SCIA in sanatoria, necessità di provvedimento espresso della P.A. | Bollettino di Legislazione Tecnica
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01/03/2023

SCIA in sanatoria, necessità di provvedimento espresso della P.A.

Il Consiglio di Stato ritiene di aderire all’orientamento secondo cui il silenzio della P.A. sulla SCIA in sanatoria configura un’ipotesi di silenzio-inadempimento. Per la conclusione del procedimento è dunque necessario che il Comune si pronunci con un provvedimento (obbligatorio) espresso, in pendenza del quale eventuali misure repressive rimangono temporaneamente inefficaci e non eseguibili.

C. Stato 20/02/2023, n. 1708 si è pronunciato su una SCIA in sanatoria per alcune opere oggetto di un’ordinanza di demolizione e di acquisizione al patrimonio comunale. Nella fattispecie si trattava di stabilire se la SCIA presentata avrebbe potuto inficiare il procedimento di acquisizione.

SCIA IN SANATORIA - Posto che la scelta dell'appellante di presentare una SCIA in sanatoria (e non un'istanza di accertamento di conformità ex art. 36, D.P.R. 380/2001) è stata ritenuta corretta, i giudici hanno ricordato che l’art. 37, comma 4, del D.P.R. 380/2001 contempla la possibilità di presentare una SCIA ad intervento concluso (c.d. SCIA in sanatoria), prevedendo che il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile possano ottenere la sanatoria dell'intervento ove sussista la doppia conformità (l'intervento realizzato deve risultare conforme tanto alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell'intervento, quanto a quella vigente alla presentazione della domanda), con il versamento di una somma il cui valore è stabilito dal responsabile del procedimento (non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro).
Tuttavia, a differenza di quanto previsto per l'accertamento di conformità di cui all'art. 36, D.P.R. 380/2001 per il quale, in caso inerzia a seguito della presentazione della domanda, è la stessa norma che qualifica espressamente l'eventuale silenzio dell'amministrazione come diniego, il citato art. 37, D.P.R. 380/2001 nulla dispone sul punto.
Per approfondimenti sulla tema si veda anche La SCIA in sanatoria e la SCIA tardiva.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI - In assenza di un chiaro dato normativo, la giurisprudenza ha adottato orientamenti non sempre univoci, riepilogati dalla stessa sentenza del Consiglio di Stato 1708/2023.

1) Secondo un primo filone giurisprudenziale, il silenzio sull'istanza di sanatoria di cui agli artt. 36 e 37, comma 4, D.P.R. 380/2001 sarebbe da qualificarsi come silenzio rigetto. Pertanto, anche qualora la procedura dell’accertamento di conformità sia esperita in relazione a un intervento edilizio oggetto di SCIA, opererebbe il meccanismo del silenzio-rigetto previsto dall'art. 36, D.P.R. 380/2001, con il relativo onere di impugnazione, da parte del privato interessato, qualora, a fronte del decorso del termine, non vi sia una pronuncia espressa della P.A. procedente, onde evitare il consolidamento della posizione lesiva a proprio sfavore.

2) Un altro orientamento è nel senso di ritenere che il silenzio della P.A. debba qualificarsi come silenzio-assenso con consolidamento della regolarizzazione tramite il decorso del termine di legge.

3) Infine, secondo un diverso indirizzo, si tratterebbe invece di silenzio-inadempimento in quanto il procedimento può ritenersi favorevolmente concluso per il privato solo allorquando vi sia un provvedimento espresso dell'Amministrazione procedente. In assenza di tale atto espresso, l’opera rimarrebbe in sospeso e l’unico rimedio a tale situazione sarebbe quello di agire per la condanna dell’amministrazione a provvedere.

POSIZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO - Il Consiglio di Stato ha ritenuto di aderire a quest’ultimo orientamento, spiegando che l'art. 37, D.P.R. 380/2001 non prevede esplicitamente un'ipotesi di silenzio significativo, a differenza dell'art. 36 del medesimo D.P.R. 380/2001, ma al contrario stabilisce che il procedimento si chiuda con l'applicazione e relativa quantificazione della sanzione pecuniaria a cura del responsabile del procedimento.
Dalla lettura della norma emerge infatti che la definizione della procedura di sanatoria non può prescindere dall'intervento del responsabile del procedimento competente a determinare, in caso di esito favorevole, il quantum della somma dovuta sulla base della valutazione dell'aumento di valore dell'immobile compiuta dall'Agenzia del territorio.
Tale la soluzione appare più conforme alla ratio della sanatoria di opere abusive già realizzate, che necessita di una valutazione espressa dell’amministrazione sulla sussistenza della doppia conformità, rispetto al regime di opere ancora da realizzare alle quali si attaglia la disciplina ordinaria della SCIA, come metodo di semplificazione del regime abilitativo edilizio.

Ne deriva che il Comune deve pronunciarsi sulla SCIA in sanatoria con un provvedimento espresso, previa verifica dei relativi presupposti di natura urbanistico-edilizia di cui al citato art. 37 D.P.R. 380/2001.

PENDENZA DELL’ISTANZA - Nel caso in esame, dunque, una volta presentata la SCIA in sanatoria, l’appellante non era onerato di alcuna impugnativa e poteva attendere gli esiti e, in particolare, la valutazione dell’Amministrazione sull’esistenza dei presupposti per la sanatoria o, eventualmente, l’esercizio del potere inibitorio o repressivo, in caso di esito negativo. In difetto, si legge nella sentenza, deve applicarsi il principio secondo cui in pendenza di un'istanza volta alla sanatoria di abusi edilizi determina la temporanea inefficacia ed ineseguibilità dell'ordinanza di demolizione, fino all'adozione di un provvedimento, espresso o tacito, sulla predetta istanza.
In pendenza della domanda di sanatoria non può, quindi, essere eseguito l’ordine di demolizione, che resta sospeso, né a maggior ragione può disporsi l’acquisizione dell’opera abusiva; quest’ultima potrà essere disposta solo nell’eventualità del rigetto dell’istanza, senza necessità dell’adozione di una nuova ordinanza di demolizione.

Dalla redazione