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15/01/2021

Ristrutturazione edilizia, nuova costruzione e doppia conformità

Il Consiglio di Stato fornisce interessanti chiarimenti in merito alle differenze tra interventi di ristrutturazione edilizia e nuova costruzione, nonchè sul requisito della doppia conformità necessario per la sanatoria di cui all’art. 36, D.P.R. 380/2001.

FATTISPECIE - Nel caso di specie il ricorrente aveva richiesto il rilascio di un permesso di costruire per completamento e variante per la realizzazione di un soppalco e di un piano interrato. Poiché la richiesta era stata respinta, il ricorrente, dopo aver apportato talune modifiche alla costruzione per rendere inaccessibili sia il piano interrato che il piano soppalcato nell’intento di ricondurre il manufatto nei parametri urbanistici consentiti, chiedeva la sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001. L’Amministrazione respingeva la domanda ritenendo che le modifiche apportate alla costruzione fossero di una rilevanza tale da rendere l’immobile qualificabile come nuova costruzione, non consentita dalla variante generale al PRG. Il TAR riteneva invece:
- che l’intervento fosse qualificabile come di ristrutturazione e non di nuova costruzione e che pertanto non fosse in contrasto con il PRG che ammetteva l’ampliamento delle strutture da considerarsi esistenti;
- suscettibili di sanatoria le opere edilizie, sebbene realizzate "in doppia battuta".

DISTINZIONE TRA NUOVA COSTRUZIONE E RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA - Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 13/01/2021, n. 423, ha precisato che quando un manufatto viene stravolto nelle sue caratteristiche essenziali, così come autorizzate, l’intervento è da qualificare non di “ristrutturazione” bensì di “nuova costruzione”. Con tale locuzione si intende qualsiasi intervento che consista in una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, attuata attraverso opere di rimodellamento della morfologia del terreno, ovvero costruzioni lato sensu intese, che, indipendentemente dai materiali utilizzati e dal grado di amovibilità, presentino un simultaneo carattere di stabilità fisica e di permanenza temporale - dovendosi con ciò intendere qualunque manufatto che sia fisicamente ancorato al suolo (il cui tratto distintivo e qualificante viene, dunque, assunto nell'irreversibilità spazio-temporale dell'intervento) - che possono sostanziarsi o nella costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati o nell’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma stabilita. Pertanto, nella nozione di nuova costruzione possono rientrare anche gli interventi di ristrutturazione qualora, in considerazione dell’entità delle modifiche apportate al volume e alla collocazione dell’immobile, possa parlarsi di una modifica radicale dello stesso, con la conseguenza che l’opera realizzata nel suo complesso sia oggettivamente diversa da quella preesistente.

La ristrutturazione edilizia sussiste solo quando viene modificato un immobile già esistente nel rispetto delle sue caratteristiche fondamentali, mentre laddove esso sia stato totalmente trasformato, con conseguente creazione non solo di un apprezzabile aumento volumetrico (in rapporto al volume complessivo dell'intero fabbricato), ma anche di un disegno sagomale con connotati alquanto diversi da quelli della struttura originaria (allungamento delle falde del tetto, perdita degli originari abbaini, sopraelevazione della cassa scale, etc.), l’intervento rientra nella nozione di nuova costruzione.

RILEVANZA DELL’ENTITÀ DELLE MODIFICHE - Pur consentendo l’art. 10, D.P.R. n. 380/2001, comma 1, lett. c), di qualificare come interventi di ristrutturazione edilizia (assoggettabili a permesso di costruire o SCIA alternativa) anche le attività volte a realizzare un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti modifiche della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti, tuttavia occorre conservare sempre una identificabile linea distintiva tra le nozioni di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, potendo configurarsi la prima solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma siano di portata limitata e comunque riconducibili all’organismo preesistente.

Nella fattispecie, secondo il Consiglio di Stato, l’intervento edilizio realizzato aveva senz’altro determinato una notevole trasformazione dell’assetto edilizio preesistente, tanto che da un volume distribuito su di un unico livello si era pervenuti ad un edificio su tre livelli. Le modifiche apportate al manufatto, finalizzate a rendere inaccessibili parti del fabbricato che per le loro caratteristiche morfologiche si atteggiavano a veri e propri due autonomi livelli (piano interrato e soppalco), non erano idonee a neutralizzare la notevole portata innovativa delle difformità realizzate rispetto al progetto iniziale, nella loro permanente fisicità oltre che verosimile incidenza su sagoma e prospetto.

DOPPIA CONFORMITÀ - Con riferimento al diniego di richiesta di sanatoria infine il Consiglio ha rilevato che l’art. 36, D.P.R. 380/2001 non prevede sanatorie parziali o condizionate di edificazioni strutturalmente unitarie. Pertanto il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l’efficacia dell’accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice tale precetto normativo poiché la previsione di condizioni o prescrizioni smentisce qualsiasi asserzione circa la doppia conformità dell’opera, dimostrando che tale conformità non sussiste se non attraverso l’esecuzione di modifiche ulteriori e postume (rispetto alla stessa presentazione della domanda di accertamento in sanatoria). Alle medesime conclusioni si deve pervenire quando le modifiche allo status quo sono apportate preliminarmente su iniziativa dello stesso richiedente il titolo in sanatoria, tanto più che esse rappresentano un ulteriore stadio costruttivo a sua volta non autorizzato e quindi comunque, anche se dettato da esigenze manutentive, di carattere abusivo.

In considerazione dei suddetti principi, il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza del TAR e confermato il diniego di accertamento di conformità delle opere abusive realizzate con la conseguente ordinanza di demolizione.

Dalla redazione