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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Stato legittimo dell’immobile, validità anche nel regime precedente al D.L. 76/2020
FATTISPECIE - Nel caso di specie i ricorrenti (ex proprietari) avevano ceduto nel 2017 un immobile ubicato nel centro storico ad una società, la quale aveva presentato una CILA per la realizzazione di opere di manutenzione straordinaria. In tale occasione il Comune rilavava che lo stato di fatto del fabbricato, puntualmente rappresentato nelle tavole progettuali presentate dalla società, non corrispondeva allo stato legittimo risultante dai titoli edilizi rilasciati nel 1965 e nel 1991. Procedeva quindi a inibire il nuovo intervento edilizio, e successivamente, ingiungeva la “demolizione opere abusive e ripristino dei luoghi”.
Gli ex proprietari contestavano tali provvedimenti, ritenendo che lo stato effettivo dell’immobile fosse stato “recepito” in un piano di recupero del centro storico del 1987 in cui l’immobile era rappresentato nell’attuale consistenza. Ciò avrebbe determinato l’insorgenza di un affidamento circa la legittimità di tale consistenza, da essi garantita nell’atto di vendita dell’immobile.
Per il TAR invece, la scheda del piano di recupero non avrebbe potuto legittimare una situazione di fatto non supportata dai necessari atti autorizzatori.
C. Stato 18/08/2023, n. 7829 ha confermato quanto deciso dal TAR sulla base delle seguenti considerazioni.
STATO LEGITTIMO EX D.L. 76/2020 - In primo luogo, è stato ricordato che l’art. 9-bis, comma 1-bis, del D.P.R. 380/2001, aggiunto dall’art. 10, del D.L. 76/2020, prevede che lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.
REGIME PRECEDENTE - Secondo il Consiglio la previsione, benché entrata in vigore solo nel 2020, in realtà costituisce mera applicazione di norme già da molti anni vigenti nell’ordinamento, in particolare delle norme che hanno introdotto l’obbligo, per i proprietari di terreni, di munirsi di un titolo autorizzatorio per realizzare le costruzioni, sanzionando la violazione di tale obbligo.
Trattasi, in particolare:
- dell’art. 31 della L. 1150/1942 , che per primo ha introdotto l’obbligo della licenza di costruzione per tutti gli edifici da costruirsi all’interno dei centri abitati;
- nonché degli artt. 10 e 6 della L. 765/1967, i quali hanno previsto, rispettivamente, l’estensione dell’obbligo della licenza di costruzione in tutto il territorio comunale - e quindi anche fuori dai centri abitati - nonché la sanzionabilità delle opere eseguite senza licenza di costruzione o in contrasto con essa.
Il sistema così disegnato è stato poi portato ad ulteriore completamento con la L. 10/1977, che ha introdotto anche l’obbligo, del proprietario, di partecipare alle spese di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, nonché con la L. 47/1985, che ha rafforzato il sistema sanzionatorio degli abusi edilizi (vedi Immobili ante 1967, quando è necessario il titolo edilizio).
Il Consiglio ha, dunque, osservato che dal momento in cui l’edificazione dei suoli è stata assoggettata al preventivo rilascio di un atto autorizzatorio, variamente denominato nel corso dei decenni, ed è stato istituito un sistema sanzionatorio che ha punito la realizzazione di opere edilizie in assenza o in difformità dai titoli autorizzativi, è stato implicitamente stabilito che la legittimità - ovvero lo “stato legittimo” - di un immobile è parametrata alle condizioni che ne hanno legittimato la prima costruzione (licenza di costruzione ovvero ubicazione fuori dai centri abitati, fino al 1967), nonché ai titoli edilizi che hanno autorizzato successive modifiche.
Per questa ragione la giurisprudenza formatasi sul contenzioso avente ad oggetto ordinanze di demolizione di immobili esistenti da lungo tempo, solo con riferimento ai fabbricati di cui si prospettava la costruzione fuori dai centri abitati prima del 1967, ha ammesso che la prova della legittimazione potesse essere fornita anche con mezzi diversi dal titolo edilizio, cioè con mezzi di prova idonei a dimostrare la ricorrenza delle indicate condizioni in presenza delle quali non necessitava la licenza di costruzione (tra le recenti, si veda C. Stato 27/01/2022, n. 570). In ogni altro caso il parametro di riferimento è sempre stato individuato solo nei titoli edilizi.
FINALITÀ DELLA NORMA DEL 2020, CODIFICAZIONE DEL PRINCIPIO GIÀ ESISTENTE - L’art. 9-bis, comma 1-bis, del D.P.R. 380/2001 in sostanza non ha fatto altro che codificare il principio per cui lo stato legittimo di un immobile è quello che risulta dai titoli edilizi, potendosene prescindere solo per gli immobili “realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio” nonché per quelli relativamente ai quali “sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia”. La norma è stata introdotta soprattutto allo scopo di fornire all’acquirente di un immobile la certezza della legittimità dell’immobile, potendo ottenere (come desumibile dall’art. 34-bis, comma 3, del D.P.R. 380/2001) una attestazione dello stato legittimo dell’immobile, che comunque non è sostitutiva dei titoli edilizi.
CONCLUSIONI - Ne deriva che lo stato di un immobile attestato in un documento diverso dal titolo edilizio abilitativo non ha mai posseduto efficacia probante, tale da far insorgere un affidamento di buona fede, salvo che per gli immobili per i quali non era necessario il titolo abilitativo e limitatamente alla prima costruzione e alle modificazioni intervenute prima del 1967.
Nel caso di specie il fabbricato di proprietà degli appellanti era situato nel centro storico della città e non risultava che fosse esente dall’obbligo della licenza di costruzione; pertanto alcuna efficacia probante, idonea a far insorgere un affidamento legittimo, poteva essere attribuita al piano di recupero, non ricorrendo le condizioni che consentono di dimostrare lo stato legittimo di un immobile per diversa via.