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14/12/2018

Distanze delle costruzioni dai corsi d'acqua e acquisizione gratuita al patrimonio comunale

Con la sentenza 29/11/2018, n. 1141, il T.A.R. Lombardia-Brescia fornisce chiarimenti in merito al divieto di costruire in prossimità di corsi d’acqua e alla motivazione dell’ordine di demolizione e del trasferimento al patrimonio comunale dell'opera abusiva.

Nel caso di specie il T.A.R. si è pronunciato su un ricorso per l’annullamento dell’ingiunzione alla demolizione di opere abusive consistenti in un porticato adiacente ad autorimessa e di un ricovero per cani, entrambi ricadenti in una zona di rispetto, in quanto posti a distanza inferiore a quattro metri dalla riva di un torrente e che il ricorrente qualificava come opere pertinenziali.

Al proposito i giudici hanno escluso la natura pertinenziale di tali manufatti richiamando i consolidati orientamenti giurisprudenziali secondo i quali:
- la pertinenza è configurabile quando vi è un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra cosa accessoria e quella principale, cioè un nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso pertinenziale durevole, oltre che una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa cui esso inerisce (Consiglio di Stato, sez. IV, 2 febbraio 2012 n. 615);
- a differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma è anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta un cosiddetto carico urbanistico (Consiglio di Stato, sez. V, 31 dicembre 2008 n. 6756).

Chiarito che le suddette opere necessitavano di titolo edilizio, il T.A.R. ha poi osservato che le stesse ricadevano nella zona di rispetto di un torrente ed ha espresso al riguardo le seguenti considerazioni:
- in linea generale il divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi d'acqua, previsto dall’art. 96 del R.D. 25/07/1904 n. 523, lett. f), ha carattere legale, assoluto e inderogabile e risponde all’evidente finalità di scongiurare l’occupazione edificatoria degli spazi prossimi al reticolo idrico, sia a tutela del regolare scorrimento delle acque, sia in funzione preventiva rispetto ai rischi per le persone e le cose che potrebbero derivare da esondazioni;
- deve pertanto ritenersi che la natura degli interessi pubblici tutelati comporta che il vincolo operi con un effetto conformativo particolarmente ampio, determinando l'inedificabilità assoluta della fascia di rispetto.
Conseguentemente, anche a prescindere da ogni considerazione in ordine alla realizzazione dei manufatti senza previa acquisizione di titolo edificatorio, in ogni caso l’operatività del vincolo di inedificabilità assoluta escludeva l’assentibilità delle opere in questione.

Infine, con riferimento alla pure disposta - in caso di inottemperanza all’ordine ripristinatorio - acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area circostante le opere abusive (v. art. 31, comma 3, D.P.R. n. 380/2001) che il ricorrente riteneva sovradimensionata, il T.A.R. ha affermato che l’Amministrazione procedente è tenuta ad indicare puntualmente, nell’atto di acquisizione, la classificazione urbanistica ed il relativo regime per l’area oggetto dell’abuso edilizio e ad esplicitare le modalità del calcolo (in relazione ai richiamati parametri urbanistici in astratto applicabili per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusivamente realizzate) con cui l’ufficio tecnico dell’ente locale è pervenuto alla individuazione di tale area ulteriore.

In applicazione di tale principio, è stato accolto il ricorso contro il provvedimento impugnato nella parte in cui aveva disposto l'acquisizione gratuita dell'ulteriore area di proprietà dei ricorrenti, senza specificare le modalità seguite per determinare l’effettiva estensione dell’area acquisibile oltre quella di sedime.

Dalla redazione