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09/03/2021

Risarcimento del danno per mancata aggiudicazione: chiarimenti del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato fornisce un utile riepilogo dei principi in materia di risarcimento del danno per mancata aggiudicazione, specificando i presupposti e i criteri di calcolo per la liquidazione.

Con la sentenza 03/03/2021, n. 1803, il Consiglio di Stato ha chiarito alcuni aspetti sul diritto di risarcimento del danno del secondo classificato qualora l’aggiudicazione in favore di altro operatore economico - primo in graduatoria - risulti illegittima.

RIMEDI IN CASO DI AGGIUDICAZIONE ILLEGITTIMA - Al riguardo i giudici hanno spiegato che nella materia dei contratti pubblici, l’illegittimità dell’azione amministrativa che si sia risolta nell’annullamento dell’aggiudicazione, prospetta, ai sensi dell’art. 124, D. Leg.vo 104/2010 (Codice del processo amministrativo), una articolata struttura rimediale rimessa alla domanda di parte.
In particolare, contestualmente alla impugnazione dei provvedimenti concernenti la procedura di affidamento (art. 119 e 120, D. Leg.vo 104/2010), è rimessa all’impresa pregiudicata l’opzione:
a) per una “tutela in forma specifica, a carattere integralmente satisfattorio, affidata alla domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto (art. 124, D. Leg.vo 104/2010, comma 1, prima parte), il cui accoglimento postula la “dichiarazione di inefficacia”, del contratto eventualmente già stipulato e richiede un apprezzamento di spettanza in termini di diritto al contratto, con la certezza che, in assenza del comportamento illegittimo serbato dalla stazione appaltante, il ricorrente si sarebbe senz’altro aggiudicato la commessa;
b) per un “risarcimento del danno per equivalente (art. 124, D. Leg.vo 104/2010, comma 1, seconda parte), e ciò sia nel caso in cui il giudice abbia riscontrato l’assenza dei presupposti per la tutela specifica, sia nel caso in cui la parte abbia ritenuto di non formalizzare la domanda di aggiudicazione (né si sia resa comunque disponibile a subentrare nel contratto, anche in corso di esecuzione).
A ciò va aggiunto che, sempreché il contratto non sia stato stipulato ovvero sia stato dichiarato inefficace, l’impossibilità di formulare un giudizio di spettanza non è preclusivo della tutela pur sempre specifica (peraltro, in tal caso, ad esito non garantito e, perciò, non immediatamente satisfattorio) che si risolve nella rinnovazione in via conformativa della gara, con conseguente riattivazione delle chances di aggiudicazione.

Ovviamente, l’opzione per il risarcimento per equivalente non ha alternative quando il contratto sia stato, in pendenza di lite, interamente eseguito, di tal che non ne è (più) postulabile, per definizione, la declaratoria di inefficacia.

PRESUPPOSTI E LIQUIDAZIONE - Ciò posto, in caso di annullamento dell’aggiudicazione impugnata e di certezza dell’aggiudicazione in favore del ricorrente, in relazione al danno da mancata aggiudicazione, il Consiglio di Stato ha ricordato che:
- la relativa imputazione opera in termini obiettivi, che prescindono dalla colpa della stazione appaltante, in quanto la responsabilità assume, in questa materia, una coloritura funzionale compensativo-surrogatoria a fronte della impossibilità di conseguire l’aggiudicazione del contratto;
- è onere del concorrente danneggiato offrire compiuta dimostrazione dei relativi presupposti, sia sul piano dell’an che sul piano del quantum;
non compete il ristoro del danno emergente, posto che i costi per la partecipazione alla gara sono destinati, di regola, a restare a carico del concorrente (il quale, perciò, può pretenderne il ristoro solo allorché lamenti, in chiave di responsabilità precontrattuale, di averli inutilmente sostenuti per essere stato coinvolto, in violazione delle regole di correttezza e buona fede, in una trattativa inutile), onde il cumulo con l’utile prospetticamente derivante, in caso di mancata aggiudicazione, dalla esecuzione della commessa darebbe vita ad un ingiustificato arricchimento;
spetta, per contro, il lucro cessante, che si identifica con il c.d. interesse positivo e che ricomprende: 1) il mancato profitto, cioè a dire l’utile che l’impresa avrebbe ricavato, in base alla formulata proposta negoziale ed alla propria struttura dei costi, dalla esecuzione del contratto; 2) il danno c.d. curriculare, derivante dall’impossibilità di arricchimento della propria storia professionale ed imprenditoriale, con conseguente potenziale perdita di competitività in relazione a future occasioni contrattuali;
- deve escludersi l’ancoraggio forfettario alla misura del 10% dell'importo a base d'asta: e ciò sia perché detto criterio esula storicamente dalla materia risarcitoria, non avendo fondamento la presunzione che la perdita sia, secondo un canone di normalità, ancorata alla ridetta percentuale, sia perché l’art. 124, D. Leg.vo 104/2010 va inteso nel senso della rigorosa incombenza, a carico del danneggiato, di un puntuale onere di allegazione e di dimostrazione, sicché il ricorso alla valutazione equitativa può essere riconosciuto solo in caso di impossibilità o di estrema difficoltà a fornire prova in relazione all'ammontare preciso del danno patito.

Ai fini della base di calcolo della percentuale per il mancato utile, non si può prendere a riferimento l'importo posto a base della gara, dovendo aversi riguardo al margine di utile effettivo, quale ricavabile dal ribasso offerto dall'impresa danneggiata. Inoltre, il valore del mancato utile può essere integralmente ristorato solo laddove il danneggiato possa dimostrare di non aver potuto utilizzare i mezzi o le maestranze in altri lavori; e ciò perché, in assenza di suddetta prova, in virtù della presunzione per cui chi partecipa alle gare non tiene ferme le proprie risorse ma le impiega in altri appalti, lavori o servizi, l'utile così calcolato andrà decurtato in una misura percentuale variabile che tenga, in concreto, conto della natura del contratto, del contesto operativo di riferimento, delle risorse nella ordinaria disponibilità del concorrente, della sua struttura dei costi, della sua storia professionale e del presumibile livello di operatività sul mercato, potendo, a tal fine, addivenirsi anche - nel caso di mancato assolvimento dell’onere dimostrativo ed in presenza di elementi indiziari che evidenzino l’impossibilità di ricorso cumulativo alle risorse strumentali - all’azzeramento del danno potenzialmente riconoscibile.

Anche il danno curriculare, ancorato alla perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare, deve essere oggetto di puntuale dimostrazione, sempre che non debba ritenersi che, trattandosi di impresa leader nel settore di riferimento, ciò renda la mancata aggiudicazione di un appalto non idonea, per definizione, ad incidere negativamente sulla futura possibilità di conseguire le commesse economicamente più appetibili e, più in generale, sul posizionamento dell'impresa nello specifico settore di mercato in cui è chiamata ad operare.

Infine, il complessivo importo riconosciuto va incrementato, trattandosi di debito di valore, della rivalutazione monetaria (a decorrere dalla data di stipula del contratto fino all’attualità), e degli interessi legali sulla somma di anno in anno rivalutata, fino all’effettivo soddisfacimento.

Dalla redazione