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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Equo compenso: obbligo del rispetto da parte della P.A. e accertamento dell’equità
FATTISPECIE
Nel caso di specie si trattava di una procedura per l’acquisizione di candidature ai fini della nomina dell’Organo di controllo (Sindaco Unico) di una società in house. L’Ordine professionale dei Commercialisti chiedeva l’annullamento dell’avviso - e di tutti gli atti conseguenti - con il quale la Provincia aveva stabilito un compenso annuo da corrispondere al professionista nominato pari a 2000 euro, in quanto molto al di sotto dei parametri minimi delle competenze professionali di riferimento, in violazione della disciplina sull’equo compenso (art. 13-bis, della L. 247/2012 e art. 19-quaterdecies del D.L. 16/10/2017 n. 148, convertito dalla L. 172/2017).
NORMATIVA SULL’EQUO COMPENSO
L’art. 13-bis della L. 31/12/2012, n. 247 (introdotto dall’art. 19-quaterdecies del D.L. 16/10/2017 n. 148, convertito dalla L. 172/2017) disciplina il compenso spettante agli avvocati iscritti all’albo, nei rapporti professionali in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie imprese.
Tale disciplina è stata estesa dal comma 2 del predetto art. 19-quaterdecies a tutti i professionisti e, in base al comma 3 del medesimo articolo, si applica anche alla Pubblica Amministrazione.
Per l’individuazione dei parametri di riferimento per stabilire l’equo compenso sono utilizzati i decreti ministeriali adottati ai sensi dell’art. 9 del D.L. 24/01/2012, n. 1, convertito dalla L. 27/2012, che ha abrogato il sistema delle tariffe professionali. Nella fattispecie il Decreto di riferimento era costituito dal D.M. 20/07/2012, n. 140 che reca anche le disposizioni e i parametri per la determinazione dei compensi dei professionisti tecnici.
Al proposito il TAR Marche 09/12/2019, n. 761, nell’affrontare la questione, ha interpretato tali normative e richiamato gli orientamenti giurisprudenziali intervenuti sul tema e, sulla base del quadro delineato, ha tratto i principi che seguono.
OBBLIGO DEL RISPETTO DEL PRINCIPIO DELL’EQUO COMPENSO DA PARTE DELLA P.A.
Le Pubbliche Amministrazioni, nell’affidamento dei servizi di opera professionale sono tenute a corrispondere un compenso congruo ed equo, ovvero proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione.
I condivisibili principi espressi dal TAR porterebbero al superamento di quanto ritenuto dal Consiglio di Stato nella sentenza 03/10/2017, n. 4614.
PARAMETRI PER LA LIQUIDAZIONE E ACCERTAMENTO DELL’EQUITÀ
Al fine di accertare l’equità del compenso, occorre far riferimento ai parametri stabiliti dai singoli decreti ministeriali per ciascuna categoria di professionisti. Tali parametri non possono essere considerati alla stregua di minimi tariffari inderogabili (pena la surrettizia introduzione di tariffe obbligatorie fisse o minime per le attività professionali e intellettuali, ormai abolite), ma costituiscono un criterio orientativo per la determinazione del compenso. In altri termini, non è esclusa, in via di principio, la possibilità che le parti pattuiscano liberamente il compenso anche in deroga ai parametri di liquidazione indicati nei citati decreti ministeriali.
Tuttavia, quando il cliente è un contraente forte come la Pubblica Amministrazione, la pattuizione del compenso professionale incontra il limite del rispetto del principio dell’equo compenso come sopra definito, che seppure armonizzato con le esigenze di riequilibrio finanziario, non può recedere rispetto ad esse (vedi Ord. TAR. Campania Napoli 25/10/2018, n. 1541).
Sulla base di tali considerazioni il TAR ha ritenuto illegittima la clausola dell'avviso pubblico che determinava il compenso annuo di 2000 euro da corrispondere al professionista, in quanto tale corrispettivo risultava molto inferiore ai parametri di liquidazione previsti dal D.M. 140/2012.
LEGITTIMAZIONE AD AGIRE DEGLI ORDINI PROFESSIONALI
Inoltre, in linea con l’orientamento espresso dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 03/06/2011, n. 10, il TAR ha affermato la legittimazione al ricorso degli Ordini professionali, dal momento che:
- essi agiscono per la tutela di un interesse istituzionalizzato della categoria, nonostante in concreto i provvedimenti ritenuti lesivi possano risultare “vantaggiosi” per singoli professionisti;
- la legittimazione degli Ordini non viene meno in ragione dell’ambito territoriale nel quale gli atti gravati sono destinati a produrre effetti;
- l’interesse di garantire il diritto all’equo compenso all’intera categoria rappresentata determina la legittimazione ad agire anche in capo agli Ordini professionali, che di tale interesse sono portatori.
- Testo del D.L. 148/2019 in tema di equo compenso
- Testo e massime della sentenza del TAR Marche 09/12/2019, n. 761
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