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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Infiltrazioni provenienti dall’intercapedine del condominio
A cura di Maurizio Tarantino
LA VICENDA
Rimessione in pristino dello stato dell’immobile
Tizio e Caio sono proprietari di un box in condominio. Secondo gli attori, il locale in esame era afflitto da anni da infiltrazioni causate da un carter metallico posto lungo l’intercapedine di proprietà del condominio.
Per le ragioni esposte, gli attori convenivano in giudizio il condominio stesso, per ivi sentirlo condannare alla rimozione delle cause delle infiltrazioni, alla rimessione in pristino dello stato dell’immobile ed al risarcimento del danno conseguente al mancato utilizzo del box.
IL RAGIONAMENTO DEL GIUDICE
La proprietà dell’intercapedine
In ordine alla contestata proprietà dell’intercapedine, secondo il Tribunale, questa apparteneva al condominio.
Difatti, l’intercapedine esistente tra il piano di posa delle fondazioni di un edificio condominiale - che costituisce il suolo di esso - e la prima soletta del piano interrato, se non risulta diversamente dai titoli di acquisto delle singole proprietà, ed anzi in quelli del piano terreno e seminterrato non è neppure menzionata tra i confini, si considera comune, in quanto destinata alla aerazione o coibentazione del fabbricato (Cass. civ. 25 settembre 2018, n. 22720).
Responsabilità da custodia del Condominio
Secondo il Tribunale romano, il condominio è proprietario e, dunque, custode dell’intercapedine su cui la soletta insiste ed è, come tale, responsabile dei danni cagionati dal bene di sua proprietà ivi compreso ciò che vi insiste, ai sensi dell’art. 2051 del Codice civile. Difatti, la disposizione in esame, configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva in relazione alle situazioni immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della res in custodia.
In particolare, l’art. 2051 del Codice civile, nell’affermare la responsabilità del custode della cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa, essendo sufficiente l’accertamento del rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso e dell’assenza del caso fortuito, quale unico elemento idoneo ad elidere tale rapporto causale.
La condanna del condominio all’eliminazione delle infiltrazioni
Per le regioni esposte, il Tribunale di Roma ha ordinato al condominio di procedere alla esecuzione degli interventi finalizzati alla eliminazione della causa delle infiltrazioni ed al ripristino dello stato dei luoghi, consistenti nella demolizione della soletta nonché nella rimozione e nella ricostruzione della porzione di parete mancante tra l’estremità della stessa e il soffitto, secondo quanto analiticamente indicato nel computo metrico estimativo allegato alla perizia del tecnico.
La condanna del condominio al risarcimento del danno emergente
Il giudicante, inoltre, ha ulteriormente riconosciuto il danno emergente in quanto, nella fattispecie, non rilevava la circostanza, prospettata dal condominio, che solo nel settembre del 2018 quest’ultimo era stato reso edotto dei fenomeni infiltrativi e che, dunque, da tale data doveva essere liquidata tale voce di danno. Quindi, come deciso dal Tribunale, il pregiudizio subìto deve ritenersi perdurante dal giugno 2018 al gennaio 2023, data della decisione per 56 mensilità.
CONCLUSIONI SUI DANNI ARRECATI DALL’INTERCAPEDINE CONDOMINIALE E PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
In argomento, giova ricordare che l’intercapedine creata dal costruttore tra il muro di contenimento del terreno che circonda i piani interrati o seminterrati dell’edificio ed il muro che delimita questi piani deve considerarsi comune ai proprietari delle unità immobiliari dell’intero edificio quando sia in concreto accertato che è destinata a fare circolare l’aria e ad evitare umidità ed infiltrazioni d’acqua sia a vantaggio dei piani interrati o seminterrati sia a vantaggio delle fondamenta e dei pilastri, che sono parti necessarie per l’esistenza di tutto il fabbricato (Cass. civ. 31 ottobre 2014, n. 23304; Cass. civ. 10 maggio 1996, n. 4391).
In particolare, in materia condominiale, l’art. 1117 del Codice civile stabilisce una presunzione di comproprietà sulla porzione di terreno sulla quale poggia l’intero edificio: in tale nozione rientrano la superficie e tutta l’area sottostante sulla quale poggia il pavimento del pianterreno, e non solo l’area sulla quale sono infisse le fondazioni dello stabile. Ciò in applicazione del consolidato principio della giurisprudenza in forza del quale si ritiene che l’intercapedine esistente tra il piano di posa delle fondazioni di un edificio condominiale, che costituisce il suolo di esso, e la prima soletta del piano interrato, se non risulta diversamente dai titoli di acquisto delle singole proprietà, ed anzi in quelli del piano terreno e seminterrato non è neppure menzionata tra i confini, è comune, in quanto destinata alla aerazione o coibentazione del fabbricato (Trib. Taranto 31 ottobre 2019, n. 2715).
Quindi, in caso di infiltrazioni, il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all’art. 2051 del Codice civile, dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini.
Pertanto, sussiste la responsabilità del condominio ex art. 2051 del Codice civile allorché venga accertato che la causa delle infiltrazioni, che avevano danneggiato il box dell’attore - condomino, è da individuare nella mancata manutenzione dei beni comuni (Trib. Torino 23 settembre 2020, n. 3247).