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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Permesso di costruire annullato, silenzio della PA sulla fiscalizzazione
ANNULLAMENTO PERMESSO DI COSTRUIRE FISCALIZZAZIONE SILENZIO PA - L’art. 38, D.P.R. 380/2001 disciplina gli effetti sugli interventi edilizi oggetto del permesso di costruire annullato, prevedendo che qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente Ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'Agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale. L'integrale corresponsione della sanzione irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all'art. 36, D.P.R. 380/2001, istituto che comunemente si definisce come “fiscalizzazione dell’abuso”.
FATTISPECIE - Nel caso di specie le società ricorrenti contestavano il diniego di fiscalizzazione e l’ordinanza di demolizione emessi rispetto a un capannone utilizzato come autofficina e realizzato in base a un permesso di costruire annullato per contrasto con la normativa urbanistica applicabile all’area. Successivamente, era stata approvata una variante urbanistica, che modificava le destinazioni ammissibili nella zona, includendo quelle utili all’attività dell’autofficina.
Secondo le appellanti:
- sull’istanza di fiscalizzazione si sarebbe formato il silenzio assenso;
- a seguito della variante urbanistica, il capannone avrebbe potuto essere sanato mediante convalida del titolo che ne aveva consentito la costruzione.
ESCLUSIONE DEL SILENZIO ASSENSO - C. Stato 13/12/2024, n. 10076 ha spiegato che in materia edilizia, l’istituto del silenzio assenso non è regolato direttamente dall’art. 20 della L. 241/1990, ma è soggetto a una disciplina speciale, che ne definisce ambito e condizioni di applicazione. In proposito il D.P.R. 380/2001 disciplina le ipotesi di silenzio-accoglimento, ovvero, come nell’art. 36, D.P.R. 380/2001, di silenzio-rifiuto (“l’inerzia del competente ufficio comunale sull’istanza di accertamento di conformità comporta che questa s’intende rifiutata”).
Ne deriva che, laddove l’inerzia dell’amministrazione non sia qualificata dalla legge, o qualificabile in base a essa, come assenso o diniego taciti, si configura un’ipotesi di silenzio-inadempimento che, come tale, non preclude l’adozione tardiva del provvedimento, non essendosi consumato il potere di provvedere: tale è il caso dell’art. 38 del D.P.R. 380/2001, che non disciplina le conseguenze della mancata risposta dell’amministrazione sull’eventuale istanza del privato.
FISCALIZZAZIONE, CONFORMITÀ URBANISTICA - Per quanto concerne il secondo motivo, il Consiglio ha ricordato che, come chiarito dall’Adunanza plenaria con sentenza 07/09/2020, n. 17, i vizi in presenza dei quali è possibile accedere alla fiscalizzazione, ai sensi dell’art. 38, D.P.R. 380/2001, sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall’amministrazione, risultino di impossibile rimozione, mentre qualora i vizi del titolo a suo tempo rilasciato, che ne hanno provocato l’annullamento in sede giurisdizionale, siano relativi all’insanabile contrasto del provvedimento autorizzativo con le norme di programmazione e regolamentazione urbanistica, si deve escludere l’applicabilità del regime di fiscalizzazione dell’abuso in ragione della non rimovibilità del vizio.
In sostanza il contrasto tra la destinazione dell’immobile e la disciplina urbanistica a esso applicabile di per sé esclude la fiscalizzazione.
Secondo il Consiglio, l’art. 38 cit. consente infatti che si producano, in conseguenza del pagamento di una sanzione pecuniaria, i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all’art. 36, D.P.R. 380/2001 pur in presenza di un bene (formalmente) abusivo, perché comunque il titolo avrebbe dovuto essere rilasciato, stante la sostanziale legittimità dell’opera alla disciplina urbanistica all’epoca vigente e a cui si correla l’affidamento del privato. Di conseguenza non può assumere rilevanza sanante una disciplina urbanistica o edilizia sopravvenuta, non potendo il privato logicamente confidare in una modifica del quadro normativo che renda legittimo ciò che prima non lo era.
Questa conclusione risponde anche all’esigenza di evitare la riproposizione della tesi della “sanatoria giurisprudenziale”, ossia appunto della sanabilità dell’immobile per “conformità sopravvenuta”, che è stata infine disattesa in mancanza di una base legale nonché al fine di contrastare l’abusivismo edilizio, che sarebbe favorito dalla possibilità di regolarizzare opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, e risulta per questo conforme anche al principio di proporzionalità.
Sul punto, precisano i giudici, non conduce a una diversa soluzione il D.L. 69/2024, conv. dalla L. 105/2024 che, come chiarito dalla Corte costituzionale con sentenza 15/07/2024, n. 125, non ha inteso superare il requisito della cosiddetta “doppia conformità”, ma ne ha circoscritto l’ambito di applicazione agli abusi edilizi di maggiore gravità.
Per tali ragioni, la modifica PRG del Comune - a prescindere dall’effettiva conformità del capannone alla nuova disciplina, comunque contestata dalle altre parti - non aveva rilevanza ai fini della concessione della fiscalizzazione, il cui diniego è stato quindi ritenuto immune dai vizi dedotti dalle società ricorrenti.