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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Annullamento del piano attuativo: effetti sul permesso di costruire
Nella fattispecie i ricorrenti contestavano un ordine di demolizione di un compendio immobiliare motivato dall’annullamento degli atti di approvazione del PPE in base ai quali era stato rilasciato il permesso di costruire relativo all’edificio.
Il TAR Lazio-Latina 26/10/2021, n. 585, ha dato ragione ai ricorrenti e ha annullato l’ordine di demolizione perché emanato in violazione dell’art. 21-nonies, L. 241/1990 in tema di autotutela. Secondo i giudici infatti l’ordine ingiungeva l’abbattimento di opere ancora sorrette da un titolo edilizio valido ed efficace.
Al riguardo è stato spiegato che la necessità di avviare un apposito procedimento di secondo grado, volto all’eventuale annullamento in autotutela del permesso di costruire rilasciato sulla base di una pianificazione urbanistica poi annullata d’ufficio per la presenza di vizi di legittimità, deriva dalla natura solo “viziante” e non anche “caducante” delle patologie del piano presupposto, che quindi non possono estendersi con un effetto automaticamente demolitorio al titolo edilizio consequenziale.
DISTINZIONE TRA INVALIDITÀ A EFFETTO CADUCANTE O VIZIANTE DELL’ATTO AMMINISTRATIVO - Secondo la giurisprudenza, infatti, in presenza di vizi accertati di un atto amministrativo presupposto deve distinguersi tra invalidità a effetto caducante e invalidità a effetto viziante, nel senso che:
- nel primo caso, l’annullamento dell’atto presupposto si estende automaticamente a quello consequenziale, anche quando questo non sia stato impugnato (o annullato d’ufficio),
- mentre nel secondo, l’atto conseguenziale è affetto solo da illegittimità derivata e, pertanto, resta efficace ove non impugnato nel termine di rito (o non annullato d’ufficio).
Il vizio caducante richiede che tra gli atti interessati via sia un rapporto di presupposizione necessaria, che tipicamente si instaura soltanto all’interno di una medesima sequenza procedimentale, sicché per l’adozione di quello successivo non residui alcun margine di ponderazione che non si traduca nel mero completamento dell’iter iniziato con il primo atto.
Ne deriva la conseguenza che l’annullamento di un atto che non costituisca l’unico presupposto di quello successivo non svolge, rispetto a quest’ultimo, un’efficacia caducante, con automatico travolgimento di esso, ma semplicemente viziante, nel senso che consente soltanto l’eventuale impugnativa dell’atto ulteriore da parte degli interessati ovvero l’eventuale annullamento d’ufficio, sussistendone tutti i presupposti di legge, da parte dell’Amministrazione.
APPLICAZIONE ALLA MATERIA EDILIZIA E URBANISTICA - Facendo applicazione dei suddetti principi generali alla specifica materia dell’urbanistica e dell’edilizia, la giurisprudenza ha, in primo luogo, escluso l’esistenza di un nesso di presupposizione immediato, diretto e necessario nel rapporto tra piano esecutivo convenzionato (ossia uno strumento urbanistico non generale) e i successivi titoli autorizzatori edilizi che nel primo trovino fondamento, escludendo così il presupposto per il prodursi di un effetto caducante sul secondo in caso di annullamento del primo.
Inoltre, per quanto attiene alla relazione tra l’annullamento del un piano di recupero di un immobile ed il permesso di costruire in precedenza rilasciato sulla sua base, la giurisprudenza ha ritenuto che non si rinviene tra i due un rapporto di consequenzialità necessaria, in quanto quest’ultimo non è meramente applicativo del primo, ma costituisce autonomo esercizio del potere attribuito all’amministrazione, di talché l’eventuale caducazione della delibera consiliare di approvazione del piano di recupero non provocherebbe il travolgimento del permesso di costruire.
Stante tutto quanto sopra, può ritenersi che il permesso a costruire si collochi entro un procedimento amministrativo differente, seppur collegato, rispetto a quello di approvazione del piano particolareggiato presupposto e che, quindi, non possa qualificarsi rispetto a quest’ultimo alla stregua di un atto meramente consequenziale, come tale suscettibile di perdereipso iure validità o efficacia in seguito all’annullamento del primo.
In altri termini, il rilascio del permesso di costruire non è un effetto diretto e ineluttabile della presenza del piano particolareggiato, ma implica la necessità per l’Amministrazione di procedere a nuove ed ulteriori valutazioni rispetto a quelle tenute in considerazione in sede approvazione dello strumento urbanistico, quali, ad esempio, il riscontro della conformità dell’intervento costruttivo al regolamento edilizio comunale, la verifica dell’esistenza delle opere di urbanizzazione primarie ovvero dell’assunzione dell’impegno alla realizzazione delle stesse contestualmente alla realizzazione dell’intervento, come si evince dall’art. 12, D.P.R. 380/2001.
In definitiva, trattandosi di atti collocati in sequenze procedimentali differenti, risulta necessaria l’attivazione e la conclusione con esito eliminatorio di uno specifico procedimento di annullamento d’ufficio dell’atto abilitativo ex art. 21-nonies, L. 241/1990, al fine di poter poi legittimamente ingiungere la demolizione di opere realizzate in virtù di tale titolo.
CONCLUSIONI - Sulla base di tali considerazioni il TAR ha affermato l’illegittimità dell’ordine di demolizione, poiché riferito a un manufatto rispetto al quale non era stato rilevato dall’Amministrazione alcun difetto di corrispondenza con il relativo permesso di costruire.
Stante la generale presunzione di legittimità che assiste i provvedimenti amministrativi, in assenza di un preventivo annullamento d’ufficio (o in sede giurisdizionale) del permesso di costruire è, quindi, illegittimo ingiungere la demolizione delle opere da esso sorrette, posto che l’annullamento di strumenti urbanistici di pianificazione si ripercuote sui singoli atti applicativi a valle relativi a terzi in termini di invalidità non caducante, ma meramente viziante.