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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Sanatoria edilizia, consistenza dell’abuso e agibilità
Nel caso di specie il ricorrente si opponeva al diniego del Comune in ordine alla domanda di sanatoria relativa all’unità abitativa di sua proprietà. In particolare il ricorrente aveva:
- richiesto un permesso di sanatoria ex art. 36, D.P.R. 380/2001, per alcune difformità per le quali riteneva sussistere la c.d. doppia conformità (vedi Permesso di costruire in sanatoria: requisito della doppia conformità);
- presentato un’istanza ex art. 34, comma 2, D.P.R. 380/2001 per le opere non rientranti nella doppia conformità, ritenendo di non poter demolire senza pregiudizio della restante parte (c.d. fiscalizzazione dell’illecito).
Inoltre adduceva il fatto che il Comune avesse già rilasciato il certificato di agibilità, accertando, a suo avviso, la conformità delle opere al progetto presentato e alle varianti aggiornate.
Il TAR aveva respinto il ricorso ritenendo inapplicabile la fiscalizzazione sul presupposto che si trattasse di variazioni essenziali, escluse dal campo di applicazione del citato art. 34, D.P.R. 380/2001. Inoltre riteneva legittimo il diniego anche con riferimento alle opere astrattamente sanabili, non essendo consentita la considerazione atomistica dei singoli interventi.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza 10/05/2021, n. 3666, ha riformato la sentenza del TAR, accogliendo in parte i motivi di ricorso.
SUPERAMENTO DELLE TOLLERANZE E VARIAZIONI ESSENZIALI - Posto che il diniego del Comune si basava essenzialmente sul fatto che le difformità riscontrate superavano il 2% della volumetria assentita, il Consiglio di Stato ha specificato che il mero superamento del margine di tolleranza del 2% non è sufficiente per integrare gli estremi della variazione essenziale che ai sensi degli artt. 31 e 32, D.P.R. 380/2001 comporta la demolizione (e che ai sensi dell'art. 34, D.P.R. 380/2001 non consente la fiscalizzazione dell’abuso). Sul punto è stato precisato che la norma sulle tolleranze costruttive (ora art. 34-bis, D.P.R. 380/2001 e, in precedenza, comma 2-ter dell'art. 34) intende stabilire non che ogni violazione eccedente il 2% costituisce difformità totale, ma al contrario che le violazioni contenute entro tale limite sono irrilevanti (vedi Tolleranze costruttive: calcolo dell’entità, contestualità e retroattività).
Pertanto, una volta rilevato il superamento del margine di tolleranza, il Comune avrebbe dovuto svolgere una verifica in concreto sulle particolarità delle opere abusive, al fine di evidenziare le ragioni per cui l’intervento avesse comportato una variazione essenziale, meritevole di sanzione ripristinatoria.
ACCERTAMENTO DEL PREGIUDIZIO DELLA PARTE NON ABUSIVA - Inoltre giudici di Palazzo Spada, pur confermando l’indirizzo consolidato secondo cui la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria deve essere valutata dall'Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all'ordine di demolizione, ha evidenziato che nel caso in cui la possibilità di demolire sia posta a base del diniego di sanatoria, è necessario che il Comune svolga un’adeguata istruttoria, motivando, sulla base delle relative risultanze, le ragioni idonee a giustificare la valutazione tecnica all’uopo effettuata.
AGIBILITÀ - È stato invece ritenuto infondato il motivo basato sulla circostanza dell’avvenuto rilascio del certificato di agibilità.
In proposito il Consiglio di Stato ha affermato che dal certificato di agibilità non può desumersi alcuna volontà amministrativa volta a confermare la validità e l’efficacia della concessione edilizia.
I giudici hanno pertanto dato continuità all’indirizzo giurisprudenziale in forza del quale il permesso di costruire ed il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l'immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all'accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche.
Il rilascio del certificato di abitabilità (o di agibilità) non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio, né costituisce rinuncia implicita a esigere il pagamento dell'oblazione per il caso di sanatoria, in quanto il certificato svolge una diversa funzione, ossia garantisce che l'edificio sia idoneo ad essere utilizzato per le destinazioni ammissibili (C. Stato 29/11/2019, n. 8180).
Pertanto, se è corretto ritenere che la richiesta del certificato di agibilità o di abitabilità presupponga la conformità delle opere realizzate al progetto approvato, esistendo inevitabilmente un collegamento funzionale tra i due provvedimenti, non può, tuttavia, ritenersi che l’accertamento amministrativo funzionale al rilascio dello stesso certificato impedisca all’Amministrazione di provvedere alla repressione degli illeciti edilizi.
In altri termini, la divergenza tra le opere realizzate e il titolo edilizio abilitativo non riscontrata in sede di rilascio del certificato di agibilità, anziché determinare un’inammissibile sanatoria di opere abusive, non preclude eventuali interventi repressivi dell’Amministrazione in relazione ad opere abusive sul piano edilizio, suscettibili di formare oggetto della relativa sanzione ripristinatoria.