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03/06/2019

Inconferibilità incarichi per reati contro la P.A. in caso di delitto tentato

Una importante Delibera dell'ANAC, superando precedenti orientamenti, ha chiarito che l'inconferibilità degli incarichi per reati contro la pubblica amministrazione si applica anche nelle fattispecie di delitto tentato.

Nota a cura di Rosalisa Lancia
Direzione Area Formazione e Consulenza Legislazione Tecnica

Con la Delib. ANAC 29/05/2019, n. 447, è stato chiarito che l’inconferibilità di cui all’art. 3 del D. Leg.vo 39/2013 - applicabile nel caso di condanna, anche non passata in giudicato, per uno dei reati previsti dal capo I del titolo II del libro II, artt. 314-335-bis del Codice penale - esiste anche nel caso di delitto tentato.
L'ANAC ha ritenuto inoltre che pari canone interpretativo debba applicarsi anche all’ipotesi di inconferibilità di cui all’art. 35-bis del D. Leg.vo 165/2001.
Con il documento in oggetto deve intendersi superato l’orientamento n. 68 del 09/09/2014.

L’Autorità, in considerazione delle segnalazioni e richieste di parere pervenute circa l’applicazione della causa di inconferibilità di cui all’art. 3 del D. Leg.vo 39/2013, si è espressa definitivamente in merito alle ipotesi di condanna per delitto tentato, e ha supportato tale orientamento facendo leva:
a) sulla ratio sottesa alla disciplina delle inconferibilità contenuta nel D. Leg.vo 39/2013 (tutelare la funzione amministrativa rispetto a condotte infedeli del funzionario pubblico, anche per tutelare l’immagine dell’amministrazione pubblica; evitare che l’esercizio della funzione amministrativa avvenga per mano di soggetti che abbiano dimostrato la propria inidoneità alla spendita di poteri pubblici in conformità ai principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione);
b) sulla circostanza che il generale riferimento del testo della norma alla condanna per uno dei reati previsti dal capo I del titolo II del libro II, artt. 314-335-bis del Codice penale, pur in assenza della specificazione in ordine a fattispecie consumata piuttosto che a quella tentata, deve essere considerato comprensivo di entrambe le fattispecie di reato;
c) sulla circostanza che il delitto tentato, pur nascendo dall’incontro delle singole fattispecie di parte speciale con il disposto di cui all’art. 56 del Codice penale, è a tutti gli effetti un delitto “perfetto” e non una sotto-fattispecie del delitto consumato, essendo in esso presenti tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, di qualsivoglia ipotesi di reato;
d) sulla circostanza che se non si applicasse la previsione di cui all’art. 3 del D. Leg.vo 39/2013 anche alle fattispecie di delitto tentato si verificherebbe una irrazionale contraddizione sistematica all’interno dell’ordinamento e un vuoto di tutela dell’imparzialità dell’azione della pubblica amministrazione;
e) sulla sussistenza di un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa in una materia analoga (e cioè quella della sospensione dal servizio dei dipendenti pubblici condannati, anche con sentenza non definitiva, per uno dei delitti previsti dall’art. 3 della L. 97/2001, comma 1, secondo cui fra i delitti elencati nella disposizione normativa rientrano, senza che sia necessaria un’indicazione specifica, sia le fattispecie consumate che quelle tentate, (C. Stato 09/04/2014, n. 1522; C. Stato 06/11/2007, n. 5811; TAR Lombardia, BS, 23/07/2007, n. 1306).

Dalla redazione