Occupazioni illegittime della P.A.: stop alla rinuncia abdicativa | Bollettino di Legislazione Tecnica
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31/01/2020

Occupazioni illegittime della P.A.: stop alla rinuncia abdicativa

E alla fine è arrivata, con prepotenza assoluta, la pronuncia sulla c.d. “rinuncia abdicativa” quale possibile strumento di soluzione alla problematica delle occupazioni illegittime della pubblica amministrazione. Breve commento alle sentenze n. 2 e 4 del 20 gennaio 2020 della Plenaria del Consiglio di Stato.

Nota a cura di Marco Morelli
Avvocato Cassazionista del Foro di Roma

Con due distinti pronunciamenti del 20/01/2020, infatti, il massimo organo della giustizia amministrativa italiana ha fatto tabula rasa della possibilità di ritenere superate le occupazioni senza titolo per effetto dello strumento in parola.
Questi i principi di diritto enunciati:
- C. Stato, A.P., 20/01/2020, n. 2: “Per le fattispecie disciplinate dall’art. 42-bis del D.P.R. 327/2001, l’illecito permanente dell’Autorità viene meno nei casi da esso previsti (l’acquisizione del bene o la sua restituzione), salva la conclusione di un contratto traslativo tra le parti, di natura transattiva, e la rinuncia abdicativa non può essere ravvisata.”
- C. Stato, A.P., 20/01/2020, n. 4: “Per le fattispecie rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 42-bis del D.P.R. 327/2001, la rinuncia abdicativa del proprietario del bene occupato sine titulo dalla pubblica amministrazione, anche a non voler considerare i profili attinenti alla forma, non costituisce causa di cessazione dell’illecito permanente dell’occupazione senza titolo.”
Il ragionamento è stato molto semplice, oseremo dire, in ossequio ad una linearità formale del sistema, e fondato su un dato inconfutabile: l’acquisto della proprietà delle P.A., e soprattutto la soluzione alle occupazioni illegittime, deve fondarsi su strumenti che sono tipizzati dal legislatore e che, tradotto in termini pratici, possano consentire ai Conservatori dei registri immobiliari di tenersi ancorati al c.d. “principio di tipicità”.

Gli operatori del settore si saranno certamente imbattuti nell’ostilità, nei fatti, proprio dei Conservatori, alla possibilità di trascrivere atti che contenessero un richiamo alla rinuncia abdicativa.
Altro che possibilità di trascrivere l’atto di liquidazione del risarcimento del danno indicato dalla P.A., in quanto mancato inveramento della condizione risolutiva apposta dal privato alla propria pretesa, come pure alcuni pronunciamenti del Consiglio di Stato avevano suggerito.
Perché non può essere il privato ad imporre alla P.A. di acquisire un proprio bene, semmai il contrario, ossia la P.A. che, sulla base del superiore interesse pubblico sottrae lo stesso al cittadino.

Il doppio pronunciamento della Plenaria, fa proprio sintesi di tale dato pratico. Le matrici attorno alle quali ruota, fondamentalmente, sono tre:
1) in primo luogo, la rinuncia abdicativa non spiega esaurientemente la vicenda traslativa in capo all’Autorità espropriante;
2) in secondo luogo, la rinuncia abdicativa viene ricostruita quale atto implicito, secondo la nota dogmatica di tali tipologie di atti, senza averne le caratteristiche essenziali;
3) da ultimo, in senso decisivo e assorbente, la rinuncia abdicativa non è provvista di base legale in un ambito, quello dell’espropriazione, dove il rispetto del principio di legalità è richiamato con forza sia a livello costituzionale (art. 42 della Costituzione), sia a livello di diritto europeo.

In particolare, la Plenaria ha ricordato che occorre evitare, in materia di espropriazione c.d. “indiretta”, di ricorrere a istituti che in qualche modo si pongano sulla falsariga della c.d. “occupazione acquisitiva”, cui la giurisprudenza fece ricorso negli anni ‘80 del secolo scorso per risolvere le situazioni connesse ad una espropriazione illegittima di un terreno che avesse tuttavia subìto una irreversibile trasformazione in forza della costruzione di un’opera pubblica.

Cosa succede ora?
Nulla più, nulla meno che estromettere, dall’elenco degli strumenti alternativi al provvedimento di acquisizione ex art. 42-bis del D.P.R. 327/2001, quello della rinuncia abdicativa, lasciando un vuoto rispetto ad un tema che già Cass., S.U., 19/01/2015, n. 735, aveva considerato.
La domanda, a questo punto, sorge spontanea: siamo forse alle prese con l’ultimo (ma sarà proprio così) contrasto di vedute tra giudici amministrativi ed ordinari su un tema determinato?
Non si può non considerare infatti che - secondo la giurisprudenza della Cassazione - tra gli strumenti in grado di superare le occupazioni senza titolo ci sono, oltre all’art. 42-bis del D.P.R. 327/2001, anche la restituzione, l’usucapione, gli accordi traslativi e infine proprio la rinuncia abdicativa.
È allora davvero detta la parola fine per la rinuncia abdicativa anche per il Giudice ordinario? Che impatto potrà avere l’autorevole doppio decisum della Plenaria sulle posizioni della Cassazione?
Presto per dirlo: ciò che è sicuro è che, per la giurisprudenza amministrativa, la strada maestra è tracciata con la parola fine per le rinunce abdicative.
Con buon compiacimento, riteniamo, di quanti, primi tra tutti i Conservatori dei registri immobiliari, già avevano anticipato, nei fatti, il percorso (lineare e formale) argomentativo della Plenaria.
Siamo convinti, però, al di là del tema specifico della rinuncia abdicativa che tanto, ancora, daranno da discutere le occupazioni illegittime nel nostro Paese: è come un virus difficilmente debellabile.
L’antidoto migliore? La praticità di chi vuole risolvere i problemi con lo studio degli orientamenti della giurisprudenza.

Dalla redazione