze;
- non è possibile mettere oggetti personali o vasi con piante sul pianerottolo, androne o cortile condominiale se sono di intralcio agli altri, trattandosi di luogo adibito anche al transito delle persone.
In caso di occupazione illegittima di spazi comuni, tramite l’amministratore, è possibile chiedere la rimozione. In tale contesto, come sottolineato in giurisprudenza, il potere rappresentativo che compete all’amministratore del condominio ex artt. 1130 e 1131 del Codice civile e che, sul piano processuale, si riflette nella facoltà di agire in giudizio per la tutela dei diritti sulle parti comuni dell’edificio, comprende tutte le azioni volte a realizzare tale tutela.
Dunque, una simile azione, essendo diretta al mantenimento dell’integrità materiale dell’area condominiale, rientra nel novero degli atti conservativi di cui al menzionato art. 1130 del Codice civile (Trib. Marsala 09/05/2024, n. 393: in caso di abusiva occupazione di una parte comune l’amministratore può agire per il "ripristino dei luoghi").

 

Dalla redazione