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12/01/2023

Errata attestazione della prestazione energetica e conseguenze sulla compravendita

Il compratore ha diritto al risarcimento dei danni qualora, in sede di stipula del contratto definitivo di compravendita, si accerti che la classe energetica dell’immobile effettiva non è quella dichiarata nell’APE, con conseguente perdita di valore dell’immobile acquistato - Trib. Trani 30 dicembre 2022, n. 1955.

A cura di Maurizio Tarantino

LA VICENDA
Errata certificazione energetica
L’odierna controversia prende le mosse da un’errata attestazione di prestazione energetica (APE), rilasciata in sede di stipula del contratto definitivo che, di fatto, ne ha determinato il valore economico dell’immobile venduto.
Invero, Tizio aveva acquistato nel 2012 un immobile dotato di certificazione energetica di classe “D”. In seguito al predetto acquisto, l’attore è venuto a conoscenza della pendenza di un giudizio tra il condominio e l’impresa costruttrice relativa a gravi vizi di costruzione dell’immobile, e ha intentato giudizio chiedendo il risarcimento del danno derivante dal minor valore dell’immobile (interesse differenziale).
Per le ragioni esposte, Tizio conveniva in giudizio i venditori per sentire accertare e dichiarare la loro responsabilità precontrattuale, o in subordine, ex art. 2043 del Codice civile, la responsabilità extracontrattuale, chiedendo il pagamento in proprio favore della somma di circa 20 mila euro.

LA SOLUZIONE DEL GIUDICE
La vendita aliud pro alio
Giuridicamente si configura una vendita aliud pro alio quando viene consegnato un bene completamente diverso da quello pattuito.
In tal caso, infatti, secondo i giudici di legittimità, ricorre l’aliud pro alio non solo quando il bene sia totalmente difforme da quello dovuto e tale diversità sia di importanza fondamentale e determinante nella economia del contratto, ma anche quando l’immobile appartenga ad un genere del tutto diverso dal bene oggetto della compravendita o si presenti privo delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente (Cass. civ. 31 marzo 2006, n. 76305).
Inoltre, è configurabile l’aliud pro alio anche quando la cosa consegnata abbia difetti che la rendano inservibile o manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale “funzione economico-sociale”, ovvero a quella che le parti abbiano assunto come essenziale al fine di realizzare il programma negoziale di compravendita (Cass. civ. 4 maggio 2005, n. 92277).

Vizi della compravendita
Ebbene, la richiesta di risarcimento del danno avanzata da parte attrice è basata sull’accertata presenza dei vizi riscontrati sulla cosa che, quindi la rendevano inidonea all’uso per cui era destinata.
Per meglio dire, l’intero giudizio era stato improntato sulla dimostrazione della conoscenza dei vizi al momento della sottoscrizione del contratto di compravendita; cioè, vizi derivanti dall’erronea classificazione energetica dell’immobile.
In tema, sussiste il principio secondo cui il venditore non è tenuto all’obbligo specifico di consegnare la cosa priva di vizi, essendo solamente obbligato a garantire il compratore qualora il bene venduto si dimostri viziato (Cass. civ. 3 maggio 2019, n. 11748). Quindi, presupposto di tale responsabilità è rappresentata dall'imperfetta attuazione del risultato traslativo per la presenza, nella cosa venduta, di vizi che la rendono inidonea all'uso cui è destinata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore.
Trattasi, dunque, di una responsabilità che prescinde da ogni giudizio di colpevolezza del venditore e si fonda soltanto sul dato obiettivo dell'esistenza dei vizi.

Discrepanza tra l’attestato di certificazione energetica e la concreta prestazione energetica
In argomento, giova ricordare che la certificazione energetica è un documento obbligatorio da allegare all’atto di compravendita e dunque ne fa parte integrante. Nel caso di specie, all’atto di compravendita era stato allegato l’APE che attestava l’efficienza energetica dell’immobile in classe “D”, e tanto aveva permesso ai venditori di poter vendere l’immobile al prezzo pattuito e al compratore di acquistare un immobile con un determinato valore “energetico”.
Tuttavia ciò che era emerso nel corso del giudizio e confermato dalla chiesta CTU era che l’APE, rilasciata in sede di compravendita, non corrispondeva a realtà, in quanto era stata accertata l’esistenza di una effettiva discrepanza tra l’attestato di certificazione energetica e la concreta prestazione energetica dell’appartamento in questione.
A tal proposito, secondo il giudicante, era emerso con tutta chiarezza e senza opposizione alcuna, l’errore in cui era incorso il certificatore nel determinare la classe di efficienza energetica. Seppure l’esistenza di una tale difformità non poteva essere fatta ricadere esclusivamente sui venditori, in quanto gli stessi avevano dovuto fare ricorso ad un soggetto certificatore terzo che attestasse il livello di efficientamento energetico - e quindi fosse da escludersi una qualsivoglia forma di dolo in capo ai convenuti, la cui condotta assunta era più assimilabile ad una colpa - risultava pacifico che la classe energetica riscontrata era inferiore rispetto a quella dichiarata, con consequenziale perdita di valore dell’immobile acquistato.

In conclusione, la domanda di Tizio è stata accolta, poiché se le parti avessero conosciuto fin dal primo momento la corretta classe energetica, avrebbero sicuramente pattuito un prezzo diverso da quello effettivamente pagato.

CONCLUSIONI SULLA PRESTAZIONE ENERGETICA E PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
L’APE è un certificato che non deve assolutamente mancare quando si predispongono tutti i documenti necessari per vendere casa. Si tratta di un attestato che valuta il livello di impatto ambientale dell’immobile in questione. L’attestato di prestazione energetica dev’essere redatto da un tecnico abilitato, qualcuno che abbia le necessarie competenze specifiche in materia. Il potenziale acquirente o affittuario dev’essere messo a conoscenza delle caratteristiche dell’immobile per quanto concerne i consumi già durante le prime fasi di trattativa.

Premesso ciò, in giurisprudenza è stato sottolineato che la mancata consegna dell'APE non rende la vendita invalida, ovvero, nulla, piuttosto legittima l'acquirente a domandare la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1477, 1453 e 1455 del Codice civile, in quanto è interesse del compratore acquisire la proprietà di un bene conforme alla normativa vigente, anche in materia di efficienza energetica.
Peraltro, considerato che la mancata consegna della certificazione energetica non comporta l'invalidità dell'atto, la stessa può essere consegnata anche successivamente, o in ragione di un preventivo accordo delle parti o su semplice richiesta del compratore, quindi anche dopo la vendita del bene (Cass. civ. 17 luglio 2012, n. 12260).
Inoltre, nel contesto degli atti di compravendita, è onere del notaio verificare la regolarità della documentazione dinanzi a sé esibita, ivi compresa la certificazione di prestazione energetica, la quale costituisce documento relativo alla proprietà ed all'uso della cosa venduta, in carenza della quale il professionista deve procedere ad inoltrare relativa segnalazione alla Regione entro 30 giorni dalla registrazione dell'atto, a pena di sanzione disciplinare, in considerazione altresì dell'eventuale reiterazione della condotta, sia pure incolpevole (Cass. civ. 13 novembre 2018, n. 29211).

Quanto agli aspetti penali, invece, si configura il reato di truffa contrattuale, in caso di vendita di un immobile con caratteristiche diverse da quelle dichiarate con riguardo alla definizione della categoria energetica.
Nella specie, il fatto che il tecnico certificante ritenga rispettato il progetto non può escludere la consapevolezza del costruttore, che sappia, ad esempio, di avere utilizzato materiali di qualità inferiore a quella dichiarata, di avere installato serramenti ed impianto di riscaldamento non conformi e di non avere rifatto il tetto. Per cui, la responsabilità del costruttore non può essere esclusa ritenendo che sia in buona fede in quanto abbia confidato nelle valutazioni dei tecnici che attestavano la conformità delle opere al progetto approvato (Cass. pen. 4 aprile 2017, n. 16644).

Dalla redazione