Abusi edilizi, sanatoria straordinaria regionale e doppia conformità | Bollettino di Legislazione Tecnica
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05/05/2021

Abusi edilizi, sanatoria straordinaria regionale e doppia conformità

Le norme regionali non possono introdurre una ipotesi di “sanatoria straordinaria” in contrasto con i principi fondamentali di governo del territorio dettati dal D.P.R. 380/2001 (Testo Unico in materia edilizia).

La Corte Costituzionale (sentenza 21/04/2021, n. 77), nel dichiarare l’illegittimità costituzionale della L.R. del Veneto 23/12/2019, n. 50, ha affermato che in tema di sanatorie edilizie, sono di competenza statale le scelte di principio, in particolare quelle relative all’an, al quando e al quantum, ossia la decisione sul se disporre un titolo abilitativo edilizio straordinario, quella relativa all’ambito temporale di efficacia della sanatoria e infine l’individuazione delle volumetrie massime condonabili, ricadendo tali aspetti nella materia del governo del territorio.

Di conseguenza non rientra nella competenza regionale il prevedere ipotesi nelle quali sia possibile sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria, derogare ai limiti di volumetria e introdurre una sanatoria degli abusi edilizi senza il rispetto del requisito della doppia conformità.

LA LEGGE DEL VENETO - La L.R. Veneto 23/12/2019, n. 50 prevedeva una procedura specifica per la sanatoria delle parziali difformità edilizie risalenti nel tempo. In particolare, l’art. 2 consentiva la regolarizzazione amministrativa mediante presentazione di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) e previo pagamento di sanzione pecuniaria delle opere edilizie provviste di titolo edilizio abilitativo o di certificato di abitabilità od agibilità, eseguite in parziale difformità dai titoli edilizi rilasciati o dai progetti approvati prima dell’entrata in vigore della L. 28/01/1977, n. 10, comportanti tra l'altro un aumento fino a un quinto del volume dell’edificio e comunque in misura non superiore a 90 metri cubi; ovvero un aumento fino a un quinto della superficie dell’edificio e comunque in misura non superiore a 30 metri quadrati.

Tali disposizioni, secondo il ricorrente, violerebbero i limiti di competenza Stato/Regioni in quanto stabiliscono:
1. delle ipotesi nelle quali, al di fuori di quanto previsto dalla normativa nazionale, è possibile sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria (art. 31 e 33, D.P.R. 380/2001);
2. deroghe ai limiti di tolleranza fissati dall’art. 34, comma 2-ter, Testo unico edilizia (vedi ora art. 34-bis, D.P.R. 380/2001);
3. una sanatoria degli abusi edilizi senza il rispetto del requisito della “doppia conformità” di cui agli artt. 36 e 37, D.P.R. 380/2001.

In sostanza, secondo la tesi del ricorrente, il meccanismo di regolarizzazione degli abusi edilizi consentito dalle suddette norme regionali introdurrebbe una nuova ipotesi di sanatoria, il cui perimetro applicativo è più ampio di quello stabilito dalle norme statali in materia.

SANATORIA EDILIZIA, COMPETENZA STATO/REGIONI - La Corte Costituzionale ha ritenuto fondata la questione, evidenziando la diversità della sanatoria introdotta dalla Regione Veneto rispetto all’istituto a carattere generale del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36, D.P.R. 380/2001. La sanatoria prevista dalle norme regionali in discorso consente infatti, in contrasto con le norme del TU edilizia, la sostituzione del titolo stabilito originariamente dal legislatore statale con la presentazione di una SCIA, senza alcun obbligo di ripristino dello status quo ante e con il solo pagamento di una sanzione pecuniaria.

Sul punto è stato chiarito che in tema di condono edilizio spettano alla legislazione statale (e non quindi alle Regioni), oltre ai profili penalistici (integralmente sottratti al legislatore regionale), le scelte di principio, in particolare quelle relative all’an, al quando e al quantum, ossia la decisione sul se disporre un titolo abilitativo edilizio straordinario, quella relativa all’ambito temporale di efficacia della sanatoria e infine l’individuazione delle volumetrie massime condonabili. Solo nel rispetto di tali scelte di principio, competono poi alla legislazione regionale l’articolazione e la specificazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale.

Inderogabilità del requisito della doppia conformità - Inoltre costituisce principio fondamentale della materia governo del territorio la verifica della cosiddetta “doppia conformità” di cui al menzionato art. 36, D.P.R. 380/2001, in base al quale il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. Si tratta, infatti, di un adempimento finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità.

Anche nei casi in cui l’attività sia subordinata alla presentazione di SCIA, la normativa statale di principio impone il duplice accertamento di conformità, e ciò sia per l’ipotesi in cui la segnalazione riguardi opere già compiute dal soggetto interessato, sia per l’ipotesi di opere in corso di esecuzione (art. 37, commi 4 e 5, D.P.R. 380/2001): anche in relazione a tutti gli interventi oggetto di SCIA in sanatoria, pertanto, dev’essere attestata la conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia al momento della realizzazione e a quello della successiva segnalazione.

Secondo la Corte, la presentazione della SCIA prevista dalla legge regionale del Veneto non si pone in linea con tale principio, in quanto con essa il soggetto interessato attesterebbe la conformità dell’opera alla normativa regionale sopravvenuta, in vigore al momento della segnalazione, ma non la conformità alla disciplina vigente al momento della realizzazione dell’intervento, la difformità dalla quale costituisce, anzi, il presupposto per l’avvio della procedura di regolarizzazione.

In conclusione la Corte, ritenendo le norme impugnate in contrasto con l’evocata normativa statale di principio, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della L.R. del Veneto 23/12/2019, n. 50 (e, in via conseguenziale, degli artt. da 3 a 6) e, in sostanza, dell’intera Legge regionale.

Dalla redazione