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15/01/2020

L’omessa denuncia delle opere strutturali e in zona sismica non è sanabile a posteriori

Secondo la Corte di Cassazione la mancata denuncia delle opere strutturali e in zona sismica non può essere sanata con il deposito “postumo” della documentazione relativa alle opere realizzate.

Nella fattispecie il ricorrente era stato condannato per i reati di cui all’art. 44, D.P.R. 380/2001 (comma 1, lett. b), e agli artt. 71, 72 e 95 del medesimo D.P.R. 380/2001, per aver realizzato opere in totale difformità dalla concessione edilizia e senza osservare le disposizioni previste dalla disciplina sulle costruzioni in cemento armato ed in zona sismica, avendo presentato la relativa documentazione solo successivamente alla ultimazione delle opere. In particolare il ricorrente riteneva che si trattasse di difformità parziale (e non totale) dal titolo edilizio e che il deposito dei documenti, anche se tardivo, comportasse la sanatoria delle violazioni e l'estinzione dei reati a lui ascritti.

Al riguardo la Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza 23/12/2019, n. 51652, ha ribadito il principio secondo il quale l'effetto estintivo della sanatoria edilizia di cui all’art. 36, D.P.R. 380/2001 è limitato dall'art. 45, D.P.R. 380/2001 alle sole contravvenzioni urbanistiche e non può essere esteso alle contravvenzioni antisismiche, né ai reati per la violazione della disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica. Ed infatti, ha precisato la Corte, non esiste alcuna disposizione che preveda l'estinzione di detti reati nel caso di tardivo adempimento degli obblighi omessi (nel caso di specie il deposito "in sanatoria" della comunicazione richiesta dall'art. 93, D.P.R. 380/2001 e degli elaborati progettuali), o, più in generale, di "sanatoria" amministrativa delle violazioni.

Con riferimento alla qualificazione del reato urbanistico, la Corte ha poi chiarito che ai sensi dell'art. 31, D.P.R. 380/2001 (comma 1, prima parte), la totale difformità ricorre quando gli interventi comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche planovolumetriche da quello oggetto del permesso di costruire. Nel caso oggetto della decisione i giudici hanno ritenuto che il significativo aumento di volume rispetto al progetto (pari quasi al doppio di quello consentito) e la variazione della sagoma sia perimetrale che in altezza integrasse gli estremi dell'aliud pro alio che rende corretta la qualificazione giuridica in termini di totale difformità ed impedisce invece di ritenere la mera parziale difformità.

Dalla redazione