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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Responsabilità professionale del progettista per violazione della normativa in materia edilizia
FATTISPECIE
Con atto di citazione il proprietario di un immobile urbano, conveniva in giudizio il proprietario del lotto confinante, deducendo la violazione delle distanze tra pareti finestrate, violazione delle distanze dal confine e violazione delle altezze e volumetrie.
Il proprietario del lotto confinante chiedeva il rigetto della domanda e chiamava in manleva i progettisti, sostenendo che, ove fosse stata accertata la violazione delle disposizioni in materia urbanistica ed edilizia, era configurabile la responsabilità del progettista al quale il ricorrente si era affidato ed i cui elaborati aveva scrupolosamente seguito.
Il Tribunale di Ancona, in parziale accoglimento della domanda attorea, condannava il convenuto al pagamento in favore dell’attore di 40.000 euro a titolo di risarcimento dei danni ed accoglieva la domanda di manleva nei confronti di un progettista, nella misura del 20% del danno liquidato.
La Corte d'appello condannava il proprietario dell’immobile al risarcimento del danno per avere realizzato un edificio di altezza superiore a quella consentita dalle norme urbanistiche, con conseguente diminuzione di luce ed aria e riduzione di valore dell'immobile preesistente. La Corte territoriale riteneva però infondata la domanda di manleva nei riguardi dei progettisti.
Con riferimento alla domanda di manleva nei confronti dei progettisti, la Corte di Cassazione ha invece rilevato che, sulla base degli accertamenti svolti nella consulenza tecnica d'ufficio e come desumibile dalle concessioni rilasciate dal Comune, non risulta che il committente si sia discostato dal progetto. Pertanto la violazione della normativa in materia edilizia ed urbanistica discende dalla errata predisposizione del progetto ed è imputabile ai progettisti a titolo di responsabilità professionale.
PRINCIPI ENUNCIATI
La Sent. C. Cass. civ. 11/03/2019, n. 6917 ha pertanto cassato parzialmente la sentenza d’appello sulla base dei seguenti principi:
- se dall'edificazione di una costruzione in violazione delle norme sulle distanze legali sia derivato l'obbligo del committente della riduzione in pristino, sussiste il diritto di rivalsa del committente nei confronti del progettista e del direttore dei lavori, qualora l'irregolare ubicazione della costruzione sia conforme al progetto, in quanto il fatto illecito, consistente nella realizzazione di un edificio in violazione delle distanze legali rispetto al fondo del vicino, è legato da un nesso causale con il comportamento del professionista che ha predisposto il progetto e diretto i lavori;
- esclusa la difformità dell'opera realizzata rispetto alla progettazione, deve ritenersi che la violazione della normativa in materia edilizia, settore altamente tecnico e specialistico, sia imputabile ai progettisti a titolo di responsabilità professionale, secondo il criterio della specifica diligenza in concreto esigibile ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c., non risultando la necessità di risoluzione di problemi tecnici di “speciale difficoltà” ex art. 2236 c.c.
In materia di distanze nelle costruzioni, la Suprema Corte ha inoltre richiamato l'indirizzo giurisprudenziale in base al quale, qualora subentri una disposizione derogatoria favorevole al costruttore, si consolida - salvi gli effetti di un eventuale giudicato sull'illegittimità della costruzione - il diritto di quest'ultimo a mantenere l'opera alla distanza inferiore e lo “ius superveniens” più favorevole per il costruttore rende legittimo l'edificio sorto in violazione della normativa in vigore al momento della sua ultimazione.