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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Strutture accessorie, scala esterna e limiti di distanza tra costruzioni
FATTISPECIE - Il TAR Lombardia-Milano 19/02/2021, n. 472 si è pronunciato su una fattispecie in cui il ricorrente contestava il provvedimento del Comune di annullamento degli effetti di due SCIA presentate per una serie di interventi consistenti, tra l’altro, nella sostituzione della copertura con adeguamento delle altezze interne dei locali del primo piano, nonché della realizzazione di una scala esterna (costituita da una struttura in ferro con gradini e pianerottoli in grigliato a maglia larga) di collegamento tra i due piani del fabbricato. Il Comune motivava l’annullamento evidenziando:
- quanto all'intervento sulla copertura, l’erronea qualificazione come risanamento conservativo, trattandosi, invece, di ristrutturazione edilizia “pesante” ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. d);
- quanto alla progettazione della scala, il mancato rispetto delle distanze legali di cui all’art. 9, D.M. 1444/1968.
INNALZAMENTO DELLA COPERTURA - Con riferimento al primo profilo, il TAR ha ribadito che l’intervento consistente nel rifacimento con elevazione della copertura dell’immobile comporta, in conseguenza dell’innalzamento, l’aumento della volumetria complessiva, da intendersi come somma della superficie totale di ciascun piano per la relativa altezza lorda, nonché inevitabili modifiche al prospetto ed alla sagoma dell’edificio. Pertanto rientra nella ristrutturazione edilizia c.d. pesante e come tale soggetta a permesso di costruire o a SCIA alternativa, secondo quanto disposto dall'art. 23, D.P.R. 380/2001, comma 01, lett. a) (con conseguente inadeguatezza della SCIA ordinaria a legittimare gli interventi).
SCALE ESTERNE E LIMITI DI DISTANZA - Per quanto concerne la seconda questione, il TAR ha ritenuto che una scala esterna, anche se scoperta, se ed in quanto presenti i connotati di consistenza e stabilità, rientri nella nozione di costruzioni rilevanti ai fini del calcolo delle distanze legali. In termini più generali, i giudici hanno richiamato la sentenza C. Stato 02/03/2018, n. 1309 (pronunciatosi in un caso di tettoia aperta su tre lati), secondo la quale, ai fini dell'osservanza delle norme sulle distanze legali tra edifici, la nozione di costruzione deve estendersi a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazioni dell'opera.
Ad includere le strutture accessorie siffatte nella nozione di costruzioni rilevanti ai fini del calcolo delle distanze legali induce la stessa ratio sottesa alla normativa inderogabile, volta ad assicurare le necessarie condizioni di salubrità sotto il profilo igienico-sanitario, mediante l'eliminazione di nocive intercapedini. A fronte, perciò, del contenuto pubblicistico e cogente della disciplina, deve ritenersi non tollerabile la presenza di un’opera edilizia destinata ad insistere in maniera permanente su uno spazio territoriale che deve risultare libero da qualsiasi ingombro.
A tal fine non sono ammissibili distinzioni fondate sul mero materiale con cui si realizzano le scale, dovendosi, al contrario, incentrare l’esame sull’idoneità dell’opera, in ragione delle proprie caratteristiche strutturali, a realizzare indebite intercapedini.
Poiché nel caso di specie la scala serviva a collegare stabilmente il piano terra con il primo piano, il TAR ha ritenuto che la stessa fosse dotata sia del requisito dell’elevazione sensibile dal suolo, sia della consistenza che della stabilità, con piena corrispondenza alla definizione di costruzione rilevante al fine del rispetto dell’art. 9 del D.M. 1444/1968.
INAPPLICABILITÀ DELL'ART. 38, D.P.R. 380/2001 - Infine il TAR ha ritenuto che nella fattispecie non vi fosse violazione dell’art. 38, D.P.R. 380/2001 che disciplina le conseguenze dell'annullamento del titolo edilizio in quanto:
- la previsione si limita a richiamare testualmente l’ipotesi della S.C.I.A. alternativa al permesso di costruire di cui all’art. 23, D.P.R. 380/2001, con implicita esclusione della SCIA ordinaria di cui all’art. 22, D.P.R. 380/2001;
- nell’ipotesi in cui l’amministrazione si trovi ad annullare gli effetti di una SCIA impropriamente utilizzata dal privato per legittimare un intervento edilizio, non sono ravvisabili né le esigenze di economicità, che indurrebbero ad evitare una riedizione del potere autorizzatorio (mai esercitato fino a quel momento), né quelle di preservare la sfera del privato dal ravvedimento dell’amministrazione dai propri stessi errori, in quanto si è in presenza di un errore interamente riconducibile al privato stesso.