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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Pannelli fotovoltaici in edilizia libera, chiarimenti del Consiglio di Stato
PANNELLI FOTOVOLTAICI DEROGA TESTO UNICO EDILIZIA - Nel caso di specie il ricorrente contestava l’ordine di demolizione, tra altre opere, di un porticato costituito da travi e pilastri metallici e copertura fissa su cui erano posizionati dei pannelli fotovoltaici. Il ricorrente invocava l’art. 7-bis, comma 5, D. Leg.vo 28/2011, come sostituito dall'art. 9 del D.L. 17/2022, che qualifica le installazioni, con qualunque modalità, di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici (con le specifiche ivi indicate) quali interventi di manutenzione ordinaria non subordinati all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati.
In particolare, riteneva che l’inciso “con qualunque modalità” contenuto nella norma consentirebbe di prescindere dall’ottenimento del permesso di costruire anche quando detto innesto produca una modifica della sagoma dell’edificio ed un aumento di volumetria. A suo avviso la norma avrebbe introdotto una facoltà illimitata di deroga alle norme del Testo unico edilizia per l'installazione degli impianti fotovoltaici.
Inoltre evidenziava che per la realizzazione del porticato era stato utilizzato un materiale “leggero”, diverso da quelli normalmente utilizzati in edilizia per costruire fabbricati.
In proposito C. Stato 09/10/2024, n. 8113 ha affermato che la realizzazione di un portico che abbia quale effetto - e risultato - primario quello di ampliare la superficie ed il volume dei locali esistenti non rientra nell'attività edilizia libera e necessita di permesso di costruire, mentre nel caso di specie la funzione di sostegno dei pannelli fotovoltaici rappresentava soltanto un effetto indiretto ed accessorio.
Il Consiglio ha spiegato che la disciplina di cui all’art. 7-bis, D. Leg.vo 28/2011 mira a consentire la semplificazione dell’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili su edifici già esistenti e non può essere inteso nel senso di ammettere la realizzazione di qualunque intervento di nuova edificazione alla sola condizione che la stessa ospiti - inter alia - un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili.
La disciplina semplificatoria prevista da tale disposizione è ammessa solo:
- allorquando l’interessato dimostri di non avere possibilità alternative, cioè tecnicamente equivalenti, di installazione in altri luoghi, e comunque
- a condizione che da quest’ultima egli non ottenga indebiti incrementi di volumetrie e superfici utilizzabili per altri scopi che non siano strettamente connessi ad esigenze tecniche perché, in quest’ultimo caso, è evidente che l’intervento comunque richiede la necessità del titolo edilizio maggiore, ossia il permesso di costruire.
Nella fattispecie la parte appellante non aveva fornito alcuna prova atta a dimostrare la mancanza di alternative per la localizzazione dell’impianto, quali ad esempio la possibilità di sfruttare il tetto della struttura preesistente o anche spazi adiacenti alla stessa, dove altrimenti allocarlo. La realizzazione del portico, oltre a creare nuovi volumi, anche se rimasto aperto su di un lato, aveva anche modificato la sagoma del fabbricato, configurando un intervento di “nuova costruzione”, necessitante, come tale, del permesso di costruire.
Infine, l’utilizzo, per la realizzazione del suddetto portico di un materiale leggero non giustificava una diversa qualificazione dell’intervento. Non era infatti il materiale utilizzato ad indurre a qualificare il manufatto quale nuova opera, ma la nuova volumetria che, tramite esso, era stata realizzata, ampliando superficie e spazi utilizzabili, oltre a mutare la sagoma dell’edificio. Ossia tutti indici caratterizzanti la nuova costruzione, con conseguente necessità del permesso di costruire.