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23/02/2022

Equo compenso, legittimazione ad agire dell’Ordine professionale

Secondo il TAR Campania, l’amministrazione aggiudicatrice non può introdurre una regola che impedisca sistematicamente ex ante di determinare un corrispettivo professionale di importo pari o superiore all’equo compenso. Nella pronuncia chiarimenti sulla legittimazione ad agire dell’Ordine professionale.

FATTISPECIE - Nel caso di specie l’Ordine professionale degli avvocati chiedeva l’annullamento dell’avviso pubblico per la costituzione di un elenco di professionisti, ritenendolo in contrasto con la normativa sul c.d. equo compenso prevista dalla L. 247/2012 e dal D.M. 55/2014. In particolare, l’avviso prevedeva che il compenso non avrebbe potuto superare il valore calcolato in relazione ai parametri forensi minimi (c.d. minimo di parametro).

LEGITTIMAZIONE AL RICORSO DELL’ORDINE PROFESSIONALE - Il TAR Campania-Napoli 18/02/2022, n. 1114 ha premesso alcune considerazioni sulla legittimazione ad agire degli ordini professionali, anche a ripudio dell’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse articolata dalla resistente.
In proposito ha richiamato i seguenti principi espressi dalla giurisprudenza:
- gli ordini professionali sono legittimati ad agire per la tutela di posizioni soggettive proprie o di interessi unitari della collettività da loro istituzionalmente espressa, nel secondo caso potendo sia reagire alla violazione delle norme poste a tutela della professione, sia perseguire vantaggi, anche strumentali, riferibili alla sfera della categoria nel suo insieme, con il solo limite derivante dal divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non soggette alla disciplina o potestà degli ordini medesimi;
- nel caso di ordini professionali individuati su base territoriale la legittimazione al ricorso va ricondotta all'ambito territoriale nel quale il provvedimento impugnato è destinato a produrre effetti;
- sussiste la legittimazione dell'Ordine professionale ad agire contro procedure di evidenza pubblica ritenute lesive dell'interesse istituzionalizzato della categoria da esso rappresentata anche nell'ipotesi in cui possa configurarsi un conflitto d'interessi fra esso Ordine e singoli professionisti in qualche modo beneficiari dell'atto impugnato.

Applicando i suesposti principi al caso in esame, il TAR ha ritenuto sussistente la legittimazione al ricorso dell’Ordine professionale dal momento che:
- esso agisce per la tutela di un interesse istituzionalizzato della categoria, nonostante in concreto i provvedimenti ritenuti lesivi potrebbero anche risultare “vantaggiosi” per singoli professionisti;
- avuto riguardo all’interesse azionato, che è appunto quello di garantire il diritto all’equo compenso all’intera categoria rappresentata, non può negarsi che sussista la legittimazione ad agire in capo all’Ordine, che di tale interesse è portatore.
Secondo il TAR inoltre tale interesse doveva anche considerarsi concreto ed attuale, atteso che oggetto di contestazione era la clausola del bando con cui veniva fissato ex ante il limite ai compensi concretamente erogabili ai professionisti incaricati e che avrebbe precluso la pattuizione di compensi in misura maggiore rispetto alla soglia fissata nella legge di gara, radicando così un interesse effettivo all’impugnazione della previsione in questione.

EQUO COMPENSO, TUTELA DEL PROFESSIONISTA “DEBOLE” - Venendo al merito della questione, il TAR ha ricordato che l'art. 13-bis, comma 3, L. 247/2012, nell’estendere anche alle pubbliche amministrazioni l’obbligo di applicare (ovvero di tenere comunque conto della) la disciplina dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi da esse conferiti, è finalizzata ad assicurare una speciale protezione al professionista, quale parte debole del rapporto contrattuale, in tutti i casi in cui la pubblica amministrazione, a causa della propria preponderante forza contrattuale, definisca unilateralmente la misura del compenso spettante al professionista e lo imponga a quest’ultimo senza alcun margine di contrattazione; e ciò:
- sia in occasione di affidamenti diretti dell’incarico professionale,
- sia nella determinazione della base d’asta nel contesto di procedure finalizzate all’affidamento dell’incarico professionale secondo le regole dell’evidenza pubblica.
La disposizione non trova invece applicazione ove la clausola contrattuale relativa al compenso per la prestazione professionale sia oggetto di trattativa tra le parti o, nelle fattispecie di formazione della volontà dell’amministrazione secondo i principi dell’evidenza pubblica, ove l’amministrazione non imponga al professionista il compenso per la prestazione dei servizi legali da affidare. E ciò per l’evidente motivo che nel caso in cui il professionista non sia costretto ad accettare il compenso predeterminato unilateralmente dall’amministrazione, ma contratti liberamente il proprio compenso su un piano paritetico con la committente, viene meno quella speciale esigenza di protezione del professionista, quale parte debole del rapporto contrattuale, su cui si fonda la ratio dell’istituto dell’equo compenso.

PARAMETRI PIÙ FLESSIBILI PER LA P.A. - E' stato anche ribadito che nei confronti della pubblica amministrazione il concetto di “equo compenso” non rientra nei rigidi e ristretti parametri di cui al D. Min. Giustizia 10/03/2014, n. 55, ma deve ancorarsi a parametri di maggiore flessibilità, legati:
- da un lato, ad esigenze di contenimento della spesa pubblica e
- dall’altro lato, alla natura ed alla complessità delle attività defensionali da svolgere in concreto (vedi nello stesso senso TAR Lazio Roma 27/08/2021, n. 9404).

CONCLUSIONI - Sulla base di tali considerazioni il TAR ha ritenuto che le clausole dell’avviso pubblico non fossero in linea con tale quadro normativo in quanto restringevano i margini per le trattative individuali ad una fascia tariffaria sempre inferiore a quella ritenuta equa. Deve infatti ritenersi precluso alle amministrazioni l'introduzione di una regola che impedisca sistematicamente a priori il riconoscimento di un corrispettivo da corrispondere ai professionisti incaricati che sia di importo pari o superiore all'equo compenso.
Il TAR ha quindi accolto il ricorso dell’Ordine professionale e annullato l’avviso pubblico contestato, ordinando all’amministrazione di attenersi ai principi sopra illustrati.

Dalla redazione