Sent. C. Cass. 10/01/2006, n. 145 | Bollettino di Legislazione Tecnica
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Sent. C. Cass. 10/01/2006, n. 145

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1. Edilizia ed urbanistica - Distanze - Distanze tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti - Normativa ex D.M. 68/1444 - Inderogabilità. 2. Edilizia ed urbanistica - Distanze - Muro di contenimento di scarpata o di terrapieno naturale - Non è costruzione - Parte del muro che si innalza oltre il piano del fondo sovrastante - Costruzione - Configurabilità.
1. Ai sensi dell’art. 9, c. 1, n. 2 D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 - che in applicazione dell’art. 41 quinquies della cd. legge urbanistica (come modificato dall’art. 17 legge ponte), detta i limiti di densità, di altezza, distanza tra i fabbricati - negli edifici ricadenti in zone territoriali diverse dalla zona A è prescritta in tutti i casi, con disposizione tassativa ed inderogabile, la distanza minima assoluta di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Tale prescrizione, stante la sua assolutezza ed inderogabilità, risultante da fonte normativa statuale, sovraordinata rispetto agli strumenti urbanistici locali, comporta che, nel caso di esistenza, sul confine tra due fondi, di un fabbricato avente il muro perimetrale finestrato, il proprietario dell’area confinante che voglia, a sua volta, realizzare una costruzione sul suo terreno deve mantenere il proprio edificio ad almeno dieci metri dal muro altrui, con esclusione, nel caso considerato, di possibilità di esercizio della facoltà di costruire in aderenza (esercitabile soltanto nell’ipotesi di inesistenza sul confine di finestre altrui) e senza alcuna deroga, neppure per il caso in cui la nuova costruzione realizzata nel mancato rispetto di essa sia destinata ad essere mantenuta ad una quota inferiore a quella delle finestre antistanti e a distanza dalla soglia di queste conforme alle previsioni dell’art. 907, c. 3, Cod. civ. e così pure dal confine. 2. In tema di distanze legali, il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non può considerarsi «costruzione» agli effetti della disciplina di cui all’art. 873 Cod. civ. per la parte che adempie alla sua specifica funzione, e, quindi, dalle fondamenta al livello del fondo superiore, qualunque sia l’altezza della parete naturale o della scarpata o del terrapieno cui aderisce, impedendone lo smottamento; la parte del muro che si innalza oltre il piano del fondo sovrastante, invece, in quanto priva della sua funzione di conservazione dello stato dei luoghi, è soggetta alla disciplina giuridica propria delle sue oggettive caratteristiche di costruzione in senso tecnico giuridico, ed alla medesima disciplina devono ritenersi soggetti, perchè costruzioni nel senso sopra specificato, il terrapieno ed il relativo muro di contenimento elevati ad opera dell’uomo per creare un dislivello artificiale o per accentuare il naturale dislivello esistente.

Conf. Cass. 26 luglio 2002 n. 11013 R Sulla distanza tra pareti finestrate e pareti di edificio antistante ved. C. Stato II 10 novembre 2004 n. 3523 R (Interpretazione dell’art. 9 D.M. 1968 n. 1444) Conf. Cass. 21 maggio 1997 n. 4541 R; 21 maggio 1997 n. 4511.R
(D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, art. 9, c. 1, n. 2)R (Cod. civ. art. 873)

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