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23/07/2021

Responsabilità precontrattuale della P.A. nelle procedure di project financing

Riepilogo dei principi della giurisprudenza amministrativa in materia di responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione con riferimento alla procedura di project financing.

Il project financing (o finanza di progetto) è una procedura di affidamento volta alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità formalmente approvati dall’Amministrazione aggiudicatrice e finanziabili in tutto o in parte con capitali privati. L’art. 183 del D. Leg.vo 50/2016 prevede infatti che le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare una concessione ponendo a base di gara il progetto di fattibilità, mediante pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l’utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti.

Con riferimento a tale procedura è sorta la problematica relativa alla definizione delle condizioni e dei limiti della responsabilità precontrattuale in capo alla Pubblica amministrazione per la mancata conclusione del contratto. Il CGAR Sicilia 09/07/2021, n. 678 - pronunciandosi sul rigetto di una proposta di project financing per l’installazione e la manutenzione di sistemi a risparmio energetico per gli impianti di pubblica illuminazione - offre l’occasione per riepilogare i principi in materia espressi dal Consiglio di Stato con la recente sentenza del 11/01/2021, n. 368, utilizzati dal CGARS per risolvere la controversia.

VIOLAZIONE DEI CANONI DI CORRETTEZZA E BUONA FEDE - Nel caso di mancata conclusione del procedimento di project financing, sussiste la responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione che, pur non adottando provvedimenti illegittimi, tenga un comportamento non ispirato al canone di correttezza e buona fede e, perciò, lesivo delle legittime aspettative ingenerate nel contraente privato ovvero della ragionevole convinzione del danneggiato circa il buon esito delle trattative.
Tale responsabilità va, in particolare, riconosciuta quando l'Amministrazione prima pronunci (senza adeguata verifica delle effettive e concrete condizioni di attuabilità) la dichiarazione di pubblico interesse, approvando, senza riserve, il progetto proveniente dal promotore, e, successivamente, ne disponga il (pur legittimo) annullamento in autotutela, laddove si avveda di insuperabili ragioni ostative che avrebbero potuto (e dovuto) essere immediatamente rilevate, ovvero si risolva, comunque, ad una diversa valutazione della praticabilità (o della convenienza) dell'intervento o del ricorso allo strumento della finanza di progetto.

LIBERTÀ DI NON DARE CORSO ALLA GARA - Peraltro, hanno precisato i giudici, la responsabilità dell’Amministrazione non si fonda sulla mera dichiarazione di pubblico interesse dell’idea progettuale elaborata dal promotore, per quanto successivamente sconfessata, in quanto l'Amministrazione, una volta individuato il promotore e ritenuto di pubblico interesse il progetto dallo stesso presentato, non è comunque tenuta a dare corso alla procedura di gara, essendo libera di scegliere, attraverso valutazioni attinenti al merito amministrativo e non sindacabili in sede giurisdizionale, se, per la tutela dell'interesse pubblico, sia più opportuno affidare il progetto per la sua esecuzione ovvero rinviare la sua realizzazione ovvero non procedere affatto.
L’Amministrazione resta dunque libera di non dar corso alla procedura di gara per l’affidamento della relativa concessione, sicché l’eventuale misura di autotutela non determina, in tal caso, alcuna responsabilità precontrattuale né fa sorgere, in caso di revoca, l'obbligo di corrispondere alcun indennizzo a ristoro dei pregiudizi economici asseritamente patiti dal promotore.

ATTIVAZIONE DELLA PROCEDURA DI GARA E AGGIUDICAZIONE - Tuttavia, ciò vale solo fino a quando l’Amministrazione non si risolva, sulla base del progetto assentito, ad attivare la procedura di gara e a concluderla con l’aggiudicazione.
L’aggiudicazione, invero, trasforma, di suo, l’aspettativa di mero fatto, fino a quel punto vantata dal promotore, in aspettativa giuridicamente tutelata alla consequenziale stipula del contratto aggiudicato, il cui rifiuto - quand’anche, in concreto, giustificato dal (postumo e tardivo, ma pur sempre legittimo) accertamento della carenza delle condizioni iniziali della messa a gara - concreta ragione di responsabilità per violazione del canone di correttezza e di lealtà (cfr. art. 1337 Cod. civ. e l’art. 1, comma 2-bis, L. 241/1990).

CONCLUSIONI - Sulla base di tali principi il Consiglio di Stato (con la sentenza 368/2021) ha confermato la sussistenza dei presupposti per l’imputazione della responsabilità precontrattuale in quanto nel caso di specie:
- il Comune aveva approvato la proposta progettuale, dichiarandola di pubblico interesse;
- aveva sollecitato il promotore alla predisposizione del progetto definitivo;
- aveva, quindi, attivato la procedura di gara, che si era conclusa con l’aggiudicazione;
- solo a valle della vicenda aveva preso atto del parere negativo dell’ATS (peraltro formulato sulla base del mero accertamento della inidoneità dell’idea progettuale, per l’assenza delle distanze minime dalla fascia di rispetto cimiteriale, di cui il Comune avrebbe ben potuto, dispiegando una ordinaria diligenza, rendersi conto fin dall’inizio) e aveva annullato l’intera procedura e dell’aggiudicazione definitiva.

Di contro, il CGARS (con la sentenza 678/2021), alla luce dei principi appena richiamati, ha escluso un comportamento violativo del dovere specifico di buona fede e lesivo di legittime aspettative dell’operatore economico ricorrente da parte della P.A. che aveva rigettato la sua proposta di finanza di progetto perché ritenuta non corrispondente all’interesse pubblico.

Dalla redazione