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18/02/2021

Permesso di costruire in sanatoria e ritardo nel pagamento dell’oblazione

Il Consiglio di Stato fornisce chiarimenti sulle conseguenze del decorso del termine per l’effettuazione del pagamento dell’oblazione sul procedimento di sanatoria edilizia.

Nella complessa fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato era stata presentata un’istanza di rilascio del permesso di costruire in sanatoria, ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, per una parte di fabbricato conforme alle norme urbanistiche e che corrispondeva a tre piani sopra il livello stradale. Per la parte residua, che superava la volumetria massima consentita (i due piani sottostrada e il sottotetto), si chiedeva invece l’applicazione dell’art. 38 del D.P.R. 380/2001, non essendo strumentalmente possibile demolire i due piani seminterrati senza demolire quelli soprastanti.
Secondo il ricorrente, l’inutile decorso dei termini (120 gg. per il Comune e 60 gg. per il richiedente) assegnati per la conclusione dei procedimenti ex art. 36 e 38, D.P.R. 380/2001 e per il pagamento dell'oblazione e della sanzione amministrativa comportava la decadenza delle procedure di sanatoria e il conseguente obbligo del Comune di ordinare la demolizione del fabbricato abusivo.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 25/01/2021, n. 730, ha ritenuto infondata la censura sulla base delle seguenti argomentazioni.

In via generale e secondo la giurisprudenza vigente, nei procedimenti amministrativi, di qualsiasi tipo, un termine assume natura perentoria, determinando quindi una decadenza nel caso del suo superamento, soltanto qualora vi sia una previsione normativa che espressamente gli attribuisca questa natura, ovvero quando ciò possa desumersi dagli effetti, sempre normativamente previsti, che la sua violazione produce. Ove invece manchi un'espressa indicazione circa la natura del termine o gli specifici effetti dell'inerzia, deve aversi riguardo alla funzione che lo stesso in concreto assolve nel procedimento, nonché alla peculiarità dell'interesse pubblico coinvolto, con la conseguenza che, in mancanza di elementi certi per qualificare un termine come perentorio, per evidenti ragioni di favor, esso deve ritenersi ordinatorio.
Del pari, la natura normativa dell’eventuale perentorietà, con la connaturata sanzione di decadenza, impedisce che questa possa discendere ex se da una pronuncia giurisdizionale, salvo che sia la legge stessa ad attribuire tale valore alla decisione assunta in giudizio.

Nel caso in esame, il Consiglio di Stato ha quindi concluso per la natura meramente ordinatoria del termine assegnato per la conclusione delle procedure.

Inoltre il giudici hanno rilevato che in materia edilizia, se è vero che il rilascio del permesso in sanatoria ex art. 36, D.P.R. 380/2001 è subordinato al pagamento dell’oblazione e che gli effetti sananti ex art. 38, D.P.R. 380/2001 si producono con il pagamento della sanzione (art. 38 comma 2); tuttavia, la previsione di un sistema coattivo di riscossione, previsto dall’art. 43 del medesimo D.P.R. 380/2001 in caso di inadempimento, evidenzia come la detta omissione semplicemente legittimi la riscossione coatta, senza determinare la decadenza dalla possibilità di adempiere, evento che andrebbe in contraddizione con la possibile esecuzione forzata sul credito.
Tutto ciò evidenzia come la funzione della disciplina, imponendo al Comune il ricorso alla procedura di riscossione coattiva, non mira ad una immediata decadenza ma tiene in considerazione anche le contrarie esigenze di conservazione del patrimonio edilizio, comunque edificato.

Dalla redazione