Revoca dell’ordine di demolizione, chiarimenti della Cassazione | Bollettino di Legislazione Tecnica
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26/03/2025

Revoca dell’ordine di demolizione, chiarimenti della Cassazione

La Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti in ordine all'interesse pubblico alla conservazione dell'immobile ai fini della revoca dell’ordine di demolizione. Nella pronuncia, la Suprema Corte ha ribadito la distinzione tra certificato di collaudo e certificato di idoneità statica.

REVOCA DELL’ORDINE DI DEMOLIZIONE - Nel caso di specie la Corte d’appello aveva revocato l’ordine di demolizione di un edificio totalmente abusivo e privo dell’agibilità. Tale decisione veniva contestata dal Procuratore generale della Corte di appello perché l'ordinanza di revoca non conteneva alcuna valutazione in ordine alla verifica della sussistenza di un interesse pubblico alla conservazione del bene superiore all'interesse al ripristino della legalità violata. Inoltre, trattandosi di immobile realizzato in totale assenza di un progetto statico, andava precedentemente valutata l'esistenza delle condizioni per procedere a collaudo statico.

VALUTAZIONE DELL’INTERESSE PUBBLICO ALLA CONSERVAZIONE - Ai sensi del comma 5 dell’art. 31, D.P.R. 380/2001, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione, l’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti.
In proposito C. Cass. pen. 17/03/2025, n. 10429 ha ricordato che secondo la giurisprudenza, l'ordine di demolizione delle opere abusive è sottratto alla regola del giudicato, sicché ne è sempre possibile la revoca (in presenza di atti amministrativi incompatibili con la sua esecuzione) ovvero la sospensione (quando sia ragionevolmente prospettabile che, nell'arco di tempi brevissimi, la P.A. adotterà un provvedimento incompatibile con la demolizione), ferma restando - tuttavia - la natura “eccezionaledella delibera comunale che dichiari l'esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell'assetto urbanistico violato (C. Cass. pen. 15/06/2017, n. 30170).
Tale eccezionalità impone che tale delibera comunale non possa fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma debba dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto, precisamente individuato, non potendo sopperire all'esigenza di una specifica determinazione meri richiami a disposizioni normative, ad altri provvedimenti o a valutazioni di ordine economico, inerenti al costo delle spese di demolizione, in quanto la natura eccezionale della deliberazione richiede che il mantenimento dell'opera abusiva sia giustificato dalla “sussistenza di esigenze specifiche, individuate sulla base di dati obiettivi riferiti al singolo caso all'esito di adeguata istruttoria” (C. Cass. pen. 11/03/2013, n. 11419).

POTERI DEL GIUDICE - Pertanto, a fronte di una delibera comunale che dichiari la sussistenza di prevalenti interessi pubblici ostativi all'esecuzione dell'ordine giurisdizionale di demolizione, il sindacato del giudice dell'esecuzione sull'atto amministrativo, concernendo il carattere attuale e non meramente eventuale di detto interesse, può avere ad oggetto l'esistenza di approfondimenti tecnico-amministrativi inerenti l'immobile che siano indice del fondamento e della specificità della decisione dell'organo comunale, in linea con il necessario coordinamento tra funzioni dell'organo comunale collegiale e valutazioni tecnico amministrative (C. Cass. pen. 05/03/2021, n. 9098).
Rientra pertanto pacificamente nei poteri del giudice ordinario, anche in funzione di giudice dell'esecuzione, accertare la sussistenza e la necessità di eventuali approfondimenti istruttori prodromici all'emanazione della delibera comunale.

CERTIFICATO DI COLLAUDO E CERTIFICATO DI IDONEITÀ STATICA - Sul punto i giudici hanno richiamato un precedente C. Cass. civ. 12/03/2024, n. 10235 secondo cui, salvo che la legge altrimenti disponga, una certificazione/dichiarazione di idoneità statica non equivale al certificato di collaudo, e formalmente non ne costituisce equipollente, essendo quest'ultimo il prodotto di una serie di obblighi e regole normativamente ben determinati, relative alla qualificazione dei tecnici e della loro anzianità professionale, dei costruttori, dei materiali, della tipologia degli esami e delle ispezioni, ecc. (in proposito si veda anche la Nota: Utilizzo dell’immobile prima del collaudo e certificato di idoneità statica).
Inoltre l’art. 24, D.P.R. 380/2001, comma 5, lett. c) espressamente prevede la certificazione di agibilità per gli interventi di nuova costruzione (che ha sostituito il certificato di agibilità) sia accompagnata dal certificato di collaudo statico, ai sensi dell'art. 67, D.P.R. 380/2001 (ovvero, per i solo interventi di cui al comma 8-bis del medesimo articolo, ossia gli interventi di riparazione e per gli interventi locali sulle costruzioni esistenti, dalla “dichiarazione di regolare esecuzione” resa dal direttore dei lavori) e non dalla dichiarazione di idoneità statica. Nella procedura di segnalazione certificata di agibilità quindi si prevede solo la richiesta di collaudo statico, senza nessuna alternativa. Nel caso di specie, dunque, l’immobile risultava anche sprovvisto dell’agibilità.

Sulla base di tali considerazioni, la Suprema Corte ha annullato l’ordinanza di revoca con rinvio per un nuovo esame alla Corte di Appello.

Dalla redazione