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24/11/2020

Condono edilizio per opere non ultimate: chiarimenti del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato fornisce chiarimenti in merito all’applicazione delle norme sul condono edilizio che consentono, a determinate condizioni, il completamento delle opere non ultimate.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 13/11/2020, n. 7006, si è pronunciato nell’ambito di una fattispecie in cui il ricorrente contestava il provvedimento con il quale era stata respinta la domanda di concessione edilizia per variazioni di prospetto e completamento di opere interne di un fabbricato già interessato da un precedente condono edilizio, ritenuto dal TAR privo di efficacia. Si trattava in particolare della realizzazione di tamponature e di tramezzature interne per le quali il ricorrente invocava l’applicazione dell’art. 43, comma 5, L. 47/1985 che consente, a determinate condizioni, la sanatoria per il completamento delle opere non ultimate.

NON CONDONABILITÀ DI OPERE PRIVE DI TAMPONATURE - In primo luogo il Consiglio ha precisato che non è condonabile un’opera in parte priva delle tamponature, ovverosia delle pareti laterali costituenti parte integrante della sua struttura. In proposito è stato infatti già affermato che in tema di condono, ai fini dell’ultimazione del fabbricato sono necessarie non solo le tamponature esterne, ma anche l’esistenza di una copertura che ha la funzione di definire le dimensioni dell'intervento realizzato, dal punto di vista della sagoma e del volume mentre, dal punto di vista costruttivo, ha lo scopo di rendere conto della compiutezza della realizzazione stessa. Pertanto il TAR non aveva errato nel ritenere privo di efficacia il condono precedentemente ottenuto.

CONDIZIONI PER LA SANATORIA DI OPERE NON ULTIMATE - Con riferimento all’applicabilità dell’art. 43, comma 5, L. 47/1985 - che consente la condonabilità delle opere non ultimate a causa di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali limitatamente alle strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità - è stato chiarito che tale disposizione si riferisce all’ipotesi in cui, contestualmente alla richiesta di sanatoria degli abusi commessi, l’interessato abbia necessità di completare funzionalmente le opere interrotte a causa di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali (ad esempio un sequestro o un ordine di sospensione), per tale evenienza legittimando una nozione di “ultimazione” degli abusi più elastica di quella adottata in via ordinaria.
Resta invece esclusa la possibilità che, dopo il rilascio della concessione in sanatoria, il beneficiario di quest’ultima possa vantare una pretesa al rilascio di un ulteriore titolo abilitativo per eseguire altri lavori non consentiti dalla normativa edilizia e urbanistica presentandoli come opere di completamento riconducibili al suddetto art. 43, comma 5, L. 47/1985 (richiamato anche dall'art. 32, comma 28, D.L. 269/2003), in quanto tale articolo può essere applicato ai soli lavori necessari per assicurare la funzionalità di quanto già costruito e non consente, invece, di integrare le opere con interventi edilizi che diano luogo di per sé a nuove strutture.

In sostanza, ai fini della sanatoria delle opere non ultimate, è necessario che:
- i lavori siano stati interrotti a causa di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali;
- gli interventi siano funzionali e accessori ai pregressi abusi;
- l’esigenza di ulteriori interventi emerga contestualmente alla richiesta di sanatoria.
Di contro, non è possibile:
- ottenere l’estensione del condono edilizio a nuove strutture diverse dalla costruzione originariamente condonata;
- “recuperare” l’assentibilità degli interventi attraverso l’invocazione ex post del meccanismo di cui all’art. 43, comma 5, L. 47/1985.

Da ultimo è opportuno sottolineare che, stante il richiamo contenuto nell’art. 32, comma 28, D.L. 269/2003 (conv. dalla L. 326/2003) alle disposizioni della L. 47/1985, i giudici hanno rinvenuto l’applicabilità di tali principi anche al c.d. terzo condono edilizio.

Dalla redazione