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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Accesso alle pratiche edilizie e diritto alla privacy
Nel caso di specie il Comune aveva negato l'accesso alle pratiche edilizie (SCIA), richiesto dalla società ricorrente al fine di verificare la legittimità dei lavori in corso di esecuzione sul lotto limitrofo a quello in cui la stessa svolgeva la propria attività. Il diniego era motivato dalla omessa dimostrazione dell'interesse della ricorrente in quanto non aveva precisamente indicato le particelle catastali a sé intestate e contigue a quelle oggetto delle pratiche edilizie di cui domandava l’ostensione.
Il TAR Lombardia-Brescia, con la sentenza 09/12/2020, n. 871, ha in primo luogo rilevato che il Comune, in un’ottica collaborativa e perseguendo il principio di buon andamento dell'azione amministrativa, era autonomamente in grado di identificare i dati mancanti dal momento che all’amministrazione era ben nota l’ubicazione dell’azienda e l’area dalla medesima occupata. In ogni caso, nel corso del giudizio attraverso la produzione documentale, appariva evidente la contiguità delle aree di proprietà della ricorrente e quelle dove erano in corso i lavori.
Quanto al merito della questione, il TAR ha affermato che non può dirsi sussistente alcuna posizione di controinteresse rispetto alla richiesta di accesso a titoli edilizi rilasciati a terzi, in quanto si tratta di atti sottratti al regime di riservatezza.
Ed infatti già l’art. 31, comma 8, L. 17/08/1942 n. 1150 (Legge urbanistica) prevedeva che dell'avvenuto rilascio della licenza edilizia venisse data notizia al pubblico mediante affissione nell'albo pretorio, con la specificazione del titolare e delle località nella quale la costruzione deve essere eseguita. La norma è riprodotta poi dall'art. 20, comma 6, del D.P.R. 380/2001 (TU edilizia), stabilendo che dell'avvenuto rilascio del permesso di costruire va dato avviso all'albo pretorio.
Tale disposizione deve essere interpretata nel senso che tale onere di pubblicazione è funzionale a consentire a qualsiasi soggetto interessato di visionare gli atti del procedimento, in ragione di quel controllo "diffuso" sull'attività edilizia che il legislatore ha inteso garantire (in proposito si veda anche l'art. 27, comma 3, del D.P.R. 380/2001, secondo il quale, su denuncia dei cittadini, può essere ordinata la immediata sospensione dei lavori).
I titoli edilizi sono dunque atti pubblici, perciò chi esegue le opere non può opporre un diritto di riservatezza. Non sussiste privacy quando sussiste un interesse concreto, personale ed attuale ad accedere alle autorizzazioni amministrative in ordine ai permessi edilizi rilasciati.
Né tali conclusioni possono mutare in relazione alla tipologia del titolo edilizio utilizzato: permesso di costruire, SCIA o CILA. Trattasi solo di una diversa modalità dell’esercizio del diritto dominicale all’utilizzo edificatorio del fondo.
Al riguardo è stato anche rilevato che la giurisprudenza, in più occasioni, ha evidenziato come al proprietario del fondo vicino a quello interessato da nuove opere spetti il diritto di accesso a tutti gli atti abilitativi edilizi quando si faccia valere l'interesse ad accertare il rispetto delle previsioni urbanistiche, trattandosi di posizione qualificata e differenziata, e “non meramente emulativa o preordinata ad un controllo generalizzato dell'azione amministrativa”. In proposito il TAR ha precisato che l’amministrazione - e poi il giudice - non è tenuta a verificare l'effettiva utilità dei documenti in vista della difesa delle ragioni dell'istante né, tanto meno, la strategia difensiva dallo stesso articolata, ma solo la non manifesta inutilità della visione degli atti stessi.
In conclusione, il TAR ha accolto il ricorso e ordinato al Comune di consentire alla società ricorrente la visione e l'estrazione di copia degli atti indicati nell'istanza di accesso.