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06/10/2020

La veranda sul balcone necessita del permesso di costruire

La veranda che chiude il balcone determina una variazione planovolumetrica ed architettonica dell'immobile nel quale è realizzata e quindi è soggetta al previo rilascio di permesso di costruire.

Con la sentenza 15/09/2020, n. 5446, il Consiglio di Stato, pronunciandosi con riferimento ad una fattispecie in cui, tra l’altro, era stata realizzata una veranda a chiusura di un balcone, riepiloga alcuni interessanti principi sull’ordine di demolizione e sul concetto di pertinenza.

FATTISPECIE - In particolare, nel caso di specie, il Comune aveva accertato l’avvenuta realizzazione, senza titolo edilizio ed in violazione del vincolo paesaggistico, di:
- una veranda in alluminio anodizzato costituente la chiusura dell’esistente balcone dell’abitazione;
- la copertura della scala che dal balcone recava al cortile;
- la copertura della tettoia insistente su parte del cortile sita tra il muro di confine e l’aggetto del balcone.
Il Comune aveva ordinato la demolizione di tali opere, in quanto “eseguite in assenza di titolo abilitante e in dispregio al vincolo paesistico ambientale” e successivamente il ricorrente - che contestava l’insufficiente motivazione del provvedimento e sosteneva la natura pertinenziale delle opere realizzate - aveva proposto un’istanza per l’accertamento di conformità ex artt. 36 e 37 del D.P.R. 06/06/2001, n. 380.

ORDINE DI DEMOLIZIONE - Secondo il Consiglio di Stato l'ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è anche nel regime ex art. 31 del D.P.R. 380/2001 (ma che si pone, pur nelle differenze di dettaglio, in continuità con l’art. 15 della L. 10/1977 e l’art. 7 della L. 47/1985) un atto vincolato. Pertanto, tal provvedimento non richiede la specifica valutazione delle ragioni d’interesse pubblico, né la comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione specifica sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale all’applicazione della sanzione demolitoria (sul tema vedi C. Stato 26/05/2020, n. 3352; C. Stato 05/10/2018, n. 5733).

EFFETTI DELL’ISTANZA DI SANATORIA - La presentazione di un'istanza ex art. 36 del D.P.R. 380/2001 non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio dapprima emanato e, soprattutto, non determina la improcedibilità del ricorso proposto contro quest’ultimo, per sopravvenuta carenza d’interesse.

REALIZZAZIONE DI UNA VERANDA E CONCETTO DI PERTINENZA URBANISTICA - La veranda realizzata sulla balconata d’un appartamento determina una variazione planovolumetrica ed architettonica dell'immobile nel quale è realizzata e, quindi, è soggetta al previo rilascio di permesso di costruire. Si tratta, infatti, di strutture fissate in maniera stabile al pavimento che comportano la chiusura di tutto o parte del balcone, con conseguente aumento della volumetria e modifica del prospetto. Né rileva la natura dei materiali utilizzati, ché la chiusura, pur dove realizzata con pannelli in alluminio o altro materiale leggero, costituisce comunque un aumento volumetrico e, quindi, non può esser intesa quale “pertinenza” in senso urbanistico, poiché la veranda integra, infatti, un nuovo locale autonomamente utilizzabile, il quale viene ad aggregarsi a un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie (vedi anche C. Cass. pen. 20/08/2019, n. 36238).

Sul tema i giudici hanno richiamato l’orientamento secondo il quale nell'ambito edilizio il concetto di pertinenza ha un significato diverso rispetto alla nozione civilistica, poiché si fonda sull'assenza di autonoma destinazione del manufatto pertinenziale, sulla ridotta incidenza di essa sul carico urbanistico e sulla lieve modifica all'assetto del territorio. A differenza della nozione di pertinenza rinvenibile in diritto civile, ai fini edilizi il manufatto può esser considerato pertinenza quando è non solo preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale ed è funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche allorquando è sfornito di un autonomo valore di mercato e non determina un maggiore o aggiuntivo "carico urbanistico".
La qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile quindi soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali, ad esempio, i piccoli manufatti per contenere gli impianti tecnologici et similia, ma non anche ad opere che, dal punto di vista dimensionale e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, divenendone piuttosto un ampliamento e non potendo avere alcuna diversa utilizzazione economica (vedi C. Stato 05/06/2019, n. 3807; C. Stato 03/07/2019, n. 4553; C. Stato 29/03/2019, n. 2101; C. Stato 06/02/2019, n. 904).

UNITARIETÀ DELL’ABUSO - Infine il Consiglio di Stato ha confermato l’unità funzionale dell’abuso, sia pur costituito da tre opere tra loro fisicamente diverse, sulla base del consolidato orientamento secondo il quale l'opera abusiva va identificata con riferimento alla unitarietà dell'immobile di riferimento, ove essa sia stata realizzata in esecuzione di un disegno funzionale unitario, essendo irrilevante la partizione di essa in più elementi tra loro sì diversi, ma connessi.

Dalla redazione