Reati edilizi: illiceità degli interventi su opere abusive e abuso d’ufficio | Bollettino di Legislazione Tecnica
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05/09/2019

Reati edilizi: illiceità degli interventi su opere abusive e abuso d’ufficio

In tema di edilizia, la Corte di Cassazione ha richiamato importanti principi relativi all'illegittimità dei lavori da eseguirsi su manufatti abusivi, nonché sugli elementi costitutivi del reato di abuso d’ufficio.

Nel caso di specie la Corte d'appello di Catanzaro aveva respinto gli appelli proposti dai ricorrenti, confermando la sentenza con cui i medesimi erano stati condannati per il reato di cui all'art. 481 del Codice penale e agli artt. 323 e 480 del Codice penale.

1. In particolare, l'affermazione di responsabilità del progettista, esercente servizio di pubblica utilità, riguardava la falsità ideologica di un'asseverazione allegata ad una d.i.a. (ora s.c.i.a.), circa l'utilizzabilità della stessa per realizzare opere, dichiarate conformi allo strumento urbanistico ed al regolamento edilizio e qualificate come manutenzione straordinaria o risanamento conservativo, consistenti nella realizzazione di un tetto di copertura a falde inclinate su un preesistente immobile abusivamente costruito.
La sentenza impugnata aveva affermato che su quell'immobile abusivo e non sanato non potesse svolgersi alcun intervento, donde la falsità ideologica dell'asseverazione di conformità effettuata dal progettista.

La Suprema Corte, con la Cass. pen. 30/08/2019, n. 36686, ha ritenuto tale conclusione giuridicamente corretta e fondata su un orientamento consolidato nella giurisprudenza: in tema di edilizia, il regime di denuncia di inizio attività (DIA), anche in relazione a tipologia di interventi sottoposti a tale disciplina dal D.L. 133/2014, non è applicabile a lavori da eseguirsi su manufatti originariamente abusivi che non risultino oggetto di condono edilizio o di sanatoria, atteso che gli interventi ulteriori su immobili abusivi ripetono le caratteristiche di illegittimità dall'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente.

2. L'affermazione di responsabilità del sindaco del comune, si fondava invece sull'avere adottato, in carenza di potere, un atto atipico denominato "autorizzazione edilizia", per consentire sull'immobile la realizzazione di un manto di copertura non fruibile, attestandone falsamente la conformità al regolamento edilizio ed alla normativa vigente e così intenzionalmente procurando alla richiedente un ingiusto vantaggio patrimoniale.
In proposito, non era contestato il profilo (smaccato) di illegittimità della condotta ravvisato nella sentenza impugnata; vale a dire l'aver emesso quale sindaco, in carenza di potere, un provvedimento abilitativo non rientrante in alcuna delle categorie di atti amministrativi tipizzati dall'ordinamento, per consentire interventi di natura edilizia.

La Corte di Cassazione ha ritenuto pertanto del pari inammissibile il ricorso proposto dal sindaco, poiché:
- il delitto di abuso d'ufficio, del quale il sindaco è stato ritenuto responsabile, è integrato dalla doppia e autonoma ingiustizia, sia della condotta - che deve essere connotata da violazione di norme di legge o di regolamento - che dell'evento di vantaggio patrimoniale, che deve risultare non spettante in base al diritto oggettivo
- la sussistenza dell’elemento soggettivo era stata invece correttamente ricavata sulla base della macroscopica illegittimità della condotta.
 

Dalla redazione