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25/02/2021

Appalti pubblici: prova delle misure di self cleaning

La Corte di Giustizia UE fornisce chiarimenti in merito alla possibilità per l'operatore economico di provare le misure di self-cleaning nel corso della procedura di gara.

Secondo la Corte UE, in assenza di una specifica disposizione dei documenti di gara, non costituisce obbligo dell’operatore economico fornire di propria iniziativa la prova della sua affidabilità al momento della presentazione dell’offerta. In via generale, quindi, fatti salvi gli obblighi dichiarativi in ordine alla esistenza di gravi illeciti professionali commessi nell'esecuzione di appalti precedenti, l’offerente può provare le misure di self-cleaning in qualunque fase della procedura che preceda l’adozione della decisione di aggiudicazione.

Il principio è stato espresso dalla Corte di Giustizia europea, sentenza 14/01/2021, causa C-387/19, che si è pronunciata nell’ambito di una controversia in cui due società contestavano la loro esclusione dalla gara disposta per gravi illeciti professionali. Le ricorrenti sostenevano che, prima di essere escluse, avrebbero dovuto avere la possibilità di difendersi e di dimostrare di aver posto rimedio alle conseguenze degli illeciti addebitati con idonei provvedimenti di ravvedimento operoso, come previsto all’articolo 57, paragrafo 6, della Direttiva 2014/24/UE, il quale avrebbe effetto diretto.

Tale articolo (vedi nell'ordinamento italiano l'art. 80, D. Leg.vo 50/2016) ha introdotto un meccanismo di misure correttive (self-cleaning) che di fatto consente la partecipazione alla gara del soggetto che, nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione, abbia fornito la prova di aver messo in atto tutte le azioni volte a riaffermare la sua affidabilità (in proposito si veda anche la Nota Appalti pubblici: prova delle misure di self cleaning e partecipazione alla gara).

Poiché la norma europea non precisa in che modo e in quale fase della procedura d’appalto possa essere fornita la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso, secondo la Corte UE, in assenza di una disciplina specifica tale facoltà può essere esercitata sia su iniziativa dell’operatore, sia su iniziativa dell’amministrazione aggiudicatrice, così come può essere esercitata al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta o in una fase successiva della procedura. Ciò che rimane essenziale è la garanzia che l’operatore economico abbia la possibilità di far valere e far esaminare i provvedimenti che, a suo avviso, consentono di rimediare a un motivo di esclusione che lo riguarda.

Tuttavia, nel caso in cui la normativa nazionale preveda che la prova debba essere fornita solo spontaneamente e al momento della presentazione dell’offerta, il principio di parità di trattamento, di trasparenza e di proporzionalità, ma anche il principio del rispetto dei diritti di difesa, richiedono che gli operatori economici siano apertamente informati in via preventiva, in maniera chiara, precisa e univoca, dell’esistenza di un siffatto obbligo, vuoi che tale informazione risulti direttamente dai documenti di gara, vuoi che essa risulti da un rinvio, in tali documenti, alla normativa nazionale pertinente.

Infine la Corte UE ha affermato che l’art. 57, paragrafo 6, della Direttiva 2014/24/UE produce un effetto diretto (cioè a dire che la disposizione può essere fatta valere davanti ai giudici degli Stati membri anche in mancanza di una norma interna di recepimento) in quanto conferisce agli operatori economici un diritto che, da un lato, è formulato in termini non equivoci e, dall’altro, addossa agli Stati membri un’obbligazione di risultato che, sebbene le sue condizioni sostanziali e procedurali di applicazione debbano essere specificate dalle normative nazionali, non dipende dalla trasposizione nel diritto interno per poter essere invocata dall’operatore economico interessato e applicata a vantaggio di quest’ultimo.

Dalla redazione