Annullamento in autotutela del PdC: la P.A. deve tenere conto dell’interesse del privato | Bollettino di Legislazione Tecnica
FAST FIND : FL6149

Flash news del
18/12/2020

Annullamento in autotutela del PdC: la P.A. deve tenere conto dell’interesse del privato

È illegittimo l’annullamento in autotutela del titolo edilizio nel caso in cui l’amministrazione non abbia tenuto conto degli interessi del privato controinteressato.

Nel caso esaminato dal TAR Campania-Napoli 28/10/2020, n. 4903, il ricorrente aveva ottenuto un permesso di costruire per la realizzazione di un complesso produttivo in area agricola e, dopo la fine dei lavori avvenuta circa un anno dopo, chiedeva al Comune il rilascio del titolo per cambio di destinazione d’uso da complesso produttivo a civile abitazione. L’Amministrazione negava questo secondo titolo e disponeva l’annullamento in autotutela del permesso originario, ma il ricorrente impugnava entrambi i provvedimenti della P.A.

Il TAR ha accolto il ricorso richiamando il principio secondo il quale l'annullamento in autotutela di un titolo edilizio non può essere disposto per la sola esigenza di ristabilire la legalità dell'azione amministrativa, ma deve esternare i profili di interesse pubblico concreto e attuale al ripristino dello status quo ante, nonché dare conto della comparazione di tale interesse con i confliggenti interessi privati discendenti da posizioni giuridiche consolidate.

Ciò in quanto, anche i provvedimenti di annullamento in autotutela di precedenti titoli edilizi sono attratti all'alveo normativo dell'art. 21-nonies della L. 241/1990 che, per effetto delle riforme introdotte dal legislatore (da ultimo, la L. 124/2015), ha riconfigurato il relativo potere attribuendo all'Amministrazione un coefficiente di discrezionalità che si esprime attraverso la valutazione dell'interesse pubblico in comparazione con l'affidamento del destinatario dell'atto.

In sostanza, trattandosi di un potere particolarmente incisivo sulla sfera privata, lo stesso è sottoposto a specifici limiti e pertanto può essere esercitato:
a) solo qualora ricorrano ragioni di interesse pubblico ulteriori alla mera illegittimità dell’atto;
b) entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici;
c) tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati (v. C. Stato 14/03/2014, n. 1302).

In applicazione di tali principi i giudici hanno ritenuto che nel caso di specie la motivazione del provvedimento di autotutela fosse invece incentrata esclusivamente sui vizi di legittimità dell’atto di primo grado (tra glia altri la destinazione agricola dell’intervento edilizio, la violazione della distanza minima dalle strade comunali, l’erroneo computo della volumetria disponibile, l’illegittimo accorpamento di fondi non contigui), mentre il richiamo alle prevalenti esigenze di ripristino dei luoghi risultava invece meramente astratto senza che fosse stata comparata in concreto la posizione di vantaggio riconosciuta con il titolo edilizio. Posizione che peraltro si era nel frattempo anche consolidata, sia in ragione del periodo di tempo di poco inferiore a quello ritenuto dal legislatore sufficiente a precludere il potere di annullamento d’ufficio (18 mesi), sia in ragione dello stato di realizzazione delle opere, che erano già state completate.

Sulla base di tali considerazioni il TAR ha accolto:
- sia la domanda di annullamento del provvedimento di autotutela riferito al permesso di costruire originario, confermando la persistente efficacia dello stesso in forza del quale la parte ricorrente aveva realizzato il complesso produttivo;
- sia l’impugnazione del diniego del cambio di destinazione, ordinando all’amministrazione di rideterminarsi in relazione all’istanza, sul presupposto però dell’efficacia del permesso di costruire e della legittimità edilizia e urbanistica delle opere realizzate sulla base di tale titolo edilizio.

Dalla redazione