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04/03/2019

L'omessa rimozione di un manufatto precario integra il reato di abuso edilizio

La Corte di Cassazione ha affermato che la mancata rimozione, alla scadenza del termine previsto nell'autorizzazione, di un manufatto di cui era stata consentita l’installazione per soddisfare esigenze stagionali, determina la configurabilità del reato di abuso edilizio.

Nel caso di specie, si trattava di accertare la configurabilità a carico dell'indagata dei reati di cui alle seguenti disposizioni:
- art. 44, comma 1, del D.P.R. 380/2001, per avere omesso di rimuovere, alla scadenza della concessione per l'occupazione di suolo pubblico, una struttura adiacente al proprio ristorante, costituita da una struttura metallica, con pavimento in legno e copertura e pareti in tela plastificata, della larghezza di 7 metri e uguale lunghezza, e altezza variabile da 2,70 metri a 4,10 metri, ancorata al suolo;
- art. 181 del D. Leg.vo 22/01/2004, n. 42, per aver realizzato detta struttura in assenza di autorizzazione paesaggistica;
- artt. 633 e 639-bis del R.D. 19/10/1930, n. 1398 (Codice penale), per aver indebitamente occupato il suolo pubblico, omettendo di rimuovere la medesima struttura alla scadenza della concessione;
- artt. 93, 94 e 95, del D.P.R. 380/2001.

In proposito, il pubblico ministero aveva sottolineato la presenza da oltre un anno del manufatto realizzato dall'indagata sul suolo pubblico, come tale richiedente il permesso di costruire e l'autorizzazione paesaggistica per il suo mantenimento. Risultava irrilevante infatti, alla luce della stabilità di tale occupazione, la astratta amovibilità della struttura. Tali caratteristiche dell'opera determinerebbero, per le medesime ragioni, anche la configurabilità delle violazioni alla disciplina antisismica.

La Sent. C. Cass. pen. 08/01/2019, n. 400:
- ha preliminarmente ricordato che al fine di ritenere sottratta al preventivo rilascio del permesso di costruire la realizzazione di un manufatto, l'asserita precarietà dello stesso non può essere desunta dalla sua natura stagionale, dalle sue caratteristiche costruttive o dalla mancanza di stabile ancoraggio al suolo, ma deve ricollegarsi alla circostanza che l'opera sia intrinsecamente destinata a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee, e ad essere immediatamente rimossa al venir meno di tale funzione, non risultando al riguardo sufficienti la sua astratta rimovibilità o il mancato ancoraggio al suolo.
- ha dunque ritenuto che la mancata rimozione, alla scadenza del termine previsto nell'autorizzazione, di un manufatto di cui era stata consentita l’installazione per soddisfare esigenze stagionali, e cioè il mantenimento dell’opera una volta cessate le esigenze contingenti e temporanee che era destinata a soddisfare, determina la configurabilità del reato di cui alla lett. b), dell'art. 44, comma 1, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, essendo venuta meno la ragione della sua realizzazione in assenza di titolo abilitativo;
- ha infine affermato che l’occupazione della porzione di suolo pubblico, sulla quale era stata autorizzata l'installazione della struttura adiacente al ristorante dell'indagata, è divenuta arbitraria dalla scadenza del termine previsto nella concessione, posto che da tale momento l'occupazione dell'area, mediante il mantenimento dell'opera non rimossa alla scadenza, è divenuta del tutto priva di titolo autorizzatorio, dunque arbitraria, cosicché da tale momento era senz'altro configurabile il reato di cui all'art. 633 del R.D. 19/10/1930, n. 1398 (Codice penale).
 

Dalla redazione