Delib. ANAC 08/11/2017, n. 1134 | Bollettino di Legislazione Tecnica
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Delib. ANAC 08/11/2017, n. 1134

Nuove linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici.

Si vedano le ulteriori indicazioni applicative fornite dalla Delib. ANAC 26/06/2019, n. 586, punti 2.4.7 e 2.4.8, che conseguono alla Sentenza Corte Cost. 21/02/2019, n. 20.
Testo coordinato con le modifiche introdotte da:
- Com. ANAC 23/07/2019

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[Premessa]

L’Autorità Nazionale Anticorruzione


VISTA la legge 6 novembre 2012, n. 190 «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione»;

VISTO il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 recante il «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

VISTO il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 recante «Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’ art. 1, commi 49 e 50, della legge n. 190 del 2012»;

VISTA la determinazione ANAC n. 8 del 17 giugno 2015 «Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici»;

VIST

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Nuove linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici
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Premessa

Questa Autorità ha adottato, il 17 giugno 2015, la determinazione n. 8, con la quale sono state dettate “Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle

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1. Il nuovo quadro normativo

Il nuovo quadro normativo si deve all’intervento del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, recante “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, insieme al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” (Tusp), come modificato dal decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 100. Di seguito si illustrano le principali novità con riferimento alla materia dell’applicazione delle misure di prevenzione della corruzione e della trasparenza nelle società a controllo pubblico, negli enti di diritto privato controllati, nelle società partecipate e negli altri enti di diritto privato considerati dal legislatore all’art. 2-bis, co. 3, del d.lgs. 33/2013.


1.1. La trasparenza: gli obblighi di pubblicazione e l’accesso generalizzato nel nuovo d.lgs. n. 33/2013

La principale novità del d.lgs. 97/2016 sta nell’aver affiancato, quale strumento di trasparenza, il nuovo accesso generalizzato agli obblighi di pubblicazione già disciplinati dal d.lgs. 33/2013 e nell’aver considerato nell’ambito soggettivo di applicazione anche enti interamente di diritto privato purché con una significativa soglia dimensionale data dall’entità del bilancio non inferiore ai cinquecentomila euro.


1.2. L’ambito soggettivo definito dal nuov

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2. Definizioni

2.1. La nozione di controllo per le società pubbliche

Come sopra accennato, l’art. 2-bis, co. 2, lett. b), del d.lgs n. 33/2013 rinvia, per la definizione di società a controllo pubblico, al d.lgs. n. 175 del 2016, introducendo così un elemento di discontinuità rispetto al previgente quadro normativo, unicamente regolato dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, in ragione della diversa e più ampia nozione di controllo presa in considerazione.

L’art. 2, co. 1, lett. m), del richiamato d.lgs. n. 175 del 2016 definisce come “società a controllo pubblico”: “le società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b)”.

La lettera b) dello stesso comma definisce come “controllo”: “la situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”.

Pertanto, alla luce del mutato contesto normativo, tra le fattispecie riconducibili alla nozione di controllo, oltre a quelle già prese in considerazione in sede di definizione della determinazione n. 8 del 2015, rappresentate da quanto disciplinato all’art. 2359, co. 1, punti n. 1 (società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria) e n. 2 (società in cui un’altra società dispone dei voti sufficienti a esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria), del codice civile, se ne aggiunge una ulteriore, da ricercare in quella situazione in cui una società è sotto l’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa (art. 2359, co. 1, punto n. 3, cod. civ.).

Rientrano fra le società a controllo pubblico anche quelle a controllo congiunto, ossia le società in cui il controllo ai sensi dell’art. 2359 del codice civile è esercitato da una pluralità di amministrazioni.

In ragione di osservazioni pervenute sul testo in consultazione, si precisa che nel concetto di ente controllante rientrano anche gli enti pubblici economici oltre che per ragioni sostanziali di rispetto dello scopo della norma, volto a disciplinare il regime dell’anticorruzione applicabile alle società pubbliche in generale, anche alla luce della definizione contenuta nel d.lgs. n. 175/2016, ove per “pubblica amministrazione” si intendono anche gli enti pubblici economici (art. 2, co. 1, lett. a) Tusp).


- Influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali

Diversamente dalle fattispecie di controllo interno descritte ai punti nn. 1 e 2 del co. 1 dell’art. 2359 c.c., la differente ipotesi del controllo esterno di cui al punto n. 3 trova la propria fonte nella sussistenza di “particolari vincoli contrattuali” tra la società controllante e la controllata, rimanendo del tutto indipendente dall’eventuale possesso di partecipazioni o dalla materiale disponibilità del diritto di voto nell’assemblea della controllata ad opera della controllante.

Si tratta, nella sostanza, di un’ipotesi di controllo che non ha origine e non si realizza nell’assemblea, ma semmai in un condizionamento oggettivo ed esterno dell’attività sociale, sussistente indipendentemente dalla presenza di una partecipazione al capitale e al gruppo di soci di cui gli amministratori sono espressione e influente direttamente sull’attività economica svolta N1. E infatti, mentre la controllante interna è in grado di incidere direttamente sulla volontà della controllata, esercitando i diritti che le derivano dalla veste di socio, la controllante contrattuale opera un condizionamento esterno, incidendo sull’attività della società.

Si ritiene integrata una posizione di controllo contrattuale esclusivamente là dove i vincoli negoziali siano di forza tale da generare un’influenza dominante equivalente a quella conferita dal possesso della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.

Ne consegue che non ogni vincolo contrattuale da cui derivi un’influenza dominante rientra nella fattispecie del controllo esterno, risultando necessario, ai fini della sua rilevanza ex art. 2359, co. 1, n. 3, c.c., valutare quali siano in concreto gli effetti da esso prodotti, il suo contenuto e il contesto in cui si manifesta.

La giurisprudenza ha, infatti, precisato che condizione affinché una società di capitali possa considerarsi controllata ai sensi dell’art. 2359, co. 1, n. 3) c.c., è il fatto che tra le due realtà intercorrano rapporti contrattuali, la cui costituzione e il cui perdurare rappresentano la condizione di esistenza e di sopravvivenza della capacità d’impresa della società controllata.

Pertanto, tale controllo non sussiste laddove la società che si assume controllata possa sciogliersi dai vincoli contrattuali che la legano alla controllante e instaurare identici rapporti contrattuali con altre società.

Alla luce di ciò, i particolari vincoli contrattuali, idonei a configurare l’influenza dominante esterna, devono rappresentare non già la mera occasione, bensì una vera e propria condizione di esistenza e di sopravvivenza, a loro volta, non della società in sé, bensì della sua capacità di impresa.


- Società in house

Il d.lgs. n. 175/2016, all’art. 2, co. 1, lett. o) definisce come “società in house”: “le società sulle quali un’amministrazione esercita il controllo analogo o più amministrazioni esercitano il controllo analogo congiunto, nelle quali la partecipa

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3. La nuova disciplina per categorie di soggetti

3.1. Le società in controllo pubblico

3.1.1. Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione

In una logica di coordinamento delle misure e di semplificazione degli adempimenti, le società integrano, ove adottato, il “modello 231” con misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione e di illegalità in coerenza con le finalità della legge n. 190 del 2012. In particolare, quanto alla tipologia dei reati da prevenire, il d.lgs. n. 231 del 2001 ha riguardo ai reati commessi nell’interesse o a vantaggio della società o che comunque siano stati commessi anche e nell’interesse di questa (art. 5), diversamente dalla legge 190 che è volta a prevenire anche reati commessi in danno della società.

Nella programmazione delle misure occorre ribadire che gli obiettivi organizzativi e individuali ad esse collegati assumono rilevanza strategica ai fini della prevenzione della corruzione e vanno pertanto integrati e coordinati con tutti gli altri strumenti di programmazione e valutazione all’interno della società o dell’ente.

Queste misure devono fare riferimento a tutte le attività svolte ed è necessario siano ricondotte in un documento unitario che tiene luogo del Piano di prevenzione della corruzione anche ai fini della valutazione dell’aggiornamento annuale e della vigilanza dell’ANAC. Se riunite in un unico documento con quelle adottate in attuazione del d.lgs. n. 231/2001, dette misure sono collocate in una sezione apposita e dunque chiaramente identificabili, tenuto conto che ad esse sono correlate forme di gestione e responsabilità differenti. È opportuno che tali misure siano costantemente monitorate anche al fine di valutare, almeno annualmente, la necessità del loro aggiornamento.

Il co. 2-bis dell’art. 1 della l. 190/2012, introdotto dal d.lgs. 97/2016, ha reso obbligatoria l’adozione delle misure integrative del “modello 231”, ma non ha reso obbligatoria l’adozione del modello medesimo, a pena di una alterazione dell’impostazione stessa del decreto n. 231 del 2001. Tale adozione, ove le società non vi abbiano già provveduto, è, però, fortemente raccomandata, almeno contestualmente alle misure integrative anticorruzione. Le società che decidano di non adottare il “modello 231” e di limitarsi all’adozione del documento contenente le misure anticorruzione dovranno motivare tale decisione. L’ANAC, in sede di vigilanza, verificherà quindi l’adozione e la qualità delle misure di prevenzione della corruzione.

Le società, che abbiano o meno adottato il “modello 231”, definiscono le misure per la prevenzione della corruzione in relazione alle funzioni svolte e alla propria specificità organizzativa.



- PROGRAMMAZIONE DELLE MISURE E SOGGETTI COINVOLTI

Le misure volte alla prevenzione della corruzione ex lege n. 190 del 2012 sono elaborate dal Responsabile della prevenzione della corruzione in stretto coordinamento con l’Organismo di vigilanza e sono adottate dall’organo di indirizzo della società, individuato nel consiglio di amministrazione o in altro organo con funzioni equivalenti.

Al riguardo, nel rinviare alle considerazioni espresse nel paragrafo 5 del PNA 2016, si fa presente che l’attività di elaborazione delle misure di prevenzione della corruzione ex lege n. 190/2012 non può essere affidata a soggetti estranei alla società (art. 1, co. 8, legge n. 190 del 2012).


- PUBBLICITÀ DELLE MISURE

Una volta adottate le misure, ad esse viene data adeguata pubblicità sia all’interno della società, con modalità che ogni società definisce autonomamente, sia all’esterno, con la pubblicazione sul sito web della società. Qualora la società non abbia un sito internet, sarà cura dell’amministrazione controllante rendere disponibile una sezione del proprio sito in cui la società controllata possa pubblicare i propri dati, ivi incluse le misure individuate per la prevenzione della corruzione ex lege n. 190/2012, ferme restando le rispettive responsabilità.


- I CONTENUTI MINIMI DELLE MISURE

- Individuazione e gestione dei rischi di corruzione

In coerenza con quanto previsto dall’art. 1, co. 9, della legge n. 190/2012 e dall’art. 6, co. 2, del d.lgs. n. 231 del 2001, le società effettuano un’analisi del contesto e della realtà organizzativa per individuare in quali aree o settori di attività e secondo quali modalità si potrebbero astrattamente verificare fatti corruttivi. Tra le attività esposte al rischio di corruzione vanno considerate in prima istanza quelle generali, per le quali si rinvia al PNA 2015, delibera n. 12 del 28 ottobre 2015, § 6.3, lett. b), tra cui quelle elencate dall’art. 1, co. 16, della legge n. 190 del 2012 (autorizzazioni e concessioni, appalti e contratti, sovvenzioni e finanziamenti, selezione e gestione del personale), cui si aggiungono le aree specifiche individuate da ciascuna società in base alle proprie caratteristiche organizzative e funzionali. Fra queste, a titolo esemplificativo, possono rientrare l’area dei controlli, l’area economico-finanziaria, l’area delle relazioni esterne e le aree in cui vengono gestiti i rapporti fra amministratori pubblici e soggetti privati. Nella individuazione delle aree a rischio è necessario che si tenga conto di quanto emerso in provvedimenti giurisdizionali, anche non definitivi, allorché dagli stessi risulti l’esposizione dell’area organizzativa o della sfera di attività a particolari rischi.

L’analisi, finalizzata a una corretta programmazione delle misure preventive, deve condurre a una rappresentazione, il più possibile completa, di come i fatti di maladministration e le fattispecie di reato possono essere contrastate nel contesto operativo interno ed esterno dell’ente. Ne consegue che si dovrà riportare una “mappa” delle aree a rischio e dei possibili fenomeni di corruzione, nonché l’individuazione delle misure di prevenzione. In merito alla gestione del rischio, rimane ferma l’indicazione, sia pure non vincolante, contenuta nel PNA 2016, ai principi e alle Linee guida UNI ISO 37001:2016.


- Sistema di controlli

La definizione di un sistema di gestione del rischio si completa con una valutazione del sistema di controllo interno previsto dal “modello 231”, ove esistente, e con il suo adeguamento quando ciò si riveli necessario, ovvero con l’introduzione di nuovi principi e strutture di controllo quando l’ente risulti sprovvisto di un sistema atto a prevenire i rischi di corruzione. In ogni caso, è quanto mai opportuno, anche in una logica di semplificazione, che sia assicurato il coordinamento tra i controlli per la prevenzione dei rischi di cui al d.lgs. n. 231 del 2001 e quelli per la prevenzione di rischi di corruzione di cui alla L. n. 190 del 2012, nonché quello tra le funzioni del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza e quelle degli altri organismi di controllo, con particolare riguardo al flusso di informazioni a supporto delle attività svolte dal Responsabile.


- Codice di comportamento

Le società integrano il codice etico o di comportamento già approvato ai sensi del d.lgs. n. 231/2001 oppure adottano un apposito codice, laddove sprovviste, avendo cura in ogni caso di attribuire particolare importanza ai comportamenti rilevanti ai fini della prevenzione dei reati di corruzione. Il codice o le integrazioni a quello già adottato ai sensi del d.lgs. n. 231/2001 hanno rilevanza ai fini della responsabilità disciplinare, analogamente ai codici di comportamento delle pubbliche amministrazioni: l’inosservanza, cioè, può dare luogo a misure disciplinari, ferma restando la natura privatistica delle stesse. Al fine di assicurare l’attuazione delle norme del codice è opportuno: a) garantire un adeguato supporto interpretativo, ove richiesto; b) prevedere un apparato sanzionatorio e i relativi meccanismi di attivazione auspicabilmente connessi ad un sistema per la raccolta di segnalazioni delle violazioni del codice.


- Inconferibilità specifiche per gli incarichi di amministratore e per gli incarichi dirigenziali

Si ricorda che la materia delle incompatibilità e delle inconferibilità degli incarichi è disciplinata dal d.lgs. n. 39/2013.

All’interno delle società è necessario sia previsto un sistema di verifica della sussistenza di eventuali condizioni ostative in capo a coloro che rivestono incarichi di amministratore, come definiti dall’art. 1, co. 2, lett. l), del d.lgs. n. 39/2013 - e cioè “gli incarichi di presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo dell’attività dell’ente comunque denominato” - e a coloro cui sono conferiti incarichi dirigenziali.

Per gli amministratori, le cause ostative in questione sono specificate, in particolare, dalle seguenti disposizioni del d.lgs. n 39/2013:

- art. 3, co. 1, lett. d), relativamente alle inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione;

- art. 7, sulla “inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello regionale e locale”. Per i dirigenti, si applica l’art. 3, co. 1, lett. c), relativo alle cause di inconferibilità a seguito di condanne per reati contro la pubblica amministrazione.

A queste ipotesi di inconferibilità si aggiunge quella prevista dall’art. 11, co. 11, del d.lgs. 175/2016, ai sensi del quale “Nelle società di cui amministrazioni pubbliche detengono il controllo indiretto, non è consentito nominare, nei consigli di amministrazione o di gestione, amministratori della società controllante, a meno che siano attribuite ai medesimi deleghe gestionali a carattere continuativo ovvero che la nomina risponda all’esigenza di rendere disponibili alla società controllata particolari e comprovate competenze tecniche degli amministratori della società controllante o di favorire l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento”.

Le società adottano le misure necessarie ad assicurare che: a) negli atti di attribuzione degli incarichi o negli interpelli siano inserite espressamente le condizioni ostative al conferimento dell’incarico; b) i soggetti interessati rendano la dichiarazione di insussistenza delle cause di inconferibilità all’atto del conferimento dell’incarico; c) sia effettuata dal Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza eventualmente in collaborazione con altre strutture di controllo interne alla società, un’attività di vigilanza, sulla base di una programmazione che definisca le modalità e la frequenza delle verifiche anche su segnalazione di soggetti interni ed esterni (cfr. delibera ANAC n. 833 del 3 agosto 2016).

Nel caso di nomina degli amministratori proposta o effettuata dalle p.a. controllanti, le verifiche sulle inconferibilità sono svolte dalle medesime p.a.


- Incompatibilità specifiche per gli incarichi di amministratore e per gli incarichi dirigenziali

All’interno delle società è necessario sia previsto un sistema di verifica della sussistenza di eventuali situazioni di incompatibilità nei confronti dei titolari degli incarichi di amministratore, come definiti dall’art. 1, co. 2, lett. l), sopra illustrato, e nei confronti di coloro che rivestono incarichi dirigenziali.

Le situazioni di incompatibilità per gli amministratori sono quelle indicate, in particolare, dalle seguenti disposizioni del d.lgs. n. 39/2013:

- art. 9, riguardante le “incompatibilità tra incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati, nonché tra gli stessi incarichi e le attività professionali” e, in particolare, il comma 2;

- art. 11, relativo a “incompatibilità tra incarichi amministrativi di vertice e di amministratore di ente pubblico e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e locali” ed in particolare i commi 2 e 3;

- art. 13, recante “incompatibilità tra incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico e cariche di componenti degli organi di indirizzo politico nelle amministrazioni statali, regionali e locali”;

- art. 14, co. 1 e 2, lett. a) e c), con specifico riferimento alle nomine nel settore sanitario.

Per gli incarichi dirigenziali si applica l’art. 12 dello stesso decreto relativo alle “incompatibilità tra incarichi dirigenziali interni ed esterni e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e locali”.

A queste ipotesi di incompatibilità si aggiunge quella prevista dall’art. 11, co. 8, del d.lgs. 175/2016, ai sensi del quale “Gli amministratori delle società a controllo pubblico non possono essere dipendenti delle amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti. Qualora siano dipendenti della società controllante, in virtù del principio di onnicomprensività della retribuzione, fatto salvo il diritto alla copertura assicurativa e al rimborso delle spese documentate, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 6, essi hanno l’obbligo di riversare

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4. Compiti delle amministrazioni controllanti e partecipanti

Fermo restando che le presenti Linee guida disciplinano l’applicazione delle disposizioni in tema di trasparenza e prevenzione della corruzione che la legge pone direttamente in capo alle società e agli enti controllati, partecipati o privati a cui è affidato lo svolgimento di attività di pubblico interesse, va chiarito in questa sede quali sono i compiti che spettano alle amministrazioni controllanti, partecipanti o vigilanti.

Di seguito vengono riassunti in forma sintetica i diversi compiti affidati alle amministrazioni che controllano società o enti di diritto privato o che si limitano ad una partecipazione non di controllo o che vigilano sulle attività di pubblico interesse affidate, in più parti richiamati nelle presenti Linee guida.

Si tratta di tre ordini di compiti.


4.1. Pubblicità relativamente al complesso di enti controllati o partecipati dalle amministrazioni

In tema di trasparenza, le amministrazioni controllanti pubblicano i dati di cui all’art. 22 del d.lgs. 33/2013, rinviando al sito delle società o degli enti controllati per le ulteriori informazioni che questi sono direttamente tenuti a pubblicare.

Si raccomanda alle amministrazioni controllanti o partecipanti di dare attuazione a quanto previsto dall’art. 22, co. 1, del d.lgs. n. 33 del 2013, pubblicando sul proprio sito istituzionale la lista degli enti cui partecipano o che controllano “con l’indicazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore delle amministrazioni o delle attività di servizio pubblico affidate”.

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5. Attività di vigilanza dell’Anac

La legge conferisce all’ANAC poteri di vigilanza, in qualche caso accompagnati da sanzioni, in materia sia di prevenzione della corruzione sia di trasparenza. Dalla ricostruzione effettuata nei paragrafi precedenti, tale attività di vigilanza deve essere svolta, in primo luogo, direttamente nei confronti delle società e degli enti di diritto privato tenuti ai diversi adempimenti; in secondo luogo, nei confronti delle amministrazioni controllanti, partecipanti o che vigilano sullo svolgimento di attività di pubblico interesse cui sono riconosciuti i diversi compiti indicati al paragrafo precedente.


5.1. Vigilanza nei confronti delle società e degli enti di diritto privato controllati o partecipati dalle pubbliche amministrazioni

In materia di prevenzione della corruzione, la vigilanza si esercita sulla effettiva adozione del documento contenente le misure integrative del “modello 231” in tutti i casi in cui nelle presenti Linee guida tale adozione è ritenuta obbligatoria (in

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6. Disciplina transitoria

Ferma restando l’entrata in vigore dei nuovi obblighi di adozione di misure di prevenzione della corruzione e di trasparenza con l’entrata in vigore delle disposizioni del d.lgs. n. 97 del 2016, tenuto conto che solo con le presenti Linee guida si è provveduto a precisare tali obblighi, adeguandoli alla natura dei soggetti e alle attività svolte, si raccomanda ai soggetti destinatari di:

a) adottare ove non già adottato, il document

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Allegato 1 - Sezione “Società trasparente”/”Amministrazione trasparente”- Elenco degli obblighi di pubblicazione

N7

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Relazione AIR

Parte di provvedimento in formato grafico

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