2.1. La pubblicazione dei compensi e delle spese di viaggio e di missione (art. 14, co. 1, lett. c)
Ad avviso dell’Autorità, come visto sopra, le indicazioni date dalla Corte costituzionale riguardano tutti i dirigenti che prestano servizio presso le pubbliche amministrazioni pubbliche ed enti per i quali l’Autorità ha dato indicazioni nella delibera n. 241/2017 (par. 1 – “Amministrazioni ed enti destinatari delle Linee guida”). Si tratta delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, co. 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi comprese le autorità portuali, le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione nonché gli ordini professionali, sia nazionali che territoriali.
Quanto ai dirigenti, le affermazioni fatte dalla Corte sono impostate secondo una definizione molto ampia di incarico dirigenziale riferita “ai soggetti responsabili ad ogni livello del buon andamento della p.a.”. La pronuncia, cioè, riguarda direttamente tutti i dirigenti pubblici indipendentemente dalla tipologia di amministrazione presso cui prestano servizio. Dunque, la lett. c) dell’articolo sopra richiamato, come già previsto dalla delibera n. 241/2017, di cui si conferma la piena operatività, trova applicazione ai titolari di incarichi dirigenziali (statali e non), a qualsiasi titolo conferiti, anche senza procedure pubbliche di selezione. L’obbligo è da intendersi riferito ai dirigenti con incarichi amministrativi di vertice, ai dirigenti interni e a quelli “esterni” all’amministrazione, compresi i titolari di incarichi di funzione dirigenziale nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione pur non muniti della qualifica di dirigente pubblico o comunque non dipendenti di pubbliche amministrazioni. La disposizione è riferita anche ai dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali ma che svolgono funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento.
2.2. La pubblicazione dei dati reddituali e patrimoniali (art. 14, co. 1, lett. f).
Con riferimento ai dati reddituali e patrimoniali, ad avviso dell’Autorità le questioni da affrontare attengono all’ambito soggettivo di applicazione, sia con riferimento alle amministrazioni e agli enti interessati, sia con riferimento all’individuazione dei titolari di incarichi dirigenziali cui riferire la disposizione suddetta.
Occorre premettere che la Corte, per salvaguardare un nucleo minimo di tutela della trasparenza, ha ritenuto congruo graduare l’applicazione della lett. f) dell’art. 14, co. 1, prendendo come riferimento l’art. 19, co. 3 e 4, del d.lgs.165/2001, ferma restando la necessità di un nuovo intervento normativo nella materia anche in relazione ad altre tipologie di incarico dirigenziale con riferimento a tutte le amministrazioni, anche non statali.
Ad avviso dell’Autorità, si tratta di valutare in che modo operi il riferimento che la Corte fa a tale norma del Testo Unico del pubblico impiego.
Innanzitutto, il rinvio all'art. 19, co. 3 e 4, del d.lgs. 165/2001 va inquadrato nella motivazione complessiva della sentenza e funge come parametro di riferimento per operare, in via interpretativa, quella graduazione di incarichi dirigenziali che il legislatore non fa, ma che è ritenuta indispensabile dalla Corte per assicurare "allo stato" la salvaguardia di un nucleo minimo della trasparenza dei dati personali. Si consideri, al riguardo, che nella sentenza è fatta menzione, in senso adesivo, della segnalazione che l’ANAC aveva rivolto al Governo e al Parlamento (n. 6/2017) e che riguarda tutti i dirigenti pubblici.
Il criterio adottato e desumibile dalla norma appena citata è quello della individuazione dei dirigenti cui spetta l'obbligo di pubblicazione dei dati di cui alla lett. f) non tanto in ragione dell'amministrazione di appartenenza, quanto in relazione alle attribuzioni loro spettanti - compiti propositivi, organizzativi, di gestione di risorse umane, strumentali e di spesa “ritenuti di elevatissimo rilievo” - e alla posizione organizzativa rivestita, essendo rilevanti i titolari di quegli uffici che hanno al loro interno una struttura complessa articolata per uffici dirigenziali generali e non.
Il fatto che la Corte richiami una norma del d.lgs. 165/2001 come parametro unico di riferimento per graduare gli incarichi dirigenziali, non permette di escludere che la normativa, nei termini indicati dalla Corte, possa essere applicabile