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22/03/2022

Realizzazione di un soppalco, disciplina e titolo edilizio

Secondo il Consiglio di Stato la realizzazione di un soppalco rientra nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia qualora comporti la modifica della superficie utile dell’appartamento, con conseguente aggravio del carico urbanistico.

FATTISPECIE - Nel caso di specie la ricorrente contestava l’ordine di demolizione di un soppalco di 30 mq realizzato a mt. 2,10 dal calpestio e mt. 2,00 dal solaio di copertura, con scala in muratura di accesso. Secondo la ricorrente il soppalco era riconducibile al regime giuridico delle “opere interne” per le quali non è necessario il titolo abilitativo.

C. Stato 11/02/2022, n. 1002 ha confermato l’ordine di demolizione sulla base delle seguenti considerazioni.

CARATTERISTICHE DEL SOPPALCO - La disciplina edilizia del soppalco, ovvero dello spazio aggiuntivo che si ricava all'interno di un locale, di solito un’abitazione, interponendovi un solaio, va apprezzata caso per caso, in relazione alle caratteristiche del manufatto. Ed infatti secondo la giurisprudenza è necessario il titolo abilitativo quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell’immobile preesistente, con incremento delle superfici dell’immobile e, in prospettiva, ulteriore carico urbanistico.
Il soppalco rientra invece nell’ambito degli interventi edilizi minori, per i quali il titolo non è richiesto, ove sia tale da non incrementare la superficie dell’immobile. Quest’ultima ipotesi si verifica solo nel caso in cui lo spazio realizzato col soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone.
Inoltre, nella fattispecie, il soppalco non poteva costituire una pertinenza in quanto la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica.

In sostanza, secondo il Consiglio le opere contestate avevano comportato un organismo edilizio nuovo ad uso abitativo, con aumento di superficie e volume utile (come confermato dalla significativa metratura e dalla presenza di un servizio igienico), e necessitavano dunque del titolo edilizio.

TITOLO EDILIZIO - Sul tema si ricorda che a seguito delle modifiche introdotte al Testo unico dell’edilizia ad opera del D. Leg.vo 222/2016, ed ancor prima dal D.L. 133/2014 (convertito dalla L. 164/2014):
- se l’intervento di realizzazione del soppalco si configura come restauro e risanamento conservativo, rientra nel regime della Comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) di cui all’art. 6-bis del D.P.R. 380/2001;
- se viceversa l’intervento si configura come ristrutturazione edilizia, dovrà essere realizzato tramite la presentazione di una Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. c), poiché non comporta di norma modifica della volumetria complessiva o della sagoma dell’edificio.
Quanto sopra ovviamente sul presupposto che la realizzazione del soppalco non si inquadri come parte di un intervento più complesso, ricadente pertanto in un diverso regime edilizio.
Nella vigenza del Testo unico dell’edilizia precedente alle modifiche introdotte dall’art. 17 del D.L. 133/2014 - in applicazione del concetto di ristrutturazione edilizia “pesante” e “leggera” di cui all’art. 3 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. d) e 10, comma 1, lett. c) - il regime edilizio prevedeva la richiesta del permesso di costruire (o SCIA alternativa al permesso di costruire) nel caso di ristruttutazione pesante, e la presentazione della SCIA nel caso  di ristrutturazione leggera.

ORDINE DI DEMOLIZIONE, MOTIVAZIONE - Con riferimento alla eccepita tardività e carente motivazione della sanzione demolitoria da parte dell’amministrazione, i giudici hanno ribadito che:
- l’ordine di demolizione è atto dovuto e vincolato - ai sensi dell’art. 31, D.P.R. 380/2001 - e non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi;
- la mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non può certamente radicare un affidamento di carattere “legittimo” in capo al proprietario dell’abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata;
- se pertanto il decorso del tempo non può incidere sull’ineludibile doverosità degli atti volti a perseguire l’illecito attraverso l’adozione della relativa sanzione, deve conseguentemente essere escluso che l’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo debba essere motivata sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata.

Dalla redazione