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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Compravendita di immobile abusivo: condizioni di validità
Con la sentenza 22/03/2019, n. 8230, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione risolvono il contrasto giurisprudenziale in materia affermando, in sostanza, la commerciabilità dell'immobile non conforme al progetto assentito.
NORME OGGETTO DELLA DECISIONE - La Corte è stata chiamata a pronunciarsi sull'interpretazione delle disposizioni in materia che prevedono che gli atti di trasferimento di diritti reali relativi ad edifici o loro parti sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria (in precedenza gli estremi della licenza o concessione) (v. artt. 17 e 40, L. 47/1985; art. 46, D.P.R. 380/2001).
ORIENTAMENTI PRECEDENTI - Posto che in totale assenza del titolo edilizio l’atto di compravendita è nullo, e pertanto l’immobile risulta non commerciabile, erano sorti in giurisprudenza due orientamenti contrastanti sulla validità o meno del contratto di compravendita di immobili non conformi al titolo esistente.
Secondo il primo orientamento la nullità derivante dalle suddette norme avrebbe carattere formale riconducibile al comma 3 dell’art. 1418, Cod. civ., nel senso che, nel caso in cui il titolo edilizio esista e sia stato menzionato, l’atto di compravendita è valido anche se l’immobile non sia in regola con le norme urbanistiche (v. C. Cass. civ. 17/08/1999, n. 8685; C. Cass. 07/12/2005, n. 26970; C. Cass. civ. 19/12/2006, n. 27129; C. Cass. civ. 05/07/2013, n. 16876).
Secondo altro orientamento tale nullità avrebbe viceversa natura sostanziale, nel senso che la compravendita è nulla anche nel caso in cui il titolo esista, ma l’immobile sia stato realizzato con variazioni e non sia in regola con la normativa urbanistica (v. C. Cass. civ. 18/09/2009, n. 20258; C. Cass. civ. 17/10/2013, n. 23591).
CONSIDERAZIONI DELLE SEZIONI UNITE - La Corte ha ritenuto di condividere il primo orientamento (c.d. “formale”), sulla base, tra l’altro, delle seguenti considerazioni:
- le norme che, ponendo limiti all'autonomia privata e divieti alla libera circolazione dei beni, sanciscono la nullità degli atti debbono ritenersi di stretta interpretazione, sicché esse non possono essere applicate, estensivamente o per analogia, ad ipotesi diverse da quelle espressamente previste;
- dal significato letterale delle norme in materia discende, nell'ipotesi di compravendita di edifici o parte di essi, un unico e specifico precetto: che nell'atto si dia conto della dichiarazione dell'alienante contenente gli elementi identificativi dei menzionati titoli, mentre la sanzione di nullità e l'impossibilità della stipula sono direttamente connesse all'assenza di siffatta dichiarazione (o allegazione, per le ipotesi di cui all'art. 40, L. n. 47/1985);
- ai fini della validità del contratto di compravendita non è utile la distinzione tra variazioni essenziali e non essenziali dallo stesso. In altri termini viene circoscritto l’ambito della nullità del contratto, eliminando l’incertezza che può generare la valutazione della rilevanza dell’abuso.
TUTELA DELL’ACQUIRENTE E CONTRASTO ALL’ABUSIVISMO EDILIZIO - La Corte ha infine sottolineato che l’orientamento c.d. “formale” tiene comunque in massima considerazione la necessità di contrasto all’abusivismo edilizio senza tralasciare le esigenze di tutela dell’acquirente. Ed infatti, secondo la Corte:
- per effetto della prescritta informazione, l'acquirente, utilizzando la diligenza dovuta in rebus suis, è, infatti, posto in grado di svolgere le indagini ritenute più opportune per appurare la regolarità urbanistica del bene, e così valutare la convenienza dell'affare, anche, in riferimento ad eventuale mancata rispondenza della costruzione al titolo dichiarato;
- l'interesse superindividuale ad un ordinato assetto di territorio resta salvaguardato dalle sanzioni previste in materia di violazioni edilizie dalle pertinenti norme del D.P.R. 380/2001 e, nel caso degli abusi più gravi, dal provvedimento ripristinatorio della demolizione.
L’orientamento delle Sezioni Unite sopraesposto lascia inoltre invariate le tutele previste dal Codice civile a favore dell’acquirente che abbia acquistato l’immobile nel presupposto che fosse conforme alla disciplina edilizia-urbanistica e che invece risulti tutto o in parte abusivo.
Ne consegue che, in ipotesi di difformità sostanziale tra titolo abilitativo enunciato nell'atto e costruzione, da un lato l'acquirente non sarà esposto all'azione di nullità, con conseguente perdita di proprietà dell'immobile ed onere di provvedere al recupero di quanto pagato, dall’altro lato, ricorrendone i presupposti, potrà soggiacere alle sanzioni previste a tutela dell'interesse generale connesso alle prescrizioni della disciplina urbanistica.
DIFFORMITÀ TOTALE RISPETTO AL TITOLO EDILIZIO - Al riguardo è opportuno segnalare che, seppur la sentenza non faccia alcuna distinzione basata sull’entità della difformità dell’opera abusiva dal progetto assentito, è peraltro da ritenere che i casi di difformità totale debbano essere assimilati ai casi di assenza del titolo edilizio.
- Testo e massime della sentenza C. Cass., Sezioni Unite, 22/03/2019, n. 8230
- APPROFONDIMENTO: Compravendita di immobili e cessioni di cubatura
- Sul tema vedi anche la nota su interventi in assenza o in difformità dal permesso di costruire
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