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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Circ. Min. Infrastrutture e Trasp. 02/02/2009, n. 617
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[Premessa]Con decreto ministeriale 14 gennaio 2008, R pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio 2008, n. 29, sono state approvate le «Nuove norme tecniche per le costruzioni », testo normativo che raccoglie i |
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ALLEGATO |
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INTRODUZIONEIl Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008, recante “Norme Tecniche per le Costruzioni” (nel seguito indicate con NTC) raccoglie in forma unitaria le norme che disciplinano la progettazione, l’esecuzione ed il collaudo delle costruzioni al fine di garantire, per stabiliti livelli sicurezza, la pubblica incolumità. Il testo normativo, recependo le diverse osservazioni e suggerimenti di ordine tecnico pervenute dal mondo produttivo, scientifico e professionale, fornisce una serie di indicazioni inerenti le procedure di calcolo e di verifica delle strutture, nonché regole di progettazione ed esecuzione delle opere, in linea con i seguenti indirizzi: - mantenimento del criterio prestazionale, per quanto consentito dall’esigenza di operatività della norma stessa; - coerenza con gli indirizzi normativi a livello comunitario, sempre nel rispetto delle esigenze di sicurezza del Paese e, in particolare, coerenza di formato con gli Eurocodici, norme europee EN ormai ampiamente diffuse; - approfondimento degli aspetti normativi connessi alla presenza delle azioni sismiche; - approfondimento delle prescrizioni ed indicazioni relative ai rapporti delle opere con il terreno e, in generale, agli aspetti geotecnici; Le NTC risultano, quindi, così articolate: Premessa 1. Oggetto della norma 2. Sicurezza e prestazioni attese 3. Azioni sulle costruzioni 4. Costruzioni civili e industriali 5. Ponti |
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C2. SICUREZZA E PRESTAZIONI ATTESENel Cap.2 delle NTC sono illustrati i principi fondamentali alla base delle disposizioni applicative trattate nei capitoli successivi. L’impostazione scientifica e le modalità della trattazione sono state rese il più possibile coerenti con il formato degli Eurocodici, ai quali è possibile fare riferimento per gli eventuali approfondimenti necessari. Le norme precisano che la sicurezza e le prestazioni di una struttura o di una parte di essa devono essere valutate in relazione all’insieme degli stati limite che verosimilmente si possono verificare durante la vita normale. Prescrivono inoltre che debba essere assicurata una robustezza nei confronti di azioni eccezionali. C2.4.1 Vita nominale La Vita nominale (VN) di una costruzione, così come definita al § 2.4.1 delle NTC, è la durata alla quale deve farsi espresso riferimento in sede progettuale, con riferimento alla durabilità delle costruzioni, nel dimensionare le strutture ed i particolari costruttivi, nella scelta dei materiali e delle eventuali applicazioni e delle misure protettive per garantire il mantenimento della resistenza e della funzionalità. Nelle previsioni progettuali dunque, se le condizioni ambientali e d’uso sono rimaste nei limiti previsti, non prima della fine di detto periodo saranno necessari interventi di manutenzione straordinaria per ripristinare le capacità di durata della costruzione. L’effettiva durata della costruzione non è valutabile in sede progettuale, venendo a dipendere da eventi futuri fuori dal controllo del progettista. Di fatto, la grande maggioranza delle costruzioni ha avuto ed ha, anche attraverso successivi interventi di ripristino manutentivo, una durata effettiva molto maggiore della vita nominale quantificata nelle NTC. Con riferimento alla tabella 2.4.1 si evidenzia che, ai sensi e per gli effetti del Decreto del Capo Dipartimento della Protezione Civile n. 3685 del 21 ottobre 2003 il carattere strategico di un’opera o la sua rilevanza per le conseguenze di un eventuale collasso, sono definiti dalla classe d’uso. C2.4.2 Classi d’uso Per quanto riguarda le classi d’uso III e IV, definizioni più dettagliate sono contenute nel Decreto del Capo Dip |
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C2.7 VERIFICHE ALLE TENSIONI AMMISSIBILIIn generale le NTC impongono di adottare, per le verifiche, il metodo agli stati limite di cui al § 2.6; a tale imposizione sono ammesse alcune eccezioni finalizzate a consentire, nel caso di ridotta pericolosità sismica del sito e di costr |
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C3. AZIONI SULLE COSTRUZIONI |
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C3.1 OPERE CIVILI ED INDUSTRIALIC3.1.3 Carichi permanenti non strutturali |
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C3.2 AZIONE SISMICAIl § 3.2, inerente la definizione dell’azione sismica, presenta molte e significative novità. Vengono, infatti, utilizzate al meglio le possibilità offerte dalla definizione della pericolosità sismica italiana, recentemente prodotta e messa in rete dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). L’azione sismica è ora valutata in condizioni di campo libero su sito di riferimento rigido a superficie orizzontale, riferendosi non ad una zona sismica territorialmente coincidente con più entità amministrative, ad un’unica forma spettrale e ad un periodo di ritorno prefissato ed uguale per tutte le costruzioni, come avveniva in precedenza, bensì sito per sito e costruzione per costruzione. Tale approccio dovrebbe condurre in media, sull’intero territorio nazionale, ad una significativa ottimizzazione dei costi delle costruzioni antisismiche, a parità di sicurezza. La pericolosità sismica di un sito è descritta dalla probabilità che, in un fissato lasso di tempo, in detto sito si verifichi un evento sismico di entità almeno pari ad un valore prefissato. Nelle NTC, tale lasso di tempo, espresso in anni, è denominato “periodo di riferimento” VR e la probabilità è denominata “probabilità di eccedenza o di superamento nel periodo di riferimento” PVR. Ai fini della determinazione delle azioni sismiche di progetto nei modi previsti dalle NTC, la pericolosità sismica del territorio nazionale è definita convenzionalmente facendo riferimento ad un sito rigido (di categoria A) con superficie topografica orizzontale (di categoria T1), in condizioni di campo libero, cioè in assenza di manufatti. Negli sviluppi successivi il sito di riferimento sarà dunque caratterizzato da sottosuolo di categoria A e superficie topografica di categoria T1. Le caratteristiche del moto sismico atteso al sito di riferimento, per una fissata PVR, si ritengono individuate quando se ne conosca l’accelerazione massima ed il corrispondente spettro di risposta elastico in accelerazione. La possibilità di descrivere il terremoto in forma di accelerogrammi è ammessa, a condizione che essi siano compatibili con le predette caratteristiche del moto sismico. In particolare, i caratteri del moto sismico su sito di riferimento rigido orizzontale sono descritti dalla distribuzione sul territorio nazionale delle seguenti grandezze, sulla base delle quali sono compiutamente definite le forme spettrali per la generica PVR: ag = accelerazione massima al sito; Fo = valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale; T*C = periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione orizzontale. Il valore di ag è desunto direttamente dalla pericolosità di riferimento, attualmente fornita dallo INGV, mentre Fo e T*C sono calcolati in modo che gli spettri di risposta elastici in accelerazione, velocità e spostamento forniti dalle NTC approssimino al meglio i corrispondenti spettri di risposta elastici in accelerazione, velocità e spostamento derivanti dalla pericolosità di riferimento. I valori di ag, Fo e T*C sono riportati nell’Allegato B alle NTC; di essi si fornisce la rappresentazione in termini di andamento medio in funzione del periodo di ritorno TR, per l’intero territorio nazionale. (v. Figure C3.2.1 a,b,c). Si riportano inoltre, in corrispondenza di ciascun valore di TR, i relativi intervalli di confidenza al 95% valutati con riferimento ad una distribuzione log-normale, per fornire una misura della loro variabilità sul territorio (“variabilità spaziale”). Nel caso di costruzioni di notevoli dimensioni, va considerata l’azione sismica più sfavorevole calcolata sull’intero sito ove sorge la costruzione e, ove fosse necessario, la variabilità spaziale del moto di cui al § 3.2.5. Figura C3.2.1a - Variabilità di ag con TR: andamento medio sul territorio nazionale ed intervallo di confidenza al 95%. Figura C3.2.1b - Variabilità di Fo con TR: andamento medio sul territorio nazionale ed intervallo di confidenza al 95%. Figura C3.2.1c -Variabilità di T*C con TR: andamento medio sul territorio nazionale ed intervallo di confidenza al 95%. C3.2.1 Stati limite e relative probabilità di superamento In un quadro operativo finalizzato a sfruttare al meglio la puntuale definizione della pericolosità di cui si dispone, si è ritenuto utile consentire, quando opportuno, il riferimento a 4 stati limite per l’azione sismica. Si sono dunque portati a due gli Stati Limite di Esercizio (SLE), facendo precedere lo Stato Limite di Danno (SLD) - ridefinito come stato limite da rispettare per garantire inagibilità solo temporanee nelle condizioni postsismiche - dallo Stato Limite di immediata Operatività (SLO), particolarmente utile come riferimento progettuale per le opere che debbono restare operative durante e subito dopo il terremoto (ospedali, caserme, centri della protezione civile, etc.), in tal modo articolando meglio le prestazioni della struttura in termini di esercizio. In modo analogo, si sono portati a due gli Stati Limite Ultimi (SLU) facendo seguire allo Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV), individuato definendo puntualmente lo stato limite ultimo lo Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC), particolarmente utile come riferimento progettuale per alcune tipologie strutturali (strutture con isolamento e dissipazione di energia) e, più in generale, nel quadro complessivo della progettazione antisismica. I quattro stati limite così definiti, consentono di individuare quattro situazioni diverse che, al crescere progressivo dell’azione sismica, ed al conseguente progressivo superamento dei quattro stati limite ordinati per azione sismica crescente (SLO, SLD, SLV, SLC), fanno corrispondere una progressiva crescita del danneggiamento all’insieme di struttura, elementi non strutturali ed impianti, per individuare così univocamente ed in modo quasi “continuo” le caratteristiche prestazionali richieste alla generica costruzione. Ai quattro stati limite sono stati attribuiti (v. Tabella3.2.I delle NTC) valori della probabilità di superamento PVR pari rispettivamente a 81%, 63%, 10% e 5%, valori che restano immutati quale che sia la classe d’uso della costruzione considerata; tali probabilità, valutate nel periodo di riferimento VR proprio della costruzione considerata, consentono di individuare, per ciascuno stato limite, l’azione sismica di progetto corrispondente. Viene preliminarmente valutato il periodo di riferimento VR della costruzione (espresso in anni), ottenuto come prodotto tra la vita nominale VN fissata all’atto della progettazione ed il coefficiente d’uso CU che compete alla classe d’uso nella quale la costruzione ricade (v. § 2.4 delle NTC). Si ricava poi, per ciascuno stato limite e relativa probabilità di eccedenza PVR nel periodo di riferimento VR, il periodo di ritorno TR del sisma. Si utilizza a tal fine la relazione: |
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C3.3 AZIONI DEL VENTOC3.3.2 Velocità di riferimento In mancanza di indagini statistiche adeguate, la velocità di riferimento del vento vb(TR) riferita ad un generico periodo di ritorno TR può essere valutata, nel campo compreso tra 10 e 500 anni, con l’espressione vb(TR) = αR vb (C3.3.1) dove: vb è la velocità di riferimento del vento associata a un periodo di ritorno di 50 anni; αR è un coefficiente fornito dalla figura C3.3.1, alla quale corrisponde l’espressione: (C3.3.2) dove TR è espresso in anni. Per valori più elevati di TR si ricorrerà ad indagini specifiche o a documentazione di comprovata affidabilità. Figura C3.3.1 - Valori del coefficiente αR in funzione del periodo di ritorno TR C3.3.10 Coefficiente di forma (o aerodinamico) In assenza di valutazioni più precise, suffragate da opportuna documentazione o prove sperimentali in galleria del vento, per il coefficiente di forma si assumono i valori riportati ai punti seguenti, con l’avvertenza che si intendono positive le pressioni dirette verso l’interno delle costruzioni. C3.3.10.1 Edifici a pianta rettangolare con coperture piane, a falde, inclinate, curve Per la valutazione della pressione esterna si assumerà (vedere figura C3.3.2 ed esprimere α in gradi): - per elementi sopravento (cioè direttamente investiti dal vento), con inclinazione sull’orizzontale α ≥ 60°, cpe = + 0,8 - per elementi sopravento, con inclinazione sull’orizzontale 20° < α < 60°, cpe = +0,03α - 1 - per elementi sopravento, con inclinazione sull’orizzontale 0° ≤ α ≤ 20° e per elementi sottovento (intendendo come tali quelli non direttamente investiti dal vento o quelli investiti da vento radente) cpe = - 0,4 Figura C3.3.2 Valori assunti da cpe al variare di α Per la valutazione della pressione interna si assumerà (vedere figura C3.3.3 e scegliere il segno che dà luogo alla combinazione più sfavorevole): - per costruzioni che hanno (o possono anche avere in condizioni eccezionali) una parete con aperture di superficie minore di 1/3 di quella totale: cpi = ± 0,2 |
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C3.4 AZIONI DELLA NEVEC3.4.5 Carico neve sulle coperture Nel § 3.4.5 delle NTC sono indicati i coefficienti di forma per le coperture ad una e a due falde (§§ 3.4.5.1 e 3.4.5.2); qui di seguito sono riportati i coefficienti di forma per le seguenti tipologie di copertura, sia per il carico da neve depositata in assenza di vento che in presenza di vento: - coperture a più falde; - coperture cilindriche; - coperture adiacenti e vicine a costruzioni più alte. Vengono, poi, fornite indicazioni riguardo agli effetti locali, che si generano in presenza di: - sporgenze; - neve aggettante rispetto al bordo della copertura; - barriere paraneve. C3.4.5.1 Coefficiente di forma per le coperture La figura C3.4.1 illustra i valori dei coefficienti di forma per le tipologie di copertura ad una, a due o a più falde, al variare dell’angolo α di inclinazione della falda sull’orizzontale espresso in gradi sessagesimali. Gli stessi valori sono riportati nella tabella C3.4.I. Figura C3.4.1: Coefficienti di forma per il carico neve Tabella C3.4.I Coefficienti di forma per il carico neve
C3.4.5.4 Coperture a più falde Per il caso di ne |
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C3.6 AZIONI ECCEZIONALILe Azioni eccezionali, che solo in taluni casi vanno considerate nella progettazione, si ritiene debbano essere opportunamente conosciute al fine di garantire la robustezza strutturale richiesta dalla NTC. Le azioni eccezionali sono quelle che si presentano in occasione di eventi quali incendi, esplosioni ed urti. La concezione strutturale, i dettagli costruttivi ed i materiali usati dovranno essere tali da evitare che la struttura possa essere danneggiata in misura sproporzionata rispetto alla causa. Nel caso in cui si eseguano specifiche verifiche nei confronti delle azioni eccezionali si considererà la combinazione eccezionale di azioni di cui al §2.5.3. |
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C4. COSTRUZIONI CIVILI E INDUSTRIALINel Cap. 4 le NTC definiscono, per i diversi materiali considerati, le caratteristiche loro richieste, i relativi metodi di analisi, le verifiche, sia locali che globali, che occorre effettuare per accertare il rispetto dei diversi stati limite fissati dalla norma, le indicazioni sui particolari costruttivi e sulle modalità esecutive, le specifiche relative alla resistenza al fuoco ed ai carichi eccezionali. |
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C4.1 COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZOPartendo dal materiale calcestruzzo, nel considerare tutte le classi di resistenza contemplate nell’Eurocodice 2, sono state inserite le classi C28/35 C32/40, di sicura importanza in Italia, prevedendo l’uso di calcestruzzi fino alla classe C90/105. Per le Classi di resistenza comprese fra C70/85 e C90/105 deve essere richiesta l’autorizzazione ministeriale mediante le procedure già stabilite per altri materiali “innovativi”. Il coefficiente parziale di sicurezza per il calcestruzzo γc è stato fissato pari a 1,5, in accordo con l’Eurocodice 2; il coefficiente αcc è stato, invece, fissato pari a 0,85, non avendo ritenuto opportuno l’adeguamento al valore proposto dall’Eurocodice 2. In relazione ai materiali ed ai coefficienti di sicurezza si è stabilito di non penalizzare le tecnologie innovative, accettando ad esempio l’utilizzazione dei calcestruzzi ad alta resistenza, ma mantenendo prudenza sui coefficienti di sicurezza. Vengono definiti i legami costitutivi parabola-rettangolo, elasto-plastico e stress block per il calcestruzzo e vengono forniti i valori limiti per le deformazioni, che coincidono con quelli tradizionali per i cls di classe fino a C50/60, mentre sono opportunamente ridotti per i calcestruzzi ad elevata resistenza. Viene fornito il coefficiente parziale di sicurezza per l’acciaio da armatura γs posto, per tutti i tipi, pari a 1,15. Vengono definiti i legami costitutivi per l’acciaio; è previsto l’utilizzo tanto di un legame elastico indefinitamente plastico quanto di un legame elastico incrudente. Nel primo caso non vi è più la limitazione al 10 ‰, con drastica semplificazione nei calcoli senza peraltro introdurre significative variazioni di sicurezza. Nel secondo caso si può utilizzare il rapporto ft/fy, oggi controllato su base statistica e dunque sufficientemente garantito. C4.1.1 Valutazione della sicurezza e metodi di analisi C4.1.1.1 Analisi elastica lineare Con riferimento all’analisi elastica lineare con ridistribuzione dei momenti prevista al §4.1.1.1 delle NTC, nel seguito si forniscono alcune precisazioni integrative. Cautelativamente, le NTC proibiscono la ridistribuzione dei momenti nei pilastri e nei nodi, consentendola solo nelle travi continue (sia appartenenti che non appartenenti a telai) e nelle solette, a condizione che le sollecitazioni di flessione siano prevalenti ed i rapporti tra le luci di campate contigue siano compresi nell’intervallo 0,5-2,0. Nel seguito, per semplicità, si farà riferimento alle sole travi, restando inteso che le relative considerazioni sono immediatamente estendibili alle solette. La ridistribuzione dei momenti flettenti garantisce l’equilibrio sia globale che locale della struttura ma prefigura possibili plasticizzazioni nelle zone di estremità delle travi; occorre dunque accompagnare la ridistribuzione con una verifica di duttilità. Tale verifica, peraltro, può essere omessa se si rispettano le limitazioni sulla entità delle ridistribuzioni fornite dalle NTC, meglio precisate nel seguito. In effetti, la ridistribuzione dei momenti flettenti può effettuarsi senza esplicite verifiche in merito alla duttilità delle membrature, purché il rapporto δ tra il momento dopo la ridistribuzione ed il momento prima della ridistribuzione Mi,j soddisfi le relazioni (C4.1.1 e 4.1.1 NTC) (C4.1.2 e 4.1.2 NTC) dove d è l’altezza utile della sezione, x è l’altezza della zona compressa e εcu è la deformazione ultima del calcestruzzo, data al §4.1.2.1.2.2 delle NTC. Il limite δ ≥ 0,70 ha lo scopo di evitare che un eccesso di ridistribuzione possa indurre plasticizzazione allo Stato Limite di Esercizio nelle sezioni in cui si riduce il momento resistente, contenendo così le richieste di duttilità nelle situazioni sismiche. Di conseguenza, ad ogni nodo, l’aliquota dei momenti da ridistribuire, ΔM, non può eccedere il 30% del minore tra i due momenti d’estremità concorrenti al nodo, nel caso di momenti di verso opposto. Nel caso di momenti equiversi, il rapporto δ va riferito inevitabilmente al momento che viene ridotto in valore assoluto. La ridistribuzione dei momenti permette una progettazione strutturale più economica ed efficiente, riducendo in valore assoluto i momenti massimi di calcolo, solitamente localizzati nelle zone di momento negativo, e compensando questa diminuzione con l’aumento dei momenti nelle zone meno sollecitate. Ciò consente di: - progettare travi aventi resistenza massima a flessione minore di quella richiesta dall’analisi elastica, grazie ad una più uniforme distribuzione delle resistenze lungo il loro sviluppo; - utilizzare meglio la resistenza minima a flessione delle sezioni, dovuta al rispetto delle limitazioni costruttive imposte dalle NTC, quando essa ecceda significativamente le sollecitazioni derivanti dall’analisi elastica. Il requisito essenziale per effettuare la ridistribuzione è che il diagramma dei momenti risulti staticamente ammissibile una volta effettuata la ridistribuzione. Il diagramma è staticamente ammissibile se è equilibrato e se soddisfa in ogni sezione la condizione (C4.1.3) dove è il valore di progetto del momento dopo la ridistribuzione e MRd è il momento resistente di progetto. C4.1.1.1.1 Ridistribuzione nelle travi continue Nel caso di una trave continua (Figura C4.1.1), i momenti M1 e M2 delle sezioni più sollecitate (in corrispondenza degli appoggi) possono venire ridotti ai valori M’1 e M’2, nel rispetto dei limiti M’1≥δ M1 e M’2 ≥ δ M2. Il diagramma del momento flettente sortito dall’analisi elastica lineare della trave continua in esame, rappresentato dalla curva a tratto continuo della Figura C4.1.1, va traslato di conseguenza nel rispetto dell’equilibrio con il carico p applicato, come indicato dalla curva a tratteggio di Figura C4.1.1. Figura C4.1.1 Ridistribuzione dei momenti per travi continue C4.1.1.1.2 Ridistribuzione nelle travi continue dei telai Nei telai i momenti trasmessi dai pilastri ai nodi, non essendo ammessa per tali elementi la ridistribuzione, sono quelli desunti dall’analisi elastica. Poiché tali momenti debbono essere in equilibrio con quelli trasmessi allo stesso nodo dalle travi, la ridistribuzione si effettua applicando all’estremità delle travi convergenti nel nodo momenti flettenti di segno opposto ed uguale intensità, lasciando immutato il regime di sollecitazione nei pilastri. Operativamente, si possono evidenziare due possibili situazioni a seconda che i momenti trasmessi al nodo dalle travi in esso convergenti (momenti d’estremità) abbiano verso discorde (Figura C4.1.2) o concorde (Figura C4.1.3). Figura C4.1.2 Diagramma delle sollecitazioni e schema dei momenti trasmessi al nodo con momenti d’estremità discordi Figura C4.1.3 Diagramma delle sollecitazioni e schema dei momenti trasmessi al nodo con momenti d’estremità concordi Il soddisfacimento dell’equilibrio impone che, nel caso in cui in cui momenti d’estremità delle travi abbiano verso discorde, essi siano entrambi ridotti di ΔM (Figura C4.1.4) e che, in caso contrario, il momento d’estremità della trave di sinistra sia ridotto di ΔM e quello della trave destra sia aumentato della stessa quantità ΔM (Figura C4.1.5). Figura C4.1.4 Momenti d’estremità di verso opposto: ridistribuzione del momento nelle travi Figura C4.1.5 Momenti d’estremità di verso concorde: ridistribuzione del momento nelle travi I diagrammi dei momenti ottenuti a seguito della ridistribuzione, per le due diverse situazioni in precedenza prefigurate, sono rappresentati in Figura C4.1.6. Figura C4.1.6 Diagrammi dei momenti a seguito della ridistribuzione dei momenti nelle travi Come già detto, affinché la ridistribuzione sia consentita, il diagramma dei momenti flettenti su ciascuna trave ottenuto per effetto della ridistribuzione deve essere staticamente ammissibile. C4.1.2 Verifiche agli stati limite C4.1.2.1 Verifiche agli stati limite ultimi C4.1.2.1.1.4 Tensione tangenziale di aderenza acciaio-calcestruzzo Con riferimento all’ultimo capoverso del § 4.1.2.1.1.4, ai fini del calcolo della resistenza di aderenza può farsi riferimento alle norme UNI EN 1992-1-1. C4.1.2.1.2 Resistenza a sforzo normale e flessione (elementi monodimensionali) C4.1.2.1.2.4 Analisi della sezione Con riferimento alla verifica di resistenza dei pilastri in c.a. soggetti a sola compressione assiale, la prescrizione circa l’eccentricità minima dell’azione assiale da tenere in conto può essere implicitamente soddisfatta valutando NRd con la formula NRd = 0,8 Ac fcd + As,tot fyd (C4.1.4) con Ac area del calcestruzzo e As,tot area totale d’armatura. C4.1.2.1.5 Resistenza di elementi tozzi, nelle zone diffusive e nei nodi Con riferimento ai modelli fatti di tiranti e puntoni descritti al §4.1.2.1.5 delle NTC, nel seguito si riporta un esempio di applicazione di detto metodo di verifica con riferimento al caso della mensola tozza di Figura C4.1.7. In questo caso il meccanismo resistente è costituito da un tirante orizzontale superiore, corrispondente all’armatura tesa, e da un puntone di calcestruzzo inclinato di ψ, che riporta il carico PEd entro il bordo del pilastro. Con le dimensioni geometriche indicate nella Figura C4.1.7, attraverso l’equilibrio del nodo caricato si ottiene la portanza della mensola in termini di resistenza dell’armatura: (C4.1.5) con λ=ctgψ≅l/(0,9d). Per la verifica dovrà risultare PR ≥ PEd (C4.1.6) Dovrà inoltre risultare una resistenza PRc del puntone di calcestruzzo non minore di quella correlata all’armatura con (C4.1.7) con c=1 per sbalzi di piastre non provvisti di staffatura e c=1,5 per sbalzi di travi provvisti di staffatura. Figura C4.1.7 Esempi di modello a puntoni e tiranti con tirante orizzontale per mensole tozze A quello sopra presentato può aggiungersi un secondo meccanismo funzionante in parallelo, costituito da un tirante inclinato ed un puntone inferiore come rappresentato in Figura C4.1.8. Figura C4.1.8 Esempi di modello a puntoni e tiranti con tirante obliquo per mensole tozze |
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C4.2 COSTRUZIONI DI ACCIAIOÈ stata introdotta una classificazione delle sezioni in termini di resistenza e capacità di rotazione, conforme all’Eurocodice 3, cosicché l’individuazione dei metodi di analisi strutturale e dei criteri di verifica applicabili risulta fortemente semplificata. Particolarmente innovativa è la possibilità di impiegare, per l’analisi globale delle strutture, oltre al classico metodo elastico, anche il metodo plastico, il metodo elastico con ridistribuzione o il metodo elastoplastico, purché siano soddisfatte certe condizioni. Le unioni chiodate, bullonate, ad attrito con bulloni AR, saldate a piena penetrazione e saldate a cordoni d’angolo o a parziale penetrazione sono trattate diffusamente; novità sostanziale è la possibilità di verificare le saldature a cordoni d’angolo o a parziale penetrazione sia mediante il classico approccio nazionale che considera la sezione di gola del cordone ribaltata sui lati del cordone stesso, sia mediante l’approccio dell’Eurocodice 3, che considera la sezione di gola nell’effettiva posizione. Le suddette regole generali di progettazione ed esecuzione per le Costruzioni in acciaio sono poi opportunamente integrate, nel §7.5 delle NTC, per l’impiego in zona sismica. C4.2.1 Materiali Per quanto attiene le costruzioni di acciaio si segnala che la gamma degli acciai da carpenteria laminati a caldo e formati a freddo normalmente impiegabili è stata estesa dall’acciaio S235 fino all’acciaio S460. C4.2.2 Valutazione della sicurezza Alcune problematiche specifiche, quali l’instabilità, la fatica e la fragilità alle basse temperature sono trattate nelle NTC in termini generali, approfondendo soltanto gli aspetti applicativi maggiormente ricorrenti e rimandando, per questioni di dettaglio o molto specialistiche, a normative di comprovata validità. C4.2.3 Analisi strutturale Nell’analisi strutturale si devono considerare, se rilevanti, tutti gli effetti che possono influenzare la resistenza e/o la rigidezza della struttura e il suo comportamento, quali, ad esempio, imperfezioni, effetti del secondo ordine, fenomeni d’instabilità locale, effetti di trascinamento da taglio. C4.2.3.1 Classificazione delle sezioni La classificazione delle sezioni ricorrenti è riportata nel §4.2.3.1 delle NTC (Tabella 4.2.I). Scopo della classificazione delle sezioni in acciaio è quello di quantificare l’influenza dei fenomeni di instabilità locale sulla resistenza e sulla capacità deformativa delle sezioni in acciaio. Le tabelle 4.2.I÷III delle NTC forniscono indicazioni per definire se una sezione appartiene alle classi 1, 2 o 3; il metodo di classificazione proposto dipende dal rapporto tra la larghezza e lo spessore delle parti della sezione soggette a compressione, per cui nel procedimento di classificazione devono essere considerate tutte quelle parti completamente o parzialmente compresse. La sezione è in genere classificata secondo la classe più sfavorevole delle sue parti compresse. In alternativa, è possibile procedere ad una classificazione separata delle flange e dell’anima della sezione, limitando localmente, all’interno della sezione, le capacità plastiche delle singole parti. Le sezioni che non soddisfano i requisiti imposti per la classe 3 sono di classe 4. Oltre che mediante il procedimento semplificato proposto nelle tabelle 4.2.I÷III delle NTC, è possibile classificare una sezione strutturale anche tramite la determinazione della sua capacità rotazionale e quindi delle sue proprietà plastiche complessive, facendo riferimento a metodologie di calcolo di riconosciuta validità. Ad eccezione delle verifiche di stabilità, che devono essere condotte con stretto riferimento alla classificazione della Tabella 4.2.I delle NTC, una parte di sezione di classe 4 può essere trattata come una parte di sezione di classe 3 se è caratterizzata da un rapporto larghezza/spessore entro il limite previsto per la classe 3, incrementato di , (C4.2.1) essendo σc,Ed la massima tensione di compressione indotta nella parte considerata dalle azioni di progetto. Il calcolo delle sezioni di classe 4 può essere effettuato in riferimento alle metodologie di calcolo descritte nei successivi §§C4.2.5 e C4.2.6. C4.2.3.3 Metodi di analisi globale I metodi di analisi globale sono indicati al §4.2.3.3 delle NTC. I metodi di analisi globale elastico (E) o elastoplastico (EP) possono essere utilizzati per sezioni di classe qualsiasi, come indicato nella Tabella C4.2.IV delle NTC. Il metodo di analisi globale plastico (P) può essere impiegato se sono soddisfatte alcune condizioni, in particolare se si possono escludere fenomeni di instabilità e se le sezioni in cui sono localizzate le cerniere plastiche, in cui, cioè, il momento flettente è uguale a (C4.2.2) hanno sufficiente capacità di rotazione. Nella (C4.2.2) Wpl è il modulo plastico della sezione, fyk è la tensione di snervamento caratteristica e γM0=1,05 (v. Tabella 4.2.V delle NTC). Le porzioni di trave in corrispondenza ed in prossimità delle cerniere plastiche devono essere assicurate nei confronti dei fenomeni di instabilità flesso-torsionale e dell’equilibrio in generale, disponendo, se necessario, appositi ritegni torsionali e controllando la classificazione della sezione trasversale del profilo lungo tale porzione. In tal modo é possibile garantire la capacità rotazionale in tutte le sezioni in cui si possano formare delle cerniere plastiche sotto i carichi di progetto. Se la cerniera è localizzata in una membratura, la sezione della membratura deve essere simmetrica rispetto al piano di sollecitazione; se la cerniera è localizzata in una giunzione, la giunzione deve avere una capacità di rotazione, valutata secondo metodologie di riconosciuta validità, maggiore di quella richiesta. Nel caso in cui la cerniera plastica si sviluppi all’interno della membratura, la giunzione deve essere comunque dotata di un livello di sovraresistenza tale da evitare che la cerniera plastica possa interessare la giunzione. In assenza di più accurate determinazioni, - in membrature a sezione costante, la capacità di rotazione richiesta si intende assicurata se la sezione in cui si forma la cerniera plastica è di classe 1 secondo il §4.2.3.1 delle NTC; inoltre, qualora nella sezione il rapporto tra il taglio di progetto e la resistenza plastica a taglio della sezione risulti maggiore di 0,1, si devono disporre irrigidimenti trasversali d’anima a distanza non superiore a 0,5 h dalla cerniera, essendo h l’altezza della trave; - in membrature a sezione variabile, la capacità di rotazione richiesta si intende assicurata se la sezione in cui si forma la cerniera plastica è di classe 1 per un tratto pari ad a*, a* = max (2d; L0,8Mp) (C4.2.3) da ciascun lato della cerniera, essendo d l’altezza netta dell’anima in corrispondenza della cerniera e L0,8Mp la distanza tra la cerniera in cui il momento flettente assume il valore plastico di calcolo, Mpl,Rd, e la sezione in cui il momento flettente vale 0,8 Mpl,Rd, e se, inoltre, risulta che lo spessore dell’anima si mantiene costante nell’intervallo [-2d, 2d] centrato sulla cerniera plastica, e che, contemporaneamente, al di fuori delle zone sopra menzionate, la piattabanda compressa è di classe 1 o 2 e l’anima non è di classe 4. Le zone tese indebolite dai fori, poste a distanza dalla cerniera plastica minore di a*, debbono comunque soddisfare il principio di gerarchia delle resistenze indicato al §4.2.4.1.2 delle NTC (C4.2.4) dove A è l’area lorda, Anet è l’area netta, ftk è la resistenza a rottura caratteristica e γM2=1,25. È ammesso il ricorso al metodo di analisi elastico con ridistribuzione purché l’entità dei momenti da ridistribuire sia non superiore a 0,15⋅Mpl,Rd, il diagramma dei momenti sia staticamente ammissibile, le sezioni delle membrature in cui si attua la ridistribuzione siano di classe 1 o 2 e siano esclusi fenomeni di instabilità. C4.2.3.4 Effetti delle deformazioni Nel §4.2.3.4 delle NTC si stabilisce che l’analisi globale della struttura può essere eseguita con la teoria del primo ordine quando il moltiplicatore dei carichi αcr che induce l’instabilità della struttura è maggiore o uguale a 10, se si esegue un’analisi elastica, o a 15, se si esegue un’analisi plastica. Il coefficiente αcr è il minimo fattore del quale devono essere incrementati i carichi applicati alla struttura per causare il primo fenomeno di instabilità elastica globale, ovvero che coinvolge l’intera struttura. Tali valori possono essere ottenuti da apposite analisi elastiche (o di “buckling”) condotte in genere utilizzando programmi di calcolo strutturale od apposite procedure numeriche. Una forte limitazione al calcolo del moltiplicatore dei carichi αcr con l’analisi plastica deriva dalla significativa influenza che le proprietà non-lineari dei materiali allo stato limite ultimo hanno sul comportamento di alcune tipologie strutturali (ad esempio telai in cui si formino delle cerniere plastiche con ridistribuzione del momento flettente, oppure strutture con un comportamento fortemente non-lineare quali telai con nodi semi-rigidi o strutture con stralli o tiranti). In tali casi l’analisi plastica deve seguire approcci risolutivi molto più accurati che nel caso elastico; inoltre il valore limite di 15 può considerarsi valido solo per tipologie strutturali largamente utilizzate nella pratica e di semplice organizzazione dello schema strutturale. Per strutture più complesse devono essere reperiti valori limite idonei in normative di comprovata validità. Nel caso di telai multipiano e nel caso di portali con falde poco inclinate, il moltiplicatore critico αcr può essere stimato mediante l’espressione (C4.2.5) in cui HEd è il valore di progetto del taglio alla base dei pilastri della stilata considerata (taglio di piano), VEd è il valore di progetto della forza normale alla base dei pilastri della stilata considerata, h è l’altezza d’interpiano e δ lo spostamento d’interpiano. Nel calcolo di HEd e di δ si devono considerare, oltre alle forze orizzontali esplicite, anche quelle fittizie dovute alle imperfezioni, calcolate come indicato al §C4.2.3.5. Figura C4.2.1 Configurazione deformata di strutture a telaio sotto azioni orizzontali e verticali L’applicazione della (C4.2.5) richiede che la forza normale di progetto NEd nelle travi sia poco significativa. In assenza di valutazioni più precise, questa condizione si intende soddisfatta se la snellezza adimensionale della trave, considerata incernierata alle estremità, soddisfa la condizione (C4.2.6) dove A è l’area della trave. C4.2.3.5 Effetti delle imperfezioni Nell’analisi strutturale le autotensioni, le tensioni residue ed i difetti geometrici, quali errori di verticalità, errori di rettilineità, disallineamenti, eccentricità accidentali dei giunti, possono essere considerati introducendo imperfezioni geometriche equivalenti globali o locali. Le imperfezioni globali equivalenti intervengono nell’analisi globale di strutture, in particolare telai e sistemi di controvento, mentre le imperfezioni locali si considerano per il calcolo di singoli elementi. Generalmente, la distribuzione delle imperfezioni può essere adottata coerente con quella corrispondente alla deformata critica relativa al modo instabile considerato. Per telai sensibili alle azioni orizzontali, indicata con h l’altezza totale del telaio, l’imperfezione globale, in termini di errore di verticalità (Figura C4.2.2), può essere assunta pari a φ = αhαmφ0 (C4.2.7) dove φ0 è il difetto di verticalità, φ0=h/200, e αh e αm sono due coefficienti riduttivi dati da (C4.2.8) essendo m il numero dei pilastri di una stilata soggetti ad uno sforzo assiale di progetto NEd non minore del 50% della forza normale media di progetto agente sui pilastri della stilata stessa. Figura C4.2.2 Imperfezioni globali equivalenti Per il calcolo degli effetti delle imperfezioni sugli orizzontamenti si può far riferimento agli schemi di figura C4.2.3, in cui h è l’altezza d’interpiano e φ il valore dell’imperfezione, calcolato con la (C4.2.7). Nell’analisi dei telai i difetti di verticalità possono essere trascurati quando HEd ≥ 0,15⋅VEd (C4.2.9) con HEd e VEd definiti al §C4.2.3.4. Figura C4.2.3 Effetti delle imperfezioni sugli orizzontamenti Nel calcolo gli effetti delle imperfezioni locali possono essere generalmente trascurati. Nelle analisi globali di telai sensibili agli effetti del secondo ordine, tuttavia, può essere necessario considerare anche i difetti di rettilineità delle aste compresse che abbiano un vincolo rotazionale ad almeno un estremo e la cui snellezza adimensionale , calcolata considerando l’asta incernierata ad entrambi gli estremi, sia (C4.2.10) Le imperfezioni locali dei singoli elementi possono essere rappresentate considerando i valori degli scostamenti massimi dalla configurazione iniziale e0/L, dove L è la lunghezza dell’elemento, dati in Tabella C4.2.I in funzione della curva d’instabilità (v. Tabella 4.2.VI delle NTC) e del tipo di analisi globale effettuata. Le imperfezioni globali possono essere sostituite con forze concentrate Fh, applicate a ciascun orizzontamento e in copertura, date da Fh = φ⋅NEd (C4.2.11) Le imperfezioni locali possono essere sostituite con forze distribuite qh equivalenti, applicate a ciascuna colonna, date da (C4.2.12) come indicato in figura C4.2.4. Nell’analisi di un sistema di controvento, le imperfezioni del sistema controventato possono essere tenute in conto considerando uno scostamento di quest’ultimo dalla configurazione iniziale di valor massimo e0 uguale a (C4.2.13) dove L è la luce del sistema di controvento e αm dipende dal numero m di elementi controventati, (C4.2.14) Tabella C4.2.I Valori massimi delle imperfezioni locali Figura C4.2.4 Sistemi di forze equivalenti alle imperfezioni Gli effetti delle imperfezioni sul sistema di controvento possono essere tenute in conto anche mediante un carico distribuito equivalente (C4.2.15) dove δq è la freccia massima del sistema di controvento dovuta a qd e ai carichi esterni, da considerarsi nulla se si effettua un’analisi del second’ordine, e NEd è la forza normale di compressione nel sistema o quella trasmessa dagli elementi controventati (Figura C4.2.5). Se il sistema di controventamento è preposto alla stabilizzazione laterale di un elemento inflesso di altezza h, la forza NEd, riportata nella (C4.2.15) e rappresentativa degli effetti prodotti dall’instabilità della piattabanda compressa dell’elemento inflesso sul controventamento, è data da (C4.2.16) dove MEd è il massimo momento flettente nell’elemento inflesso. Se l’elemento da stabilizzare è soggetto anche a compressione assiale, una quota di tale sollecitazione deve essere considerata per determinare NEd. Figura C4.2.5 Forze equivalenti in sistemi di controvento Le forze che piattabande o elementi compressi giuntati esercitano sul sistema di controvento, in corrispondenza del giunto, possono essere assunte uguali a (C4.2.17) essendo NEd la forza di compressione nella piattabanda o nell’elemento (Figura C4.2.6). Le imperfezioni locali non debbono essere considerate nelle verifiche di stabilità, poiché le formule di verifica nella presente sezione e adottate al §4.2 delle NTC le considerano implicitamente. Se, invece, la verifica della membratura è eseguita mediante un’apposita analisi del secondo ordine, si dovrà considerare un’imperfezione locale dell’asta, che potrà essere assunta uguale a e0 per l’instabilità a compressione e a 0,5⋅e0 per l’instabilità flessotorsionale, essendo e0 dato in Tabella C4.2.I. Figura C4.2.6 Forze equivalenti nelle giunzioni di elementi o piattabande compresse C4.2.3.6 Analisi di stabilità di strutture intelaiate Quando αcr è minore dei limiti ricordati al §C4.2.3.4, l’analisi strutturale deve tener conto delle deformazioni. Gli effetti del secondo ordine e le imperfezioni possono essere considerati nel calcolo con modalità diverse a seconda del tipo di struttura considerata e del tipo di analisi che può essere adottata. Il metodo più generale prevede di eseguire un’analisi globale non lineare completa, in cui si verificano contemporaneamente sia la stabilità globale della struttura, sia la stabilità locale dei singoli elementi. Una possibile semplificazione di questo metodo consiste nell’eseguire un’analisi non lineare globale della struttura per verificarne la stabilità globale e determinare le sollecitazioni negli elementi, da verificare individualmente. Nel caso in cui il modo instabile orizzontale sia predominante e risulti αcr≥3,0, l’analisi può essere semplificata. In questo caso, infatti, si può eseguire un’analisi globale lineare, considerando, per le verifiche degli elementi, le sollecitazioni dovute agli spostamenti orizzontali adeguatamente amplificate mediante un coefficiente β>1,0. Per i telai multipiano, caratterizzati da distribuzioni di carichi verticali e orizzontali simili ad ogni piano e con distribuzione delle rigidezze orizzontali coerente con i tagli di piano, e per i portali il coefficiente di amplificazione delle sollecitazioni dovute alle azioni orizzontali può essere calcolato come (C4.2.18) dove il moltiplicatore critico αcr≥3,0 può essere calcolato mediante la (C4.2.5). C4.2.3.7 Lunghezza stabile della zona di cerniera di plastica La verifica nei confronti dell’instabilità torsionale del tratto di membratura compreso tra il ritegno laterale che vincola la cerniera plastica e il ritegno torsionale successivo può essere condotta, in assenza di valutazioni più accurate, controllando che la lunghezza del tratto in esame sia minore della lunghezza stabile Ls. Nel caso di travi a sezione costante aventi sezioni a I o a H, soggette a forza assiale poco significata (v. §C4.2.3.4) e a momento flettente variabile linearmente, caratterizzate da un rapporto tra altezza h e spessore della piattabanda tf, (C4.2.19) in cui
la lunghezza stabile può essere valutata, in via semplificata, come Ls = 35 ⋅ ε ⋅ iz per 0,625 ≤ ψ ≤1,0 Ls = (60-40⋅ψ) ⋅ ε ⋅ iz per -1≤ ψ < 0,625 (C4.2.20) essendo iz il raggio d’inerzia della piattabanda relativo all’asse dell’anima e ψ il rapporto tra i momenti flettenti alle estremità del segmento considerato, MEd,min e Mpl,Rd,
C4.2.4 Verifiche C4.2.4.1.3 Stabilità delle membrature C4.2.4.1.3.1 Stabilità di aste compresse composte Aste compresse composte a sezione costante realizzate da due elementi (correnti) collegati tra loro con calastrelli o tralicci possono essere verificate con il metodo qui proposto, a condizione che i campi individuati dai calastrelli o dalle aste di parete del traliccio siano uguali e non meno di tre. I correnti dell’asta composta possono essere a parete piena (Figura C4.2.7) oppure calastrellati o tralicciati a loro volta. Nel caso di correnti a pareti piena le tralicciature delle facce opposte devono corrispondersi ed essere sovrapponibili per traslazione, in caso contrario debbono essere considerati anche gli effetti torsionali sui correnti. Figura C4.2.7 - Aste composte costituite da due correnti uguali Nel seguito si fa riferimento ad aste di lunghezza L, incernierate agli estremi nel piano della calastrellatura o della tralicciatura, equiparando la deformabilità della calastrellatura o della tralicciatura alla deformabilità a taglio di un’asta a parete piena equivalente. Per condizioni di vincolo diverse la trattazione può essere convenientemente adattata. Le imperfezioni di montaggio possono essere schematizzate considerando un difetto di rettilineità (C4.2.21) Oltre alle verifiche di stabilità dell’asta composta si devono eseguire anche le verifiche di stabilità e resistenza dei correnti e delle aste di parete, come specificato nel seguito. Per configurazioni più complesse, non trattate nel presente documento, si può far riferimento a procedimenti di comprovata validità. C4.2.4.1.3.1.1 Calcolo della forza normale di progetto agente in un corrente Per un elemento costituito da due correnti a parete piena, la forza normale di progetto nei correnti può essere ricavata da (C4.2.22) dove NEd è la forza normale di progetto dell’asta composta; h0 è la distanza tra i baricentri dei correnti; AC è l’area della sezione di ciascun corrente; Jeff è il momento di inerzia efficace della sezione dell’elemento composto; MEd è il momento di progetto dato da (C4.2.23) in cui è il carico critico euleriano dell’asta composta; è il valore del massimo momento flettente agente in mezzeria dell’asta composta; SV è la rigidezza a taglio equivalente della tralicciatura o della calastrellatura. C4.2.4.1.3.1.2 Calcolo della forza di taglio agente negli elementi di collegamento La verifica dei calastrelli e degli elementi di parete dei tralicci nei campi estremi può essere eseguita considerando la forza di taglio nell’asta composta (C4.2.24) Per i calastrelli si devono considerare anche il momento flettente e lo sforzo di taglio dovuto al funzionamento a telaio dell’elemento. C4.2.4.1.3.1.3 Verifiche di aste composte tralicciate Devono essere verificati nei riguardi dei fenomeni di instabilità sia i diagonali sia i correnti. La verifica si esegue controllando che (C4.2.25) Nel caso dei correnti, Nc,Ed è la forza normale di progetto calcolata con la (C4.2.22), mentre Nb,Rd è il carico critico, determinato in riferimento alla lunghezza di libera inflessione Lch del corrente. Per correnti ad anima piena si può assumere Lch=a (v. Figura C4.2.7), per correnti tralicciati Lch dipende dallo schema adottato ed è indicato in Figura C4.2.8. La rigidezza equivalente dell’asta composta tralicciata può essere assunta uguale a Jeff = 0,5⋅ h²0 ⋅AC (C4.2.26) mentre la rigidezza equivalente a taglio della tralicciatura, SV, può essere ricavata, in funzione dello schema di tralicciatura adottato, dalla Tabella C4.2.II. Figura C4.2.8 Lunghezza di libera inflessione dei correnti di aste tralicciate Tabella C4.2.II Rigidezza a taglio equivalenti di aste tralicciate o calastrellate
C4.2.4.1.3.1.4 Verifiche di aste composte calastrellate Nelle aste composte calastrellate le verifiche dei correnti e dei calastrelli possono essere condotte in riferimento alla distribuzione di forze e sollecitazioni indicata in Figura C4.2.9. Cautelativamente, nei correnti, lo sforzo di taglio massimo di progetto VEd può essere combinato con la forza normale massima di progetto NEd. La rigidezza a taglio equivalente SV della parete calastrellata è indicata in Tabella C4.2.II (schema (4)). Il momento di inerzia effettivo della sezione composta può essere ricavato da Jeff = 0,5⋅ h²0 ⋅AC + 2 ⋅μ ⋅ JC (C4.2.27) dove JC è il momento di inerzia della sezione del corrente e μ è un coefficiente di efficienza, uguale a 0 se la snellezza dell’asta composta λ è maggiore o uguale a 150, uguale a 1 se la snellezza è minore o uguale a 75 e uguale a (2-λ/75) se la snellezza è compresa tra 75 e 150. La snellezza λ dell’asta è definita come: (C4.2.28) Figura C4.2.9 Schema di calcolo semplificato per un’asta calastrellata C4.2.4.1.3.1.5 Sezioni composte da elementi ravvicinati collegati con calastrelli o imbottiture La verifica di aste composte costituite da due o quattro profilati, vedi Figura C4.2.10, posti ad un intervallo pari alle spessore delle piastre di attacco ai nodi e comunque ad una distanza non superiore a 3 volte il loro spessore e collegati con calastrelli o imbottiture, può essere condotta come per un’asta semplice, trascurando la deformabilità a taglio del collegamento, se gli interassi dei collegamenti soddisfano le limitazioni della tabella C4.2.III. Nel caso di angolari a lati disuguali, tipo (6) di Figura C4.2.10, l’instabilità dell’asta con inflessione intorno all’asse y di Figura C4.2.10 può essere verificata considerando un raggio d’inerzia (C4.2.29) dove i0 è il raggio d’inerzia minimo dell’asta composta. Figura C4.2.10 - Tipologie di aste composte costituite da elementi ravvicinati Tabella C4.2.III Disposizione delle imbottiture di connessione tra i profili
Nei casi in cui le aste non soddisfino le condizioni della Tabella C4.2.III è possibile determinare un’appropriata snellezza equivalente dell’asta ricorrendo a normative di comprovata validità. C4.2.4.1.3.2 Stabilità delle membrature inflesse Il coefficiente di snellezza adimensionale , di cui al §4.2.4.1.3.2 delle NTC, che consente di eseguire la verifica ad instabilità flesso-torsionale dipende dal valore del momento critico elastico di instabilità torsionale, Mcr, del profilo inflesso in esame. Tale valore può calcolarsi, per profili di qualunque geometria, utilizzando metodi numerici, quali ad esempio metodi agli elementi finiti oppure programmi di calcolo strutturale che consentano di eseguire analisi di “buckling”. In alternativa, per profili standard (sezioni doppiamente simmetriche ad I o H) il momento critico può calcolarsi con la seguente formula (C4.2.30) dove Lcr è la lunghezza di libera inflessione laterale, misurata tra due ritegni torsionali successivi, EJy è la rigidezza flessionale laterale del profilo (misurata in genere rispetto all’asse debole), GJT è la rigidezza torsionale del profilo mentre EJω è la rigidezza torsionale secondaria del profilo. Il coefficiente ψ tiene conto della distribuzione del momento flettente lungo la trave ed è dato dall’espressione (C4.2.31) in cui MA ed MB sono i momenti flettenti agenti alle estremità della trave, con |MB|<|MA|. C4.2.4.1.3.3 Membrature inflesse e compresse Oltre alle verifiche di resistenza, per elementi pressoinflessi devono essere eseguite, quando rilevanti, anche verifiche di instabilità a pressoflessione. In assenza di più accurate valutazioni, si possono impiegare, in alternativa, i metodi A e B riportati nel seguito, o anche altre metodi ricavati da normative di comprovata validità. |
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C4.3 COSTRUZIONI COMPOSTE DI ACCIAIO-CALCESTRUZZOAnche per le costruzioni composte acciaio-calcestruzzo, la gamma degli acciai da carpenteria normalmente impiegabili è stata estesa dall’acciaio S235 fino all’acciaio S460. Il calcestruzzo ordinario deve avere classe non inferiore a C20/25 né superiore a C60/75, mentre il calcestruzzo con aggregati leggeri, la cui densità non può essere inferiore a 1800 kg/m³, deve avere classe non inferiore a LC20/22 e non superiore a LC55/60. Calcestruzzi di classe di resistenza superiori a C45/55 e LC 40/44, rispettivamente, richiedono comunque uno studio adeguato e specifiche procedure per il controllo di qualità. La classificazione delle sezioni è analoga a quella delle strutture metalliche, salvo tener conto del favorevole effetto irrigidente della soletta, e simili sono i metodi di verifica. Oltre agli usuali stati limite, devono essere considerati anche lo SLU di resistenza e lo SLE della connessione acciaio-calcestruzzo. Analogamente a quanto previsto per le strutture metalliche, anche per le strutture composte è possibile impiegare per l’analisi globale delle strutture, in alternativa al metodo elastico e sotto date condizioni, il metodo plastico, il metodo elastico con ridistribuzione o il metodo elasticoplastico. Problematiche specifiche, quali la larghezza collaborante della soletta, le connessioni acciaio-calcestruzzo, le colonne composte e le lamiere grecate sono trattate con diverso grado di approfondimento, privilegiando gli aspetti più generali e rimandando per problematiche più specialistiche a normative di comprovata validità, in particolare agli Eurocodici. C4.3.1 Valutazione della sicurezza La valutazione della sicurezza è illustrata al § 4.3.1 delle NTC C4.3.2 Analisi strutturale C4.3.2.1 Classificazione delle sezioni La classificazione di una sezione composta acciaio-calcestruzzo può farsi con riferimento alla sola sezione metallica, adottando quindi come classe quella meno favorevole delle parti metalliche. In ogni caso, una piattabanda metallica, efficacemente collegata ad una soletta in calcestruzzo mediante connettori soddisfacenti alle condizioni date in C4.3.4.1 delle NTC, può essere classificata in classe 1. Una piattabanda metallica di una sezione parzialmente rivestita di calcestruzzo può essere classificata in accordo con la Tabella C4.3.I. In una sezione parzialmente rivestita di calcestruzzo, il calcestruzzo che circonda l’anima dovrebbe essere efficacemente collegato alla sezione metallica e dovrebbe impedire l’instabilità dell’anima o della piattabanda compressa verso l’anima. In sezioni di classe 1 e 2 le barre metalliche comprese entro la larghezza di soletta collaborante dovrebbero essere esclusivamente in acciaio B450C. Inoltre, se il momento resistente della sezione è determinato mediante il calcolo plastico, l’area d’armatura tesa As deve soddisfare la relazione (C4.3.1) dove Ac è l’area collaborante della soletta, fyk è la tensione di snervamento caratteristica dell’acciaio strutturale, fsk è la tensione di snervamento caratteristica dell’acciaio d’armatura, fctm è la resistenza media a trazione del calcestruzzo, kc è un coefficiente dato nel seguito che tiene conto della distribuzione delle tensioni nella sezione immediatamente prima della fessurazione, e δ è un coefficiente dipendente dalla classe della sezione, uguale a 1,0 per sezioni di classe 2 e a 1,1 per sezioni di classe 1 sede di cerniera plastica. Tabella C4.3.I Classificazione di piattabande compresse in profilati o in sezioni saldate parzialmente rivestiti Il coefficiente kc è uguale a (C4.3.2) dove hc è l’altezza della soletta, escludendo ispessimenti locali o nervature, e z0 la distanza tra il baricentro della soletta non fessurata e il baricentro della sezione composta, considerata tutta reagente, calcolato in riferimento al coefficiente di omogeneizzazione a breve termine. C4.3.2.3 Larghezze efficaci Nella figura 4.3.1. il termine bc è da intendersi il termine bo della formula 4.3.2, cioè la distanza tra gli assi dei connettori. Inoltre, si evidenzia un refuso nell’espressione di bei che non è bei = min (Le/8, bi), bensì bei = min (Le/8, bi - b0/2). C4.3.3 Resistenze di calcolo C4.3.4 Travi con soletta collaborante C4.3.4.2 Resistenza delle sezioni Il momento resistente, Mpl,Rd di una sezione composta di classe 1 o 2 si valuta nell’ipotesi di conservazione delle sezioni piane, assumendo un diagramma equilibrato delle tensioni nella sezione, come indicato in Figura C4.3.1, e considerando nullo il contributo del calcestruzzo teso. L’armatura longitudinale in soletta si ipotizza plasticizzata, sia in trazione sia in compressione, così come l’acciaio strutturale. A momento positivo, la parte compressa della sezione efficace della soletta in calcestruzzo si considera uniformemente compressa con tensione di compressione pari 0,85fcd, e la risultante di compressione è detta Ncf. Figura C4.3.1 - Distribuzione delle tensioni plastiche allo SLU per il calcolo del momento resistente positivo Si dice grado di connessione η il rapporto η=Nc/Ncf tra il massimo sforzo trasmissibile dalla connessione Nc e la risultante delle compressioni in soletta Ncf. Nel caso di connessione a pieno ripristino (η=1) si ha Nc=Ncf. La resistenza del calcestruzzo a trazione è trascurata ed in genere la connessione a taglio è sufficiente a trasferire la risultante di trazione delle barre d’armatura in soletta, calcolata ipotizzando le barre d’armatura completamente snervate e soggette ad una tensione pari ad fsd, Figura (C4.3.2.). Figura C4.3.2 - Distribuzione delle tensioni plastiche allo SLU per il calcolo del momento resistente negativo Quando la connessione a taglio è a parziale ripristino di resistenza (η<1) e realizzata con connettori “duttili”, il momento resistente, MRd, è calcolato utilizzando il metodo rigido-plastico ed il valore ridotto della risultante delle compressioni in soletta, Nc. In particolare, può assumersi una relazione lineare tra il grado di connessione η ed il momento resistente ottenibile, vedi Figura C4.3.3, rappresentata dalla formula MRd = Mpl,a,Rd + (Mpl,Rd -Mpl,a,Rd) ⋅η (C4.3.3) dove Mpl,a,Rd è il momento plastico della sola sezione in acciaio. Figura C4.3.3 - Relazione tra il momento resistente della trave e il grado di connessione per connettori a taglio duttili C4.3.4.3 Sistemi |
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C4.4 COSTRUZIONI DI LEGNOL’impostazione generale relativa alla valutazione della sicurezza delle strutture di legno di nuova costruzione può essere utilizzata anche per le strutture di legno esistenti purché si provveda ad una attenta valutazione delle caratteristiche fisiche e meccaniche del legno con metodi di prova diretti o indiretti. I calcoli, riferiti alle reali dimensioni geometriche degli elementi in sito, terranno opportunamente conto dei difetti del legno, degli eventuali stati di degrado, delle condizioni effettive dei vincoli e dei collegamenti. Con riferimento anche a quanto previsto nel §8.5 delle NTC, particolare attenzione va posta inoltre per le costruzioni antiche di rilevante interesse storico per le quali risulti rilevante l’interesse per il mantenimento dei materiali originali, e per le quali si giustifica l’impiego di prove e criteri di valutazione che tengano conto anche delle prestazioni dimostrate dagli elementi strutturali nel corso della storia dell’opera. C4.4.1 La valutazione della sicurezza Il legno è un materiale di origine biologica e pertanto le sue caratteristiche fisiche e il suo comportamento meccanico sono strettamente legati all’anatomia della pianta di provenienza. All’interno del tronco, idealmente cilindrico, si individuano tre direzioni principali (longitudinale, radiale e circonferenziale) a cui corrispondono tre sezioni (trasversale, radiale e tangenziale), per ognuna delle quali è possibile definire caratteristiche morfologiche differenziate e caratteristiche fisiche e meccaniche molto variabili, che conferiscono al materiale uno spiccato comportamento anisotropo. Le caratteristiche naturali del legno (presenza di nodi, inclinazione della fibratura, presenza di cretti, presenza di legno di reazione, …) possono rappresentare da un punto di vista strutturale dei difetti che vanno debitamente considerati procedendo ad una accurata selezione e classificazione e, ove possibile, contemplati nei calcoli. La principale caratteristica fisica che influenza le prestazioni del legno è rappresentata dal comportamento igroscopico, connesso alla capacità di assorbire e rilasciare umidità all’atmosfera circostante. Per quanto riguarda la durabilità, particolare attenzione verrà posta alla sensibilità del legno al biodegradamento, principalmente per azione di funghi ed insetti xilofagi. La definizione degli stati limite, sia in condizioni ultime che nelle condizioni di esercizio, tiene perciò conto di tali specifiche caratteristiche del materiale. C4.4.2 Analisi strutturale La individuazione degli schemi strutturali non può prescindere dal reale comportamento delle singole membrature e dei collegamenti nelle varie fasi costruttive, anche in relazione alle imperfezioni geometriche e strutturali, la cui definizione quantitativa può essere effettuata anche sulla base di indicazioni di altre normative pertinenti di consolidata validità. L’analisi della struttura terrà conto non solo delle caratteristiche di resistenza e di rigidezza dei materiali impiegati, ma anche della loro duttilità e delle loro caratteristiche reologiche, in relazione alle condizioni ambientali definite al §4.4.5 delle NTC. Generalmente, l’analisi della struttura può essere condotta con riferimento a un comportamento elastico lineare del materiale e dei collegamenti; tuttavia, qualora sia quantificabile un comportamento duttile dei collegamenti, il loro effetto può essere portato in conto mediante una analisi lineare con ridistribuzione o, più in generale, con analisi non lineari. I collegamenti normalmente utilizzati nelle costruzioni lignee, per i quali la rigidezza flessionale è trascurabile, possono essere schematizzati, da un punto di vista cinematico, come cerniere. Qualora la rigidezza flessionale non sia trascurabile si adotteranno schematizzazioni dei vincoli più realistiche. Particolare attenzione andrà posta nella individuazione del reale meccanismo di trasmissione degli sforzi conseguente alla conformazione geometrica del collegamento, al fine di individuare eventuali disassamenti o possibili eccentricità. Le analisi dovranno comunque tener conto della evoluzione nel tempo delle caratteristiche del legno con riferimento non solo alle condizioni iniziali, ma anche al loro sviluppo fino alle condizioni a lungo termine di cui al §4.4.7 delle NTC. C4.4.3 Azioni e loro combinazioni I valori delle azioni e le loro combinazioni devono essere valutati con riferimento a quanto previsto per le altre costruzioni nei §3 e §5 delle NTC. È opportuno evitare, per quanto possibile, gli stati di coazione longitudinali o trasversali alla fibratura. In ogni caso i loro effetti saranno valutati, caso per caso, con particolare cautela, mettendo esplicitamente in conto l'evoluzione nel tempo delle deformazioni del legno. C4.4.4 Classi di durata del carico Il comportamento reologico del materiale ha un effetto diretto sulla resistenza e sulla deformazione del legno. A differenza di quanto accade per altri materiali da costruzione è quindi di fondamentale importanza tener conto della correlazione esistente tra il tempo di permanenza dell’azione sulla struttura e le caratteristiche di resistenza e deformabilità del materiale. C4.4.5 Classi di servizio Per tener conto della sensibilità del legno alla variazioni di umidità e dell’influenza di questa sulle caratteristiche di resistenza e di deformabilità, si definiscono tre classi di servizio. A scopo esemplificativo: - nella classe di servizio 1, che corrisponde a un ambiente con temperatura di 20°C e un’umidità relativa dell’aria non superiore al 65% (§4.4.5), l'umidità media nella maggior parte dei legni di conifera normalmente non eccede il 12%; - nella classe di servizio 2, che corrisponde a un ambiente con temperatura di 20°C e un’umidità relativa dell’aria non superiore al 85% (§4.4.5), l'umidità media nella maggior parte dei legni di conifera normalmente non eccede il 20%; - nella classe di servizio 3 rientrano tutti i legnami esposti a condizioni climatiche che comportano umidità più elevate di quelle della classe di servizio 2. In questa classe possono rientrare i materiali legnosi per i quali non sono disponibili dati attendibili. C4.4.6 Resistenza di calcolo Per tenere conto della particolare situazione italiana, che vede per la prima volta una regolamentazione delle costruzioni di legno, il coefficiente parziale di sicurezza relativo al materiale γM ed il coefficiente di correzione kmod |
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C4.5 COSTRUZIONI DI MURATURAC4.5.6 Verifiche C4.5.6.2 Verifiche agli stati limite ultimi Il metodo semplificato proposto introduce una riduzione della resistenza a compre |
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C5. PONTIIl Cap.5 delle NTC tratta i criteri generali e le indicazioni tecniche per la progettazione e l’esecuzione dei ponti stradali e ferroviari. In particolare, per quanto attiene i ponti stradali, oltre alle principali caratteristiche geometriche, vengono definite le diverse possibili azioni agenti ed assegnati gli schemi di carico corrispondenti alle azioni variabili da traffico. |
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C5.1 PONTI STRADALIC5.1.2.4 Compatibilità idraulica Le questioni idrauliche, da trattare con ampiezza e grado di approfondimento commisurati alla natura dei problemi ed al grado di elaborazione del progetto, devono essere oggetto di apposita relazione idraulica, che farà parte integrante del progetto stesso. Gli elementi del ponte, quali le opere strutturali, di difesa ed accessorie, quando interessino l'alveo di un corso d'acqua, devono far parte di un progetto unitario. Nello studio devono essere in particolare illustrati i seguenti aspetti: - ricerca e raccolta presso gli Uffici ed Enti competenti delle notizie e dei rilievi esistenti, utili per lo studio idraulico da svolgere; - giustificazione della soluzione proposta per: l'ubicazione del ponte, le sue dimensioni e le sue strutture in pianta, in elevazione ed in fondazione, |
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C5.1.3 AZIONI SUI PONTI STRADALIC5.1.3.3 Azioni variabili da traffico C5.1.3.3.5 Definizione delle corsie Ai fini del calcolo, la carreggiata deve essere suddivisa in corsie convenzionali, ciascuna di larghezza 3,00 m, come indicato al §5.1.3.3.2 delle NTC, in modo da individuare di volta in volta le condizioni di carico più severe per la verifica in esame. A tal fine, si osserva che le corsie convenzionali possono essere adiacenti oppure no, a seconda del dettaglio considerato e della forma della superficie d’influenza. Le corsie convenzionali, la loro posizione e la loro numerazione sono indipendenti dalle corsie fisiche, disegnate sulla carreggiata mediante la segnaletica orizzontale. In alcuni casi, verifiche per particolari SLE e/o verifiche a fatica, le corsie convenzionali possono essere disposte in modo meno severo e possono coincidere con le corsie fisiche. C5.1.3.3.6 Schemi di carico Gli schemi di carico specificati al §5.1.3.3.3 delle NTC includono gli effetti dinamici determinati con riferimento alla rugosità di pavimentazioni stradali di media qualità secondo la norma ISO8685:1995. Lo schema di carico 1 vale per ponti di luce non maggiore di 300 m. Per ponti di luce superiore a 300 m e in assenza di studi specifici, in alternativa allo schema di carico 1, generalmente cautelativo, si può utilizzare lo schema |
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C5.2 PONTI FERROVIARIC5.2.1.2 Compatibilità idraulica Vale quanto detto al § C.5.1.2.4 C5.2.2 Azioni sulle opere C5.2.2.3 Azioni variabili da traffico Le azioni variabili da traffico assegnate ai §§5.2.2.3 e 5.2.2.4 delle NTC sono relativi alla rete ferroviaria con scartamento standard e alle linee principali. Per ferrovie a scartamento ridotto, tramvie e linee ferroviarie leggere, metropolitane e funicolari non valgono le prescrizioni di cui sopra e le azioni debbono essere determinate caso per caso, in riferimento alle peculiarità della linea servita, sulla base di studi specifici o a normative di comprovata validità. |
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C6. PROGETTAZIONE GEOTECNICAPer progettazione geotecnica si intende l’insieme delle attività progettuali che riguardano le costruzioni o le parti di costruzioni che interagiscono con il terreno, gli interventi di miglioramento e di rinforzo del terreno, le opere in materiali sciolti, i fronti di scavo, nonché lo studio della stabilità del sito nel quale si colloca la costruzione. Gli obiettivi della progettazione geotecnica sono la verifica delle condizioni di sicurezza g |
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C6.2 ARTICOLAZIONE DEL PROGETTOC6.2.1 Caratterizzazione e modellazione geologica del sito Lo studio geologico deve essere esteso ad una zona significativamente estesa, in relazione al tipo di opera e al contesto geologico in cui questa si colloca. I metodi e le tecniche di studio, l’approfondimento e il dettaglio delle analisi e delle indagini devono essere commisurati alla complessità geologica del sito, alle finalità progettuali e alle peculiarità dello scenario territoriale ed ambientale in cui si opera. La studio geologico deve definire, con preciso riferimento al progetto, i lineamenti geomorfologici della zona nonché gli eventuali processi morfologici ed i dissesti in atto o potenziali e la loro tendenza evolutiva, la successione litostratigrafica locale, con la descrizione della natura e della distribuzione spaziale dei litotipi, del loro stato di alterazione e fratturazione e della loro degradabilità; inoltre, deve illustrare i caratteri geostrutturali generali, la geometria e le caratteristiche delle superfici di discontinuità e fornire lo schema della circolazione idrica superficiale e sotterranea. Il piano delle indagini specifiche sui terreni e sulle rocce nel sito di interesse deve essere definito ed attuato sulla base dell’inquadramento geologico della zona e in funzione dei dati che è necessario acquisire per pervenire ad una ricostruzione geologica di dettaglio che possa risultare adeguata ed utile per la caratterizzazione e la modellazione geotecnica del sottosuolo. Nella descrizione dei caratteri geologici del sito devono essere definite le caratteristiche intrinseche delle singole unità litologiche (terreni o rocce) con particolare riguardo ad eventuali disomogeneità, discontinuità, stati di alterazione e fattori che possano indurre anisotropia delle proprietà fisiche dei materiali. Nelle unità litologiche costituite da alternanze di materiali diversi devono essere descritte le caratteristiche dei singoli litotipi e quantificati gli spessori e la successione delle alternanze. Alla scala dell’ammasso roccioso, che in molti casi è costituito dall’insieme di più unità litologiche, devono essere evidenziate le differenze di caratteristiche fra le diverse unità e devono essere descritte in dettaglio le discontinuità, quali contatti stratigrafici e/o tettonici, piani di stratificazione, fratture, faglie con relativa fascia di frizione, cavità per dissoluzione. La Relazione Geologica sarà corredata da elaborati grafici (carte e sezioni geologiche, planimetrie e profili per rappresentare in dettaglio aspetti significativi o specifici tematismi, ecc) in scala adeguata al dettaglio degli studi eseguiti e dalla documentazione delle indagini appositamente effettuate e di quelle derivate dalla letteratura tecnico-scientifica o da precedenti lavori. I risultati delle indagini e degli studi effettuati devono essere esposti in modo esteso ed esauriente e commentati con riferimento al quadro geologico generale della zona presa in considerazione, sottolineando eventuali incertezze nella ricostruzione geologica che possano risultare significative ai fini dello sviluppo del progetto. C6.2.2 Indagini, caratterizzazione e modellazione geotecnica Tra i dati geotecnici necessari per il progetto dell’opera devono in particolare essere presi in considerazione la successione stratigrafica, il regime delle pressioni interstiziali, le caratteristiche meccaniche dei terreni e tutti gli altri elementi significativi del sottosuolo, nonché le proprietà dei materiali da impiegare per la costruzione di opere di materiali sciolti. La caratterizzazione degli ammassi rocciosi richiede inoltre l’individuazione delle famiglie (o dei sistemi) di discontinuità presenti e la definizione della loro giacitura (orientazione) e spaziatura. Devono essere anche descritte le seguenti caratteristiche delle discontinuità: forma, apertura, continuità, scabrezza, riempimento. Le indagini devono essere sviluppate secondo gradi di approfondimento e di ampiezza commisurati alle diverse fasi attraverso le quali si sviluppa il progetto. Per definire il profilo geotecnico, le caratteristiche fisiche e meccaniche dei terreni e il regime delle pressioni interstiziali, devono essere eseguite specifiche indagini, in sito e in laboratorio, secondo un programma definito dal progettista in base alle caratteristiche dell’opera in progetto e alle presumibili caratteristiche del sottosuolo. Opere che interessino grandi aree e che incidano profondamente sul territorio richiedono un progetto di fattibilità secondo i criteri di cui al § 6.12 delle NTC. Nel caso di opere di notevole mole e importanza dal punto di vista della sicurezza o che interessino terreni con caratteristiche meccaniche scadenti, è opportuno effettuare il controllo del comportamento dell’opera durante e dopo la costruzione. A tal fine deve essere predisposto un programma di osservazioni e misure di ampiezza commisurata all’importanza dell’opera e alla complessità della situazione geotecnica. Le indagini geotecniche devono permettere un’adeguata caratterizzazione geotecnica del volume significativo di terreno, che è la parte di sottosuolo influenzata, direttamente o indirettamente, dalla costruzione dell’opera e che influenza l’opera stessa. Il volume significativo ha forma ed estensione diverse a seconda del problema in esame e deve essere individuato caso per caso, in base alle caratteristiche dell&rsqu |
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C6.3 STABILITÀ DEI PENDII NATURALINello studio delle condizioni di stabilità dei pendii devono essere presi in considerazione almeno i seguenti fattori: - caratteristiche geologiche; - caratteristiche morfologiche; - proprietà fisiche e meccaniche dei terreni costituenti il pendio; - regime delle pressioni interstiziali e delle pressioni dell’acqua nelle discontinuità eventualmente presenti; - peso proprio e azioni applicate sul pendio; - regime delle precipitazioni atmosferiche; - sismicità della zona. C6.3.2 Modellaz |
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C6.4 OPERE DI FONDAZIONELe fondazioni sono distinte in fondazioni superficiali, o dirette (ad es.: plinti, travi, platee), e fondazioni profonde (ad es.: pali, pozzi, cassoni). C6.4.1 Criteri generali di progetto Il comportamento delle fondazioni è condizionato da numerosi fattori, dei quali si elencano quelli che generalmente occorre considerare: a) Terreni di fondazione: successione stratigrafica; proprietà fisiche e meccaniche dei terreni; regime delle pressioni interstiziali. Tutti questi elementi devono essere definiti mediante specifiche indagini geotecniche. b) Opere in progetto: dimensioni dell’insieme dell’opera; caratteristiche della struttura in elevazione, con particolare riferimento alla sua attitudine a indurre o a subire cedimenti differenziali; sequenza cronologica con la quale vengono costruite le varie parti dell’opera; distribuzione, intensità o variazione nel tempo dei carichi trasmessi in fondazione, distinguendo i carichi permanenti da quelli variabili, e questi, a loro volta, in statici e dinamici. c) Fattori ambientali: caratteri morfologici del sito; deflusso delle acque superficiali; presenza o caratteristiche di altri manufatti (edifici, canali, acquedotti, strade, muri di sostegno, gallerie, ponti, ecc.) esistenti nelle vicinanze o dei quali è prevista la costruzione. Le fasi di progetto assumono ampiezza e grado di approssimazione diversi secondo l’importanza del manufatto e dei fattori sopra elencati e in relazione al grado di sviluppo della progettazione. Qualora non si adotti un unico tipo di fondazione per tutto il manufatto, si deve tenere conto dei diversi comportamenti dei tipi di fondazione adottati, in particolare per quanto concerne i cedimenti. Nel caso di ponti, opere marittime e simili è necessario in particolare considerare la configurazione e la mobilità dell’alveo fluviale o del fondo marino, la erodibilità di questi in dipendenza del regime delle acque e delle caratteristiche dei terreni e del manufatto. La costruzione di manufatti in zone franose, per i quali non è possibile una diversa localizzazione, richiede la valutazione delle azioni trasmesse dai terreni in movimento al manufatto e alla sua fondazione. A tal fine è necessario definire le caratteristiche geometriche e cinematiche dei dissesti in conformità a quanto indicato nel § 6.3 delle NTC. Prescrizioni per le indagini Nel caso di fabbricati di civile abitazione la profondità da raggiungere con le indagini può essere dell’ordine di b÷2b, dove b è la lunghezza del lato minore del rettangolo che meglio approssima la forma in pianta del manufatto. Nel caso di fondazioni su pali, la profondità, considerata dall’estremità inferiore dei pali, può essere dell’ordine di 0.5b÷b. La progettazione delle opere di fondazione deve esse |
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C6.5 OPERE DI SOSTEGNOI più comuni tipi di muri di sostegno possono essere suddivisi dal punto di vista costruttivo in muri in pietrame a secco eventualmente sistemato a gabbioni; muri di muratura ordinaria o di conglomerato cementizio; muri di conglomerato cementizio armato, formati in genere da una soletta di fondazione e da una parete con o senza contrafforti; speciali muri in terra costituiti da associazione di materiale granulare e elementi di rinforzo, con paramento rigido o deformabile (muri in terra armata, muri in terra rinforzata e muri cellulari). Il coefficiente di spinta attiva assume valori che dipendono dalla geometria del paramento del muro e dei terreni retrostanti, nonché dalle caratteristiche meccaniche dei terreni e del contatto terramuro. Nel caso di muri i cui spostamenti orizzontali siano impediti, la spinta può raggiungere valori maggiori di quelli relativi alla condizione di spinta attiva. Per la distribuzione delle pressioni interstiziali occorre fare riferimento alle differenti condizioni che possono verificarsi nel tempo in dipendenza, ad esempio, dell’intensità e durata delle precipitazioni, della capacità drenante del terreno, delle caratteristiche e della efficienza del sistema di drenaggio. Le azioni sull’opera devono essere valutate con riferimento all’intero paramento di monte, compreso il basamento di fondazione. Gli stati limite ultimi delle opere di sostegno si riferiscono allo sviluppo di meccanismi di collasso determinati dalla mobilitazione della resistenza del terreno interagente con le opere (GEO) e al raggiungimento della resistenza degli elementi che compongono le opere stesse (STR). C6.5.3. Verifiche agli stati limite C6.5.3.1 Verifiche di sicurezza (SLU) C6.5.3.1.1 Muri di sostegno Gli stati limite ultimi per sviluppo di meccanismi di collasso determinati dalla mobilitazione della resistenza del terreno interagente con un muro di sostegno riguardano lo scorrimento sul piano di posa, il raggiungimento del carico limite nei terreni di fondazione e la stabilit&agrav |
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C6.6 TIRANTI DI ANCORAGGIOIndagini specifiche Le indagini geotecniche devono intendersi estese alle porzioni di terreno che interagiscono con il sistema dei tiranti e con l’eventuale struttura a |
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C6.7 OPERE IN SOTTERRANEOLe opere in sotterraneo indicate nella norma cui si riferiscono le presenti istruzioni sono ad esempio le gallerie idrauliche, stradali, ferroviarie, con relativi imbocchi di estremità o intermedi (pozzi, finestre, discenderie), le caverne per centrali idroelettriche, gli scavi per stazioni (metropolitane e ferroviarie), parcheggi, depositi sotterranei. Lo scavo in sotterraneo si può sviluppare in differenti posizioni rispetto alla superficie topografica: con piccolo ricoprimento di terreno o di roccia (ad es.: gallerie metropolitane, subacquee, parietali); con grande ricoprimento di terreno o di roccia (ad es.: gallerie di valico, depositi sotterranei) Per gli aspetti non trattati nelle NTC nei riguardi delle gallerie minerarie ci si riferisca alla specifica normativa. |
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C6.8 OPERE DI MATERIALI SCIOLTI E FRONTI DI SCAVOLe opere di materiali sciolti indicati nella norma cui si riferiscono le presenti istruzioni sono ad esempio i rilevati per strade, ferrovie, aeroporti e piazzali, i riempimenti a tergo di strutture di sostegno, gli argini e i moli. Per gli aspetti non trattati nelle NTC nei riguardi delle dighe in terra ci si riferisca alla specifica normativa. C6.8.1 Criteri generali di progetto C6.8.1.1 Rilevati e rinterri Per i rilevati ed i rinterri a tergo di opere di sostegno sono da preferire le terre a grana media o grossa. Terre a grana fine possono essere impiegate per opere di modesta importanza e quando non sia possibile reperire materiali migliori. Si possono adoperare anche materiali ottenuti dalla frantumazione di rocce. Sono da escludere materiali con forti percentuali di sostanze organiche di qualsiasi tipo e materiali fortemente rigonfianti. Per i muri in terra armata o rinforzata i materiali da preferire sono costituiti da terre con passante ai 15 micron non superiore al 20%, le cui caratteristiche meccaniche e chimico fisiche devono soddisfare i requisiti richiesti comunemente per tali tipi di opere. Per gli elementi di rinforzo dei muri in terra armata o rinforzata è necessario effettuare verifiche locali, di rottura e di sfilamento, e verifiche nei riguardi dell’azione aggressiva dell’ambiente ed in particolare delle acque. I materiali per gli argini saranno scelti tenendo presenti i possibili moti di filtrazione. Per i dreni saranno adoperati materiali di elevata permeabilità. La loro granulometria deve essere scelta in relazione alle caratteristiche dei materiali a contatto con i dreni stessi secondo quanto specificato di seguito. Per i moli devono essere adoperati blocchi di rocce durevoli, in particolare nei confronti dell’acqua marina, e di dimensioni e caratteristiche idonee a resistere alle azioni esercitate dal moto ondoso. Limitatamente alla zona interna del manufatto possono essere adoperati materiali naturali o di frantumazione purché privi di frazione fine e opportunamente protetti da filtri. Per gli aspetti non trattati nelle NTC nei riguardi dell’impiego delle terre nei manufatti stradali e ferroviari ci si riferisca alla specifica normativa per la campionatura, le prove sui materiali e la tecnica di impiego delle terre. C6.8.1.2 Drenaggi e filtri I drenaggi e i filtri hanno lo scopo di: ridurre il valore delle pressioni interstiziali nel sottosuolo o in manufatti di materiali sciolti; |
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C6.11 DISCARICHE CONTROLLATE DI RIFIUTI E DEPOSITI DI INERTIIn questa categoria rientrano gli accumuli di materiali sciolti di qualsiasi natura inclusi quelli versati alla rinfusa (ad es. i depositi di rifiuti solidi urbani e industriali, i materiali di risulta di scavi e demolizio |
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C6.12 FATTIBILITÀ DI OPERE SU GRANDI AREEC6.12.1. Indagini specifiche Per l’accertamento della fattibilità dell’opera saranno raccolte informazioni atte a definire: le caratteristiche geologiche e geomorfologiche dell’area; le caratteristiche topografiche dell’area; i caratteri delle acque superficiali e sotterranee; |
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C7. PROGETTAZIONE PER AZIONI SISMICHELa norma illustra, per ciascuna delle tipologie costruttive considerate nei precedenti capitoli 4 e 5, i provvedimenti specifici da adottare, in presenza di azioni sismiche, finalizzandoli alla progettazione e costruzione delle opere nuove (per le opere esistenti si rimanda al Cap.8 delle NTC e C8 delle presenti istruzioni). Le indicazioni fornite integrano, ma non sostituiscono, quelle fornite nei Cap.4 e 5 relativamente ai modelli di calcolo, alle sollecitazioni ed alle resistenze degli elementi strutturali. Si deve inoltre fare riferimento al Cap.2 per la combinazioni delle azioni, ed al Cap.3 per la definizione dell’entità dell’azione sismica in relazione ai diversi stati limite da considerare ed alle sue modalità di rappresentazione. Particolare attenzione richiedono infine le indicazioni geotecniche specificamente antisismiche (§ 7.11) al solito additive e non sostitutive di quelle gi&agr |
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C7.1 REQUISITI NEI CONFRONTI DEGLI STATI LIMITEPer garantire il rispetto degli Stati Limite Ultimi e di Esercizio, quali definiti al § 3.2.1 delle NTC, occorre effettuare diverse verifiche di sicurezza. Ciascuna di esse garantisce, per ogni Stato Limite, quindi per il corrispettivo livello di azione sismica, il raggiungimento di una data prestazione da parte della costruzione nel suo complesso. Le verifiche di sicurezza da effettuare sono riepilogate in funzione della Classe d’uso nella successiva Tab. C7.1.I, in cui si fa riferimento anche al paragrafo che nelle NTC disciplina ciascuna verifica. A riguardo, si evidenzia che le verifiche allo SLC devono essere effettuate di necessità sulle sole costruzioni provviste di isolamento sismico. Tabella C7.1.I - Verifiche di sicurezza in funzione della Classe d’uso.
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C7.2 CRITERI GENERALI DI PROGETTAZIONE E MODELLAZIONEC7.2.1 Criteri generali di progettazione In ragione della necessità che la costruzione sia dotata di sistemi strutturali capaci, con costi accettabili, di soddisfare i requisiti di sicurezza nei confronti sia dei carichi verticali che dell’azione sismica, in siti a sismicità significativa i criteri di progettazione nei confronti delle azioni sismiche devono essere considerati già nell’impostazione della progettazione strutturale. La costruzione deve essere dunque dotata di sistemi resistenti lungo almeno due direzioni e capaci di garantire un’adeguata resistenza e rigidezza nei confronti sia dei moti traslazionali, sia dei moti torsionali dovuti all’eccentricità tra il centro di massa ed il centro di rigidezza dell’intera struttura o anche solo di una sua porzione. Tali moti torsionali tendono a sollecitare i diversi elementi strutturali in maniera non uniforme. A tal fine, sono da preferirsi configurazioni strutturali in cui i principali elementi resistenti all’azione sismica sono distribuiti nelle zone periferiche della costruzione e al contempo limitano l’eccentricità tra centro di massa e centro di rigidezza a ciascun livello della costruzione. Per massimizzare la rigidezza torsionale conseguita nel modo suddetto è necessario che gli orizzontamenti funzionino da diaframma rigido ai fini della ripartizioni delle forze sugli elementi verticali che li sostengono, nei modi specificati al § 7.2.6 delle NTC. Per quanto riguarda gli effetti della componente verticale dell’azione sismica, nel § 7.2.1 sono indicati gli elementi e le tipologie costruttive che maggiormente risentono delle accelerazioni verticali indotte dal sisma, nonché i livelli di pericolosità per i quali tale componente deve essere considerata nel progetto. Per gli elementi soggetti a tali azioni e per quelli di supporto dei medesimi è ammesso l’uso di modelli parziali che tengano conto della rigidezza degli elementi adiacenti. In generale non si tiene conto della variabilità spaziale del moto sismico e si adotta per esso una rappresentazione di tipo “puntuale”, quale è quella che prevede l’utilizzo degli spettri di risposta e adotta un unico valore di accelerazione del suolo per tutti i punti di contatto con la struttura. Quando l’estensione del sistema di fondazione non garantisce che l’intera costruzione sia soggetta ad una eccitazione sismica uniforme, è necessario considerare la variabilità spaziale del moto di cui al § 3.2.5 delle NTC. La progettazione nei confronti delle azioni sismiche ammette, generalmente, un danneggiamento esteso ma controllato delle costruzioni per i livelli di azione relativi agli SLV ed SLC ed un possibile danneggiamento, di entità comunque limitata, per lo SLD N6. Mentre nei primi due casi la risposta sismica della struttura è affidata, oltre che alle sue caratteristiche in termini di resistenza, alla sua capacità di sviluppare deformazioni cicliche in campo plastico, in quest’ultimo caso (SLD), essa è affidata essenzialmente alle sue caratteristiche di rigidezza e resistenza. In ragione di ciò, le strutture si considerano avere comportamento dissipativo nei riguardi degli stati limite ultimi e sostanzialmente non dissipativo nei riguardi degli stati limite di esercizio. |
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C7.3 METODI DI ANALISI E CRITERI DI VERIFICALe indicazioni fornite in questo paragrafo sono integrate dalle indicazioni fornite nel Cap.4 delle NTC. C7.3.3 Analisi lineare dinamica o statica C7.3.3.1 Analisi lineare dinamica L’analisi lineare dinamica, così come presentata nelle NTC, è condotta secondo tre passaggi fondamentali: 1) determinazione dei modi di vibrare “naturali” della costruzione (analisi modale); 2) calcolo degli effetti dell’azione sismica, rappresentata dallo spettro di risposta di progetto, per ciascuno dei modi di vibrare individuati; 3) combinazione degli effetti relativi a ciascun modo di vibrare. L’analisi modale consiste nella soluzione delle equazioni del moto della costruzione, considerata elastica, in condizioni di oscillazioni libere (assenza di forzante esterna) e nella individuazione di particolari configurazioni deformate che costituiscono i modi naturali di vibrare di una costruzione. Questi modi di vibrare sono una caratteristica propria della struttura, in quanto sono individuati in assenza di alcuna forzante, e sono caratterizzate da un periodo proprio di oscillazione T, da uno smorzamento convenzionale ξ, caratteristiche proprie degli oscillatori elementari (sistemi dinamici ad un grado di libertà), nonché da una forma. Tranne che per casi particolari, quali quelli per esempio di costruzioni dotate di sistemi di isolamento e di dissipazione, si assume che i modi di vibrare abbiano tutti lo stesso valore dello smorzamento convenzionale ξ pari al 5%. Qualunque configurazione deformata di una costruzione, e quindi anche il suo stato di sollecitazione, può essere ottenuta come combinazione di deformate elementari, ciascuna con la forma di un modo di vibrare. Ovviamente, in funzione dell’azione che agisce sulla costruzione, alcuni modi di vibrare avranno parte più significativa di altri nella descrizione della conseguente configurazione deformata. La massa partecipante di un modo di vibrare esprime la quota parte delle forze sismiche di trascinamento, e quindi dei relativi effetti, che il singolo modo è in grado di descrivere. Per poter cogliere con sufficiente approssimazione gli effetti dell’azione sismica sulla costruzione, è opportuno considerare tutti i modi con massa partecipante superiore al 5% e comunque un numero di modi la cui massa partecipante totale sia superiore all’85%, trascurando solo i modi di vibrare meno significativi in termini di massa partecipante. L’utilizzo dello spettro di risposta consente di calcolare gli effetti massimi del terremoto sulla costruzione associati a ciascun modo di vibrare. Poiché durante il terremoto, tuttavia, gli effetti massimi associati ad un modo di vibrare non si verificano generalmente nello stesso istante in cui sono massimi quelli associati ad un altro modo di vibrare, tali effetti non possono essere combinati tra di loro mediante una semplice somma ma con specifiche regole di combinazione, di natura probabilistica, che tengono conto di questo sfasamento temporale. Se il periodo di vibrazione di ciascun modo differisce di almeno il 10% da quello di tutti gli altri, la combinazione degli effetti relativi ai singoli modi può essere effettuata valutando la combinazione come radice quadrata della somma dei quadrati (Square Root of Sum of Squares o SRSS) degli effetti relativi a ciascun modo, secondo l’espressione: (C7.3.1) con: E valore combinato dell’effetto ed Ei valore dell’effetto relativo al modo i. |
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C7.4 COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZOIl capitolo è dedicato alle costruzioni di calcestruzzo in presenza di azioni sismiche e tratta in maniera dettagliata le richieste per i materiali e le regole di dimensionamento e verifica per le travi, i pilastri, i nodi trave-pilastro, i diaframmi orizzontali, le pareti, le travi di collegamento. Le costruzioni con struttura prefabbricata in cemento armato sono trattate al § 7.4.5 delle NTC. La duttilità delle sezioni inflesse e pressoinflesse è controllata mediante specifiche regole che semplificano notevolmente quelle fornite dall’EN-1998-1, prescrivendo le percentuali di armatura necessarie ad evitare rotture fragili, con il limite inferiore finalizzato ad evitare la rottura della sezione all’atto della fessurazione del cls. ed il limite superiore finalizzato ad evitare la rottura della sezione per schiacciamento del cls. Riguardo a quest’ultimo punto viene adeguatamente premiata la presenza di armatura in compressione che, come noto, aumenta la duttilità riducendo la tensione sul calcestruzzo compresso, a parità di sollecitazioni. Ciò si evince anche dai minimi di armatura compressa richiesti nelle travi: 50% di quella tesa nelle zone critiche, 25% altrove. Nello spirito di una norma anche di carattere prestazionale, viene fornita l’indicazione secondo cui, quando non precisato, la protezione della corretta gerarchia delle resistenza va effettuata mediante coefficiente γRD di valore non inferiore a 1,2 in CD “A” e 1,0 per CD “B”. Nei telai, per scongiurare l’attivazione di meccanismi fragili locali, viene applicata la regola di gerarchia delle resistenza taglio-flessione: per evitare la rottura prematura per taglio della generica sezione critica si valuta la resistenza a taglio di progetto non sulla base dei valori forniti dal modello di calcolo bensì a partire dalle resistenze flessionali, opportunamente amplificate mediante il coefficiente γRD; tale coefficiente, sempre presente nelle regole di gerarchia delle resistenza, vale 1,2 in CD “A” e 1,0 in CD “B”. Sempre nei telai, per scongiurare l’attivazione di meccanismi fragili globali, ossia la presenza di “piano debole” e cioè rotture dei pilastri anticipate rispetto alle travi, la gerarchia delle resistenza impone che il progetto delle zone non dissipative faccia riferimento alle resistenza delle zone dissipative amplificate mediante il coefficiente γRD che vale 1,3 in CD “A” e 1,1 per CD “B”. Ampio spazio è dato dalla norma per lo studio dei nodi trave-pilastro non confinati. In particolare l’argomento è trattato fornendo sia i termini per le verifiche, che le regole di dettaglio ed i minimi di armatura. Altri casi esplicitamente previsti sono: a) la protezione dalla rottura fragile dei di |
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C7.5 COSTRUZIONI D’ACCIAIONel capitolo sono opportunamente integrate le regole generali di progettazione ed esecuzione per le Costruzioni in acciaio per l’impiego in zona sismica. In particolare: - sono precisati i limiti cui debbono soddisfare le proprietà meccaniche dei materiali in termini di incrudimento (rapporto ft/fy), allungamento percentuale a rottura A5 e sovraresistenza (rapporto fym/fy); - sono fornite prescrizioni più dettagliate per la concezione dei dettagli, in particolare nelle zone dissipative, e per le modalità di verifica in termini di gerarchia delle resistenze trave-colonna; - infine, a ciascuna tipologia strutturale ricorrente, in funzione della classe di duttilità adottata - alta (A) o bassa (B) - è associato il corrispondente fattore di struttura q, nonché il rapporto αu/α1, che tiene conto delle riserve plastiche disponibili. Infine sono fornite prescrizioni più dettagliate per la concezione dei dettagli, in particolare nelle zone dissipative, e per le modalità di verifica in termini di gerarchia delle resistenze trave-colonna al fine di garantire la richiesta duttilità. C7.5.2 Tipologie strutturali e fattori di struttura C7.5.2.1 Tipologie strutturali Nelle strutture a telaio le zone dissipative devono essere localizzate principalmente all’estremità delle travi e/o nei nodi trave-colonna in modo tale da dissipare efficacemente l’energia sismica attraverso cicli flessionale inelastici. La localizzazione delle cerniere plastiche nelle strutture a telaio dovrebbe seguire le distribuzioni indicate nella figura C7.5.1 a seconda delle soluzione strutturale realizzata. È possibile, inoltre, ipotizzare la formazione di cerniere plastiche nelle colonne, ma solo nelle seguenti parti: - alla base della struttura a telaio(a, b, c, d, e); - in sommità delle colonne all’ultimo piano dell’edificio (b e c in alternativa alle travi della copertura); |
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C7.6 COSTRUZIONI COMPOSTE DI ACCIAIO-CALCESTRUZZOLe regole integrative di progettazione ed esecuzione per l’impiego in zona sismica delle Costruzioni composte acciaio-calcestruzzo sono per larga parte analoghe a quelle delle corrispondenti strutture metalliche; sono state tuttavia previste regole specifiche aggiuntive per quanto riguarda la disposizione delle armature in soletta in prossimità dei nodi trave-pilastro pilastro e la progettazione dei pannelli nodali delle strutture intelaiate. C7.6.4 Criteri di progetto e dettagli per strutture dissipative C7.6.4.3 Collegamenti composti nelle zone dissipative Nelle zone dissipative delle travi soggette a momento negativo, occorre predisporre armatura metallica ad elevata duttilità, così come schematicamente riportato in Fig. C7.6.1. Fig. C7.6.1 - Dettagli di armatura in corrispondenza dei nodi trave-colonna La disposizione delle barre d’armatura presentata in figura 5 è efficace solo nel caso in cui la connessione trave-colonna sia sufficientemente rigida affinché possano svilupparsi le cerniere plastiche all’interno delle travi composte. Nel caso si utilizzino collegamenti travi-colonna a parziale ripristino di resistenza e semi-rigidi è necessario eseguire una opportuna qualifica, per via sperimentale e/o numerica, del collegamento e progettare su tale base la disposizione dell’armatura in soletta per una ottimale distribuzione delle tensioni e per evitare un prematuro collasso della porzione di soletta soggetta a compressione. Le cerniere plastiche all’interno della trave composta devono avere un comportamento duttile; per cui nel disporre l’armatura di rinforzo in corrispondenza dei nodi trave-colonna composti è necessario assicurare: - eliminare tutti i possibili fenomeni di instabilità dell’equilibrio nelle barre d’armatura posizionate in prossimità del nodo; - evitare la prematura rottura della soletta in calcestruzzo a contatto con la colonna composta. Per il calcolo delle armature necessarie in soletta devono essere utilizzati metodi di calcolo basati su schemi di equilibrio “puntone-tirante”. Inoltre, per favorire una migliore diffusione delle sollecitazione di compressione dalla colonna composta alla soletta è possibile predisporre opportuni sistemi di connessione a taglio tra il calcestruzzo presente nella colonna composta (tipologie rivestite o parzialmente rivestite) e quello della soletta, in modo da incrementare la porzione di soletta collaborante nel trasferimento delle sollecitazioni in condizioni sismiche. C7.6.4.3.1 Modelli resistenti per la soletta soggetta a compressione Per nodi trave-colonna rigidi ed a completo ripristino di resistenza la compressione trasferibile dalla soletta alla colonna può valutarsi con il procedimento esposto nel seguito e basato su meccanismi resistenti puntone-tirante. L’armatura disposta come indicato in fig. C7.6.1 ed un dettaglio di connessione opportuno tra calcestruzzo della colonna composta e soletta consentono infatti il trasferimento delle compressioni alla colonna tramite (fig. C7.6.2.) due meccanismi resistenti: - meccanismo 1 - compressione diretta, - meccanismo 2 - puntoni inclinati. Fig. C7.6.2. Vista in pianta dei meccanismi resistenti attivabili nella soletta compressa (momento positivo) |
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C7.8 COSTRUZIONI DI MURATURANel capitolo sono opportunamente integrate le regole generali di progettazione ed esecuzione per le Costruzioni di muratura per l’impiego in zona sismica. C7.8.1 Regole generali C7.8.1.1 Premessa Le regole qui contenute si applicano a tutti gli edifici, sia in muratura ordinaria sia in muratura armata, progettati per azioni sismiche. Si rammenta anzitutto che devono essere rispettate, oltre le indicazioni specifiche riportate al § 7.8 delle NTC, i contenuti di carattere generale del § 4.5 delle NTC ed i requisiti dei prodotti e materiali (mattoni |
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C7.10 COSTRUZIONI E PONTI CON ISOLAMENTO E/O DISSIPAZIONEC7.10.1 Scopo L’isolamento sismico rientra tra le strategie di protezione usualmente raggruppate sotto la denominazione di “controllo passivo delle vibrazioni”. Di queste l’“isolamento sismico” e la “dissipazione d’energia” sono quelle più comunemente utilizzate. Entrambe le tecniche di protezione sono correntemente usate per la protezione delle costruzioni, sia nuove che esistenti, e sono efficaci in ragione del modo in cui ne modificano il comportamento dinamico. La prima è essenzialmente finalizzata a limitare l’energia in ingresso N9 attraverso isolatori collocati tra la porzione di costruzione da proteggere e quella solidale al terreno, la seconda consente di dissipare parte dell’energia in ingresso attraverso meccanismi di dissipazione controllata in appositi dispositivi collocati all’interno della struttura. o colleganti strutture contigue. Queste tecniche di protezione si utilizzano per conseguire migliori prestazioni delle costruzioni soggette ad azioni sismiche. Si giustificano in questo modo i possibili maggiori costi dovuti alla progettazione, l’acquisto e l’installazione dei dispositivi, comunque generalmente compensati dalla minore richiesta di rigidezza e resistenza della struttura necessarie per conseguire le prestazioni desiderate. Per realizzare l’isolamento sismico, occorre creare una discontinuità strutturale lungo l’altezza della costruzione che permetta ampi spostamenti orizzontali relativi tra la parte superiore (sovrastruttura) e quella inferiore (sottostruttura) della costruzione, soprattutto nelle direzioni orizzontali. Il collegamento tra la sovrastruttura e la sottostruttura è realizzato mediante isolatori, ovvero speciali apparecchi di appoggio caratterizzati da rigidezze basse nei confronti degli spostamenti orizzontali ed elevate nei confronti di quelli verticali. Un’opportuna scelta delle caratteristiche meccaniche degli isolatori consente di “disaccoppiare” la sovrastruttura dalla sottostruttura nelle oscillazioni che coinvolgono prevalentemente spostamenti orizzontali. Il “disaccoppiamento” consiste nella diversificazione del comportamento dinamico delle due suddette porzioni della costruzione: durante un moto oscillatorio, mentre la sottostruttura subisce deformazioni di modesta entità, tanto più quanto maggiore è la sua rigidezza, la sovrastruttura compie oscillazioni tanto più ampie quanto minore è la rigidezza e resistenza degli isolatori. Dette oscillazioni sono dovute per la maggior parte alla deformazione degli isolatori collocati al di sotto della sovrastruttura e solo in minor parte alle deformazioni della sovrastruttura stessa. Durante un terremoto, generalmente, tanto più sono ampie queste oscillazioni tanto più sono modeste le conseguenti accelerazioni, quindi le forze d’inerzia, che subisce la sovrastruttura. Ne consegue che l’isolamento è tanto più efficace quanto minori sono le accelerazioni della sovrastruttura e ciò comporta sostanzialmente due tipi di benefici: - benefici diretti sulla sovrastruttura, in quanto consente di contenere l’entità delle forze d’inerzia di natura sismica direttamente agenti su di essa; - benefici indiretti sulla sottostruttura, in quanto consente di contenere l’entità delle forze d’inerzia trasmesse dalla sovrastruttura alla sottostruttura e che, insieme alle forze d’inerzia direttamente agenti su di essa, costituiscono considerevole parte delle forze sismiche che complessivamente essa deve sopportare. Negli edifici, la discontinuità strutturale viene spesso realizzata alla base, tra la fondazione e l’elevazione (isolamento alla base) o immediatamente al di sopra di un piano, per lo più scantinato. Nei ponti l’isolamento sismico è generalmente realizzato tra l’impalcato e le strutture di supporto (pile e le spalle), nel qual caso gli isolatori sostituiscono gli usuali apparecchi di appoggio. Normalmente la riduzione delle forze sismiche che ne consegue produce i suoi maggiori benefici sulle pile e sulle spalle (benefici indiretti sulla sottostruttura). Nei ponti ad impalcato continuo, un’attenta calibrazione delle caratteristiche meccaniche e dei dispositivi d’isolamento e di vincolo che collegano l’impalcato con le pile e le spalle permette altresì di migliorare la distribuzione delle forze sismiche orizzontali dell’impalcato tra le diverse strutture di supporto. Per sfruttare pienamente i vantaggi dell’isolamento, deve essere possibile individuare una porzione rilevante della costruzione, in termini di massa rispetto alla massa complessiva, che possa facilmente essere separata dalla porzione sottostante, dalle costruzioni contigue e dal terreno circostante, ed abbia un basso rapporto tra massa e rigidezza orizzontale (ovvero basso periodo proprio dei modi naturali di vibrare della costruzione che interessano significativamente questa porzione). Nel caso in cui l’isolamento venga utilizzato per interventi su costruzioni esistenti, occorre in generale rispettare i criteri e le regole del Cap.8 delle NTC e del Cap.C8 della presente circolare, per tutti gli aspetti di non stretta pertinenza dell’applicazione dell’isolamento sismico, per le quali, invece, si applica il § 7.10 ed i relativi commenti riportati nel presente testo. I vantaggi dell’isolamento sono riconducibili non solo al drastico abbattimento delle accelerazioni agenti sulle masse strutturali, ma anche all’assenza di oscillazioni brusche nella sovrastruttura per effetto dell’alto periodo proprio di vibrazione. Quest’ultimo effetto comporta notevoli benefici per la protezione dei contenuti, in quanto riduce il rischio di ribaltamento di arredi (talvolta molto pesanti e pericolosi per le persone, come all’interno di librerie, archivi e magazzini), la caduta di oggetti (talvolta di elevato valore, come nei musei), le vibrazioni ad alta frequenza nei macchinari ad alta tecnologia (ad esempio in ospedali, in centri elaborazione dati, etc.) e comporta una minore percezione della scossa sismica da parte delle persone presenti nella porzione di costruzione isolata, aspetto, quest’ultimo, particolarmente importante per ridurre il panico in luoghi affollati come scuole ed ospedali. Molti degli isolatori attualmente in commercio, anche a comportamento sostanzialmente lineare, garantiscono rapporti di smorzamento del sistema d’isolamento superiori al 5%. Per modificare e migliorare le caratteristiche del sistema d’isolamento, in termini di capacità dissipative e/o ricentranti, si possono utilizzare “dispositivi ausiliari” con opportuno comportamento meccanico. Gli effetti dell’isolamento su una struttura possono essere ben interpretati facendo riferimento a forme tipiche degli spettri di risposta elastici in accelerazioni e in spostamenti, per diversi rapporti di smorzamento (vedi Fig. C7.10.1). Considerando una porzione di struttura che, a base fissa, avrebbe un periodo fondamentale di oscillazione Tbf in una data direzione, l’isolamento alla base di questa porzione deve produrre uno dei seguenti effetti: a) l’incremento del periodo grazie all’adozione di dispositivi con comportamento d’insieme approssimativamente lineare. Si ottiene un buon “disaccoppiamento” quando il periodo della struttura isolata TIS risulta TIS ≥ 3·Tbf. Maggiore è l’incremento di periodo (generalmente TIS > 2,0 s) maggiore è la riduzione delle accelerazioni sulla sovrastruttura (spettro in accelerazioni) e l’incremento degli spostamenti (spettro in spostamenti), che si concentrano essenzialmente nel sistema di isolamento; b) la limitazione della forza trasmessa alla sottostruttura, grazie all’adozione di dispositivi con comportamento d’insieme non lineare caratterizzato da basso incrudimento ovvero incrementi minimi o nulli della forza per grandi spostamenti. In questo modo si limitano le forze d’inerzia, quindi l’accelerazione, sulla sovrastruttura, ancora a scapito di un sensibile incremento degli spostamenti nel sistema di isolamento. Oltre che nei due modi detti, l’isolamento si può conseguire utilizzando dispositivi che garantiscano un comportamento d’insieme del sistema intermedio tra i due. La dissipazione di energia, dovuta agli isolatori e/o ad eventuali dispositivi ausiliari determina sempre una riduzione degli spostamenti nel sistema di isolamento. Essa è particolarmente utile in siti caratterizzati da elevata sismicità e/o nel caso di sottosuoli con caratteristiche meccaniche scadenti (tipo C, D, E), cioè nei casi in cui gli spettri di risposta possono presentare spostamenti elevati ed accelerazioni significative anche su periodi di oscillazioni elevati. Fig. C7.10.1 Strategie di riduzione della domanda mediante isolamento sismico L’applicazione dell’isolamento sismico, anche alle usuali costruzioni, richiede criteri, regole e accorgimenti particolari, riportati nel § 7.10 delle NTC e, ove necessario, meglio esplicitati in questa circolare, per tener conto del comportamento peculiare dell’insieme sottostruttura - sistema d’isolamento-sovrastruttura. Tali regole, |
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C7.11 OPERE E SISTEMI GEOTECNICIC7.11.3 Risposta sismica e stabilità del sito C7.11.3.1 Risposta sismica locale Nel § 7.11.3 delle NTC, specifiche analisi di risposta sismica locale sono fortemente raccomandate per categorie speciali di sottosuolo (Tabella 3.2.III delle NTC), per determinati sistemi geotecnici, o se si intende aumentare il grado di accuratezza nella previsione del moto sismico in un dato sito. Nelle analisi condotte in condizioni bi-dimensionali è possibile tenere conto dell’amplificazione stratigrafica e morfologica (superficiale e/o profonda) del sito, in quelle mono-dimensionali, invece, si tiene conto soltanto degli effetti stratigrafici. C7.11.3.1.1 Indagini specifiche Le indagini geotecniche devono consentire la definizione di: - condizioni stratigrafiche e modello di sottosuolo, - proprietà fisiche e meccaniche degli strati di terreno, - regime delle pressioni interstiziali, - profondità e morfologia del substrato rigido o di un deposito ad esso assimilabile. A tal fine devono eseguite specifiche indagini in sito e prove di laboratorio. Per depositi molto profondi, la profondità di indagine si estende fino alla profondità in corrispondenza della quale vengono individuati strati di terreno molto rigidi, assimilabili al substrato ai fini delle analisi di risposta sismica locale. Queste analisi richiedono inoltre un’adeguata conoscenza delle proprietà meccaniche dei terreni in condizioni cicliche, da determinare mediante specifiche indagini in sito e prove di laboratorio, programmate dal progettista in funzione del tipo di opera e/o intervento e della procedura di analisi adottata. In particolare, è fortemente raccomandata l’esecuzione di prove in sito per la determinazione dei profili di velocità di propagazione delle onde di taglio, ai fini della valutazione della rigidezza a bassi livelli di deformazione. Le prove di laboratorio sono invece raccomandate per la valutazione della dipendenza della rigidezza e dello smorzamento dal livello deformativo, e per la determinazione, in dipendenza del legame costitutivo adottato per i terreni, dei parametri di ingresso necessari alle analisi. A titolo di esempio e in maniera non esaustiva, le prove in sito possono includere prove Cross-hole, prove Down-hole, prove SASW, prove dilatometriche sismiche, prove penetrometriche sismiche, ecc.; le prove di laboratorio possono invece consistere in prove cicliche di taglio torsionale o di taglio semplice, prove di colonna risonante, prove triassiali cicliche ecc. Le apparecchiature di laboratorio, opportunamente strumentate, possono permettere anche la determinazione delle caratteristiche di rigidezza a bassi livelli di deformazione. C7.11.3.1.2 Analisi numeriche di risposta sismica locale Le analisi della risposta sismica locale sono effettuate utilizzando procedure di calcolo numerico in cui viene simulata la propagazione delle onde sismiche entro gli strati di terreno compresi tra il sottostante substrato rigido e il piano campagna. In generale, queste analisi richiedono le seguenti operazioni: - scelta della schematizzazione geometrica del problema; - definizione del modello geotecnico di sottosuolo; - definizione delle azioni sismiche al substrato rigido; - scelta della procedura di analisi. C7.11.3.1.2.1 Scelta della schematizzazione geometrica e definizione del modello geotecnico di sottosuolo La schematizzazione geometrica più semplice ai fini delle analisi è quella mono-dimensionale (1D), in cui, a prescindere dalla effettiva configurazione topografica del piano campagna, ci si riconduce allo schema di terreno, uniforme o stratificato orizzontalmente, delimitato da piano campagna orizzontale e poggiante su substrato rigido, anch’esso orizzontale. Sono assimilabili ad un substrato rigido strati di terreno molto rigidi caratterizzati da valori di velocità delle onde di taglio maggiori di 700-800 m/s. Qualora il piano campagna, o la giacitura degli strati e/o del substrato non siano facilmente riconducibili a tale schematizzazione, ad esempio per la presenza di valli, creste, rilievi, ecc., l’assunzione di un modello 1D è poco realistica. In questi casi è possibile ricorrere a schematizzazioni bi-dimensionali (2D), assumendo condizioni di deformazione piana che consentono una modellazione adeguata degli effetti della morfologia profonda e di quella superficiale del sito. Nella definizione del modello geotecnico di sottosuolo è necessario specificare, per ciascuno degli strati individuati, i parametri di ingresso all’analisi. Tale scelta è strettamente connessa al legame costitutivo del terreno scelto dal progettista. C7.11.3.1.2.2 Definizione delle azioni sismiche di ingresso Le azioni sismiche di ingresso sono costituite da accelerogrammi rappresentativi del moto sismico atteso su sito di riferimento rigido affiorante (sottosuolo di categoria A - affioramento roccioso o terreni molto rigidi). Come specificato nel § 3.2.3.6 delle NTC, nelle analisi di risposta sismica locale, così come nelle analisi dinamiche di opere e sistemi geotecnici, non è consentito l’uso di accelerogrammi artificiali. Gli accelerogrammi artificiali spettro-compatibili sono infatti caratterizzati da contenuti in frequenza irrealistici, poiché gli spettri di risposta di progetto su cui essi sono calibrati sono ottenuti da inviluppi di spettri di risposta di numerosi eventi reali. Conseguentemente, gli accelerogrammi artificiali sono caratterizzati da una banda di frequenze irrealisticamente ampia. L’uso di accelerogrammi artificiali in un’analisi di risposta sismica può produrre un’amplificazione contemporanea, e perciò poco realistica, dei diversi modi di vibrazione del sistema, mentre un’azione sismica reale, caratterizzata da una larghezza di banda modesta, amplifica un limitato numero di modi, o al limite un unico modo. Inoltre, dal momento che la risposta dei terreni a una sollecitazione ciclica è non lineare, la rigidezza e la capacità di dissipare energia dipendono dall’ampiezza del livello deformativo. Perciò, durante il sisma il terreno modifica le proprie proprietà meccaniche adattandole all’ampiezza delle vibrazioni che riceve. Se l’azione sismica è poco realistica, la rigidezza e lo smorzamento operativi prodotti dalla non-linearità del comportamento del terreno sono molto distanti dal vero, e la conseguente risposta sismica risulta |
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C8. COSTRUZIONI ESISTENTIIl problema della sicurezza delle costruzioni esistenti è di fondamentale importanza in Italia, da un lato per l’elevata vulnerabilità, soprattutto rispetto alle azioni sismiche, dall’altro per il valore storico-architettonico-artistico-ambientale di gran parte del patrimonio edilizio esistente. A ciò si aggiunge la notevole varietà di tipologie e sub-tipologie strutturali, quali, ad esempio nell’ambito delle strutture murarie, quelle che scaturiscono dalle diversificazioni delle caratteristiche dell’apparecchio murario e degli orizzontamenti, e dalla presenza di catene, tiranti ed altri dispositivi di collegamento. Ne deriva una particolare complessità delle problematiche coinvolte ed una difficile standardizzazione dei metodi di verifica e di progetto e dell’uso delle numerose tecnologie di intervento tradizionali e moderne oggi disponibili. Per questo, più che nelle altre parti delle NTC, è stato seguito un approccio prestazionale, con l’adozione di poche regole di carattere generale ed alcune indicazioni importanti per la correttezza delle diverse fasi di analisi, progettazione, esecuzione. |
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C8.1 OGGETTOQualora la costruzione non sia totalmente completata, occorre identificare le situazio |
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C8.2 CRITERI GENERALISituazioni in cui gli interventi di tipo non strutturale interagiscono con il comportamento delle strutture si riscontrano spesso nei lavori di riorganizzazione interna e funzionale degli edifici. Esempi tipici si osservano nella creazione o variazione di impianti nelle strutture murarie, a causa dell’inserimento di condutture in breccia nelle pareti portanti o della realizzazione di nicchie, che indeboliscono sensibilmente i singoli elementi strutturali o la connessione tra le varie parti, oppure nello spostamento o nella semplice demolizione di tramezzature o tamponature aventi rigidezza e resistenza non trascurabili, |
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C8.3 VALUTAZIONE DELLA SICUREZZAPer valutazione della sicurezza si intende un procedimento quantitativo volto a: - stabilire se una struttura esistente è in grado o meno di resistere alle combinazioni delle azioni di progetto contenute nelle NTC, oppure - a determinare l’entità massima delle azioni, considerate nelle combinazioni di progetto previste, che la struttura è capace di sostenere con i margini di sicurezza richiesti dalle NTC, definiti dai coefficienti parziali di sicurezza sulle azioni e sui materiali. Le NTC forniscono gli strumenti per la valutazione di specifiche costruzioni ed i risultati non sono estendibili a costruzioni diverse, pur appartenenti alla stessa tipologia. Nell’effettuare la valutazione sarà opportuno tener conto delle informazioni, ove disponibili, derivanti dall’esame del comportamento di costruzioni simili sottoposte ad azioni di tipo simile a quelle di verifica. Ciò vale particolarmente quando si effettuano verifiche di sicurezza rispetto alle azioni sismiche. I requisiti di sicurezza definiti nel Cap.8 fanno riferimento allo stato di danneggiamento della struttura, mediante gli stati limite definiti al § 2.2 delle NTC, per le combinazioni di carico non sismiche (Stati limite ultimi e Stati limite di esercizio) e al § 3.2.1 delle NTC, per le combinazioni di carico che includono il sisma (Stato limite di collasso, Stato limite di salvaguardia della vita e Stato limite di esercizio, a sua volta distinto in Stato limite di danno e Stato limite di operatività). La presente Circolare fornisce criteri per la verifica di detti Stati limite. Lo Stato limite di collasso viene considerato solo per costruzioni di calcestruzzo armato o di acciaio. La verifica nei confronti di tale Stato limite può essere eseguita in alternativa a quella di Stato limite di salvaguardia della vita. Per le costruzioni soggette ad azioni sismiche si applica quanto riportato al § 2.4 delle NTC, relativamente a vita nominale (VN), classi d’uso e periodo di riferimento per l’azione sismica (VR). Per una più agevole lettura si riportano nella Tabella C8.1 le vite nominali previste dalla norma ed i corrispondenti periodi di riferimento dell’azione sismica per costruzioni con differenti classi d’uso CU. Nella Tabella C8.2 sono riportati i periodi di ritorno dell’azione sismica da considerare per le verifiche dei diversi Stati limite: Stato limite di operatività (SLO), di danno (SLD), di salvaguardia della vita (SLV) e di collasso (SLC). Nella stessa tabella, sono riportate anche le probabilità di superamento dell’azione sismica riferita ad un periodo di riferimento fisso pari a 50 anni. Queste probabilità possono risultare utili per valutare l’azione sismica di interesse per i diversi Sati limite e Classi d’uso, avendo a disposizione i dati di pericolosità riferiti ad un periodo di 50 anni. Tabella C8.1 Periodo di riferimento dell’azione sismica VR = VN CU (anni)
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C8.4 CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTIIndipendentemente dall’appartenenza ad una delle tre categorie individuate dalle NTC, è opportuno che gli interventi, anche non sismici, siano primariamente finalizzati alla eliminazione o riduzione significativa di carenze gravi legate ad errori di progetto e di esecuzione, a degrado, a danni, a trasformazioni, etc. per poi prevedere l’eventuale rafforzamento della struttura esistente, anche in relazione ad un mutato impegno strutturale. Per gli interventi finalizzati alla riduzione della vulnerabilità sismica sui beni del patrimonio culturale vincolato, un opportuno riferimento è costituito dalla “Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni” del 12 ottobre 2007. Tale direttiva è adottabile per le costruzioni di valenza storico-artistica, anche se non vincolate. C8.4.1. |
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C8.5 PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA E LA REDAZIONE DEI PROGETTIC8.5.1 Analisi storico-critica Generalmente, quando si trattano costruzioni esistenti, può essere difficile disporre dei disegni originali di progetto necessari a ricostruirne la storia progettuale e costruttiva. Per le costruzioni, e in particolare per gli edifici a valenza culturale, storico-architettonica, è talvolta possibile, attraverso una ricerca archivistica, raccogliere una documentazione sufficientemente completa sulla loro storia edificatoria per ricostruire ed interpretare le diverse fasi edilizie. In ogni caso, soprattutto nel caso di edifici in muratura, sia in assenza sia in presenza di documentazione parziale, prima di procedere alle indispensabili operazioni di rilevo geometrico, è opportuno svolgere delle considerazioni sullo sviluppo storico del quartiere in cui l’edificio è situato (a meno che si tratti di edifici isolati), basandosi su testi specialistici, cercando di acquisire informaz |
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C8.7 VALUTAZIONE E PROGETTAZIONE IN PRESENZA DI AZIONI SISMICHECon riferimento a quanto espresso in C8.3, si precisa che nel caso di combinazione di carico che includa l’azione sismica, ai fini della determinazione dell’entità massima delle azioni sismiche sopportabili dalla struttura, si considereranno i carichi permanenti effettivamente riscontrati, e quelli variabili previsti dalla norma. C8.7.1 Costruzioni in muratura Nei paragrafi che seguono, che non hanno corrispettivi nelle NTC, l’attenzione è prevalentemente concentrata sugli edifici. Alcune considerazioni di carattere generale, quali quelle riportate in C8.7.1.1, C8.7.1.2, C8.7.1.3, nonché quelle relative a valutazioni sui singoli elementi strutturali degli edifici, presenti anche in altre costruzioni, possono essere ritenute valide anche per altri tipi costruttivi. C8.7.1.1 Requisiti di sicurezza La valutazione della sicurezza degli costruzioni esistenti in muratura richiede la verifica degli stati limite definiti al § 3.2.1 delle NTC, con le precisazioni riportate al § 8.3 delle NTC e nel seguito. In particolare si assume che il soddisfacimento della verifica allo Stato limite di salvaguardia della vita implichi anche il soddisfacimento della verifica dello Stato limite di collasso. Per la valutazione degli edifici esistenti, oltre all’analisi sismica globale, da effettuarsi con i metodi previsti dalle norme di progetto per le nuove costruzioni (con le integrazioni specificate nel seguito), è da considerarsi anche l’analisi dei meccanismi locali. Quando la costruzione non manifesta un chiaro comportamento d’insieme, ma piuttosto tende a reagire al sisma come un insieme di sottosistemi (meccanismi locali), la verifica su un modello globale non ha rispondenza rispetto al suo effettivo comportamento sismico. Particolarmente frequente è il caso delle grandi chiese o di edifici estesi e di geometria complessa non dotati di solai rigidi e resistenti nel piano, né di efficaci e diffusi sistemi di catene o tiranti. In tali casi la verifica globale può essere effettuata attraverso un insieme esaustivo di verifiche locali, purché la totalità delle forze sismiche sia coerentemente ripartita sui meccanismi locali considerati e si tenga correttamente conto delle forze scambiate tra i sottosistemi strutturali considerati. C8.7.1.2 Azione sismica Per lo Stato limite di salvaguardia della vita e lo Stato limite di esercizio l'azione sismica è definita al § 3.2 delle NTC, tenuto conto del periodo di riferimento definito al § 2.4 delle NTC. Per la verifica di edifici con analisi lineare ed impiego del fattore q, il valore da utilizzare per quest'ultimo è pari a: - q = 2,0 αu/α1 per edifici regolari in elevazione - q = 1,5 αu/α1 negli altri casi in cui αu e α1 sono definiti al § 7.8.1.3 delle NTC. In assenza di più precise valutazioni, potrà essere assunto un rapporto αu/α1 pari a 1,5. La definizione di regolarità per un edificio esistente in muratura è quella indicata al § 7.2.2 delle NTC, in cui il requisito d) è sostituito da: i solai sono ben collegati alle pareti e dotati di una sufficiente rigidezza e resistenza nel loro piano. C8.7.1.3 Combinazione delle azioni Per la combinazione dell’azione sismica con le altre azioni valgono i criteri di cui al § 3.2.4 delle NTC. Le diverse componenti dell’azione sismica vengono combinate con i criteri riportati al § 7.3.5 delle NTC. C8.7.1.4 Metodi di analisi globale e criteri di verifica L’analisi della risposta sismica globale può essere effettuata con uno dei metodi di cui al § 7.3 delle NTC, con le precisazioni e restrizioni indicate al § 7.8.1.5. In particolare, per le costruzioni esistenti è possibile utilizzare l’analisi statica non lineare, assegnando come distribuzioni principale e secondaria, rispettivamente, la prima distribuzione del Gruppo 1 e la prima del Gruppo 2, indipendentemente della percentuale di massa partecipante sul primo modo. Nella modellazione di edifici esistenti possono essere considerate le travi di accoppiamento in muratura, quando siano verificate tutte le seguenti condizioni: - la trave sia sorretta da un architrave o da un arco o da una piattabanda strutturalmente efficace, che garantisca il sostegno della muratura della fascia anche nel caso in cui quest’ultima venga fessurata e danneggiata dal sisma; - la trave sia efficacemente ammorsata alle pareti che la sostengono (ovvero sia possibile confidare in una resistenza orizzontale a trazione, anche se limitata) o si possa instaurare nella trave un meccanismo resistente a puntone diagonale (ovvero sia possibile la presenza di una componente orizzontale di compressione, ad esempio per l’azione di una catena o di un elemento resistente a trazione in prossimità della trave). Per le verifiche di sicurezza nei riguardi del comportamento sismico globale, si applica quanto prescritto ai §§ 7.8.1.6, 7.8.2 e 7.8.3 delle NTC, con le precisazioni riportate al § 8.7.1.5 delle NTC. Nel caso in cui sia richiesta la verifica per lo Stato limite di esercizio, i valori limite di spostamento di interpiano consigliati per la verifica allo Stato limite di danno sono quelli forniti al § 7.3.7.2 delle NTC, riportati di seguito: - per costruzioni con struttura portante in muratura ordinaria 0,003 h; - per costruzioni con struttura portante in muratura armata 0,004 h. I valori limite di spostamento di interpiano consigliati per la verifica Stato limite di operatività sono i 2/3 di quelli per lo Stato limite di danno. Nella verifica allo Stato limite ultimo di salvaguardia della vita, qualora si esegua l’analisi non lineare, lo spostamento ultimo per azioni nel piano di ciascun pannello sarà assunto pari a 0,4 % dell'altezza del pannello, nel caso di rottura per taglio, e pari a 0,6%, nel caso di rottura per pressoflessione. I predetti limiti sono definiti al netto degli spostamenti dovuti ad un eventuale moto rigido del pannello (ad esempio conseguente alla rotazione della base), e si incrementano di un’aliquota fino al 100% nel caso di rottura per pressoflessione di pannelli che esibiscono un comportamento a mensola. In presenza di edifici in aggregato, caso tipico nei centri storici, e di edifici a struttura mista, frutto di sistemi costruttivi relativamente moderni o di trasformazioni successive recenti, gli usuali metodi non sempre sono adeguati ed è opportuno seguire appropriati criteri di modellazione e di verifica. Per gli edifici a struttura mista vale quanto specificato in C8.7.3, mentre indicazioni per l’individuazione e la modellazione degli edifici in aggregato sono riportate in Appendice C8C. C8.7.1.5 Modelli di capacità per la valutazione di edifici in muratura Pareti murarie Nel caso di analisi elastica con il fattore q (analisi lineare statica ed analisi dinamica modale con coefficiente di struttura), i valori di calcolo delle resistenze sono ottenuti dividendo i valori medi per i rispettivi fattori di confidenza e per il coefficiente parziale di sicurezza dei materiali. Nel caso di analisi non lineare, i valori di calcolo delle resistenze da utilizzare sono ottenuti dividendo i valori medi per i rispettivi fattori di confidenza. Per gli edifici esistenti in muratura, considerata la notevole varietà delle tipologie e dei meccanismi di rottura del materiale, la resistenza a taglio di calcolo per azioni nel piano di un pannello in muratura potrà essere calcolata con un criterio di rottura per fessurazione diagonale o con un criterio di scorrimento, facendo eventualmente ricorso a formulazioni alternative rispetto a quelle adottate per opere nuove, purché di comprovata validità. Nel caso di muratura irregolare o caratterizzata da blocchi non particolarmente resistenti, la resistenza a taglio di calcolo per azioni nel piano di un pannello in muratura potrà essere calcolata con la relazione seguente: (8.7.1.1) dove: - l è la lunghezza del pannello - t è lo spessore del pannello - σ |
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C9. COLLAUDO STATICO |
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C9.1 PRESCRIZIONI GENERALIIl Cap.9 delle NTC detta disposizioni minime per l’esecuzione del collaudo statico, atto a verificare il comportamento e le prestazioni delle parti di opera che svolgono funzione portante e che interessano la sicurezza dell’opera stessa e, conseguentemente, la pubblica incolumità. Le finalità del collaudo statico previsto dal T.U. dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001), che ne regola le procedure per le sole strutture in cemento armato normale e precompresso e metalliche, vengono estese a tutte le parti strutturali delle opere, indipendentemente dal sistema costruttivo adottato e dal materiale impiegato. In ogni caso il certificato di collaudo statico delle strutture di un’opera é un documento autonomo che, comunque, fa parte integrante o del collaudo generale tecnico-amministrativo dell’intera opera, quando previsto. Il Committente o il Costruttore, nel caso in cui quest’ultimo esegua in proprio la costruzione, possono richiedere al Collaudatore statico l’esecuzione di collaudi statici parziali in corso d’opera, qualora siano motivati da difficoltà tecniche e da complessità esecutive dell’opera, salvo quanto previsto da specifiche disposizioni in materia. Per consentire l’utilizzazione ovvero l’esercizio delle costruzioni disciplinate dalle NTC è necessario in ogni caso il preventivo rilascio del certificato di collaudo statico, contenente la dichiarazione di collaudabilità delle relative opere strutturali, da parte del Collaudatore. Il collaudo statico comprende i seguenti adempimenti: |
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C9.2 PROVE DI CARICOLe prove di carico, ove ritenute necessarie dal Collaudatore statico, hanno la finalità di identificare la corrispondenza fra comportamento teorico e sperimentale. I materiali degli elementi sottoposti a prove devono aver raggiunto le resistenze previste per il loro funzionamento finale in esercizio. Il programma delle prove, predisposto dal Collaudatore statico, con l’indicazione delle procedure di carico e delle prestazioni attese (deformazioni, livelli tensionali, reazione dei vincoli, ecc.) va sottoposto al Direttore dei lavori per l’attuazione e reso noto al Progettista perché ne convalidi la compatibilità con il progetto strutturale ed al Costruttore per accettazione. Nel caso di mancata convalida da parte del Progettista o di non accettazione da parte del Costruttore, il Collaudatore statico, con relazione motivata, potrà chiederne l’esecuzione al Direttore dei Lavori, ovvero dichiarare l’opera non collaudabile. Le prove di carico devono essere svolte con le modalità indicate dal Collaudatore statico che ne assume la responsabilità mentre la loro materiale attuazione é affidata al Direttore dei lavori, che ne assume la responsabilità. Nelle prove si terrà conto di quanto indicato nel Cap.4 delle NTC per i vari materiali. Per i ponti si terrà conto, inoltre, di quanto prescritto ai §§ 5.1 e 5.2 delle NTC ed ai corrispondenti paragrafi della presente Circolare, rispettivamente per i ponti stradali e per quelli ferroviari. Le prove di carico sono prove di comportamento delle opere sotto le azioni di esercizio, tali da indurre le sollecitazioni massime di esercizio per combin |
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C10. REDAZIONE DEI PROGETTI STRUTTURALI ESECUTIVI E DELLE RELAZIONI DI CALCOLOLe norme di cui al Cap.10, disciplinando la redazione dei progetti esecutivi delle strutture, contengono anche criteri guida per il loro esame ed app |
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C10.1 CARATTERISTICHE GENERALILa disciplina dei contenuti della progettazione esecutiva strutturale che riguarda, essenzialmente, la redazione della relazione di calcolo e di quelle specialistiche annesse (geologica, geotecnica, sismica ecc.), degli elaborati grafici e dei particolari costruttivi nonché del piano di manutenzione delle strutture, salvo diverse disposizioni normative di settore, trova riferimento: - nel T.U. dell’edilizia D.P.R. n. 380/2001 di cui vanno osservate modalità e procedure; - nel Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cui al D.Lgs n. 163/2006; - nel Regolamento di attuazione del sopra citato Codice in ogni caso con la finalità di “assicurare la perfetta stabilità e sicurezza delle strutture e di evitare qualsiasi pericolo per la pubblica incolumità” (D.P.R. 380/2001 art. 64) ed “in modo da escludere la necessità di variazioni in corso di esecuzione”. Il progetto strutturale, tenuto conto dei precedenti riferimenti legislativi, nonché delle NTC (§ 10.1) va informato a caratteri di chiarezza espositiva di completezza nei contenuti, che definiscano compiutamente l’intervento da realizzare - restando esclusi soltanto i piani operativi di cantiere, i piani di approvvigionamento, nonché i calcoli e i grafici relativi alle opere provvisionali - attraverso i seguenti elaborati: 1) Relazione di calcolo strutturale, comprensiva di una descrizione generale dell’opera e dei criteri generali di analisi e di verifica. 2) Relazione sui materiali. 3) Elaborati grafici, particolari costruttivi. 4) piano di manutenzione della struttura dell’opera. 5) Relazioni specialistiche sui risultati sperimentali corrispondenti alle indagini ritenute necess |
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C10.2 ANALISI E VERIFICHE SVOLTE CON L’AUSILIO DI CODICI DI CALCOLOCon il § 10.2 delle NTC viene colmato un vuoto normativo, durato troppo a lungo, relativo all’analisi strutturale condotta con l’ausilio di programmi di calcolo, affidando al progettista delle strutture il compito e la responsabilità di comprovare la validità dei risultati dei calcoli e delle verifiche attraverso: - la verifica dell’attendibilità dei risultati ottenuti; - la presentazione dei risultati che ne garantiscano la leggibilità, la corretta interpretazione e la riproducibilità. La relazione di calcolo, a tal fine, comprende, senza ambiguità ed in modo esaustivo, le configurazioni studiate e fornisce le seguenti indicazioni: a) tipo di analisi svolta a.1) statica, dinamica, lineare, non lineare; a.2) il metodo adottato per la risoluzione del problema st |
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C.11 MATERIALI E PRODOTTI PER USO STRUTTURALEIl Cap.11 delle NTC tratta fondamentalmente le procedure di qualificazione e di accettazione in cantiere dei materiali e prodotti per uso strutturale, con una formulazione finalizzata, fra l’altro, a definire con chiarezza i compiti assegnati ai vari soggetti del processo (progettista, direttore dei lavori, produttore, etc). Sono confermati i principi generali secondo cui tutti i materiali e prodotti per uso strutturale devono essere identificati, qualificati ed accettati. |
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C11.1 GENERALITÀPer quanto riguarda le modalità di qualificazione ed identificazione dei materiali, viene opportunamente specificato quali siano i possibili casi di riferimento: A) materiali e prodotti per uso strutturale per i quali sia disponibile una norma europea armonizzata; B) materiali e prodotti per uso strutturale per i quali sia prevista la qualificazione con le modalità e le procedure indicate nelle presenti norme; C) materiali e prodotti per uso strutturale innovativi o comunque non citati nel presente capitolo, per i quali il produttore potrà pervenire alla Marcatura CE in conformità a Benestare Tecnici Europei (ETA), ovvero, in alternativa, dovrà essere in possesso di un Certificato di Idoneità Tecnica all’Impiego rilasciato dal Servizio Tecnico Centrale sulla base di Linee Guida approvate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Circa i concetti sopraesposti, è bene riportare alcuni chiarimenti riguardo ai termini utilizzati. “Produttore” È colui che immette un determinato prodotto sul mercato, per un determinato impiego, assumendosene le relative responsabilità (di conformità, ecc.). “Norma europea armonizzata” Costituisce il documento di cui al Cap. II della Dir.89/106/CEE (nel seguito CPD) ed è predisposta dal CEN, talvolta dal CENELEC. Ciascuna norma armonizzata, una volta approvata, è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee (nel seguito GUUE) a cura della Commissione, e deve prevedere un periodo di coesistenza nel quale l’applicazione della norma stessa non è obbligatoria. Al termine di tale periodo, invece, possono essere immessi sul Mercato soltanto i prodotti da costruzione conformi alla norma armonizzata di cui trattasi. La pubblicazione delle norme europee armonizzate è compito dei singoli Organismi nazionali di normazione che ne predispongono, normalmente, una versione nella propria lingua. Spesso la datazione di tale versione nazionale non coincide con quella originaria. Ciascuna norma armonizzata, predisposta sulla base di uno specifico Mandato della Commissione Europea, deve contenere il cosiddetto “Allegato ZA” che identifica i paragrafi della norma che appartengono alla parte “armonizzata” della norma stessa e che quindi diventano cogenti ai sensi della Dir.89/106/CEE. “Marcatura CE” |
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C11.2 CALCESTRUZZOC.11.2.1 Specifiche per il calcestruzzo Nella norma si precisa che la prescrizione del calcestruzzo all’atto del progetto deve essere caratterizzata almeno mediante la classe di resistenza, la classe di consistenza ed il diametro massimo dell’aggregato. Per quanto attiene la classe di resistenza si ribadisce e specifica che la classe di resistenza è individuata esclusivamente dai valori caratteristici delle resistenze cilindrica fck e cubica Rck a compressione uniassiale, misurate su provini normalizzati e cioè rispettivamente su cilindri di diametro 150 mm e di altezza 300 mm e su cubi di spigolo 150 mm. C11.2.3 Valutazione preliminare della resistenza Le prove preliminari di studio di cui al § 11.2.3 delle NTC sono finalizzate ad ottenere il calcestruzzo più rispondente sia alle caratteristiche prescritte dal progettista sia alle esigenze costruttive, in termini di classe di resistenza, classe di consistenza, tempi di maturazione, etc. In genere lo studio della miscela viene condotto presso il produttore di calcestruzzo, sotto il controllo di un laboratorio autorizzato, ovvero presso il laboratorio stesso. C11.2.4 Prelievo dei campioni Il prelievo dei campioni durante il getto costituisce un momento importante dei controlli di sicurezza sulle strutture in calcestruzzo, controlli sanciti dalla Legge n.1086/71, poi ripresi nel DPR380/01, e descritti nel § 11.2.5 delle NTC. Per tale motivo al § 11.2.5.3 delle NTC è riportata una serie di prescrizioni relative alle modalità di prelievo dei campioni, ai compiti ed alle relative responsabilità attribuite in tal senso al Direttore dei lavori ed al laboratorio di prove abilitato. C11.2.5 Controllo di accettazione Si conferma e si ribadisce l’obbligo, da parte del Direttore dei lavori, di eseguire controlli sistematici in corso d’opera per verificare la conformità delle caratteristiche del calcestruzzo messo in opera rispetto a quello stabilito dal progetto. Ai fini di un efficace controllo di accettazione di Tipo A, è evidentemente necessario che il numero dei campioni prelevati e provati sia non inferiore a sei (tre prelievi), anche per getti di quantità inferiore a 100 m3 di miscela omogenea. C11.2.5.3 Prescrizioni comuni per entrambi i criteri di controllo In questo paragrafo la norma fornisce una serie di prescrizioni comuni sia ai controlli di Tipo A che di Tipo B, utili ai fini di una corretta esecuzione dei controlli di accettazione. In primo luogo la norma intende sottolineare le responsabilità attribuite per legge al Direttore dei Lavori, che deve assicurare la propria presenza alle operazioni di prelievo dei campioni di calcestruzzo nella fase di getto, provvedendo: - a redigere apposito Verbale di prelievo; - a fornire indicazioni circa le corrette modalità di prelievo dei campioni; - |
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C11.3 ACCIAIOC11.3.1 Prescrizioni comuni a tutte le tipologie di acciaio C11.3.1.1 Controlli Le NTC prevedono che il controllo sugli acciai da costruzione sia obbligatorio e si effettui, con modalità e frequenze diverse, negli stabilimenti di produzione, nei centri di trasformazione, in cantiere. Per quanto attiene l’entità dei controlli, si prevede questi siano effettuati: - negli stabilimenti di produzione su lotti di produzione continua. Nella maggior parte dei casi, negli stabilimenti nei quali sono presenti i forni di fusione, si può individuare come lotto di produzione la colata. - nei centri di trasformazione su forniture. - in cantiere, nell’ambito dei controlli di accettazione, su lotti di spedizione. C11.3.1.2 Controlli di produzione in stabilimento e procedure di qualificazione Tutti gli acciai per impiego strutturale devono essere qualificati. In tal senso la valutazione della conformità del controllo di produzione in stabilimento e del prodotto finito è effettuata: - mediante la marcatura CE, ai sensi del DPR n.246/93 di recepimento della direttiva 89/106/CEE, quando sia applicabile; per fare un esempio, non esaustivo, i laminati e relativi profilati IPE, HE, UPN etc. devono essere provvisti di Marcatura CE obbligatoriamente già dal settembre 2006; - attraverso la qualificazione del Servizio Tecnico Centrale, con la procedura indicata nelle NTC stesse. Nel caso B, ultimata l’istruttoria e verificato il possesso dei requisiti richiesti, il Servizio Tecnico Centrale rilascia all’acciaieria, per ciascuno stabilimento, un apposito Attestato di qualificazione. L’Attestato di qualificazione, di validità 5 anni, individuato da un numero progressivo, riporta il nome dell’azienda, lo stabilimento, i prodotti qualificati, il marchio. Un elenco di tutti gli attestati rilasciati è riportato, compatibilmente con il funzionamento della rete internet, sul sito del Consiglio Superiore dei lavori pubblici. C11.3.1.5 Forniture e documentazione di accompagnamento Tutte le forniture di acciaio, provenienti dallo stabilimento di produzione (Produttore), devono essere accompagnate: A) nel caso sussista l’obbligo della Marcatura CE - da copia della Dichiarazione di conformità CE, riportante un timbro in originale con almeno la data di spedizione ed il destinatario; - dal documento di trasporto con la data di spedizione ed il riferimento alla quantità, al tipo di acciaio, al destinatario. B) nel caso non sussista l’obbligo della Marcatura CE - dalla copia dell’attestato di qualificazione del Servizio Tecnico Centrale, riportante un timbro in originale con almeno la data di spedizione ed il destinatario; - dal documento di trasporto con la data di spedizione ed il riferimento alla quantità, al tipo di acciaio, alle colate, al destinatario. Gli stabilimenti di produzione (Produttori) di acciai qualificati, caso B, non sono tenuti ad allegare alle forniture copia dei Certificati rilasciati dal Laboratorio incaricato che effettua i controlli periodici di qualità. Si precisa infatti, al riguardo, che i predetti Certificati non sono significativi ai fini della fornitura, trattandosi di documenti riservati al Servizio Tecnico Centrale per i controlli semestrali nell’ambito del mantenimento e rinnovo della qualificazione. Tali Certificati, peraltro, non possono sostituire i Certificati relativi alle prove effettuate a cura del Direttore dei Lavori, che devono essere rilasciati dai laboratori di cui all’art. 59 del DPR n. 380/2001 nell’ambito dei controlli obbligatori di cantiere. Le forniture effettuate da un commerciante intermedio devono essere accompagnate da copia dei documenti rilasciati dal Produttore e completati con il riferimento al documento di trasporto del commerciante stesso. Il Direttore dei Lavori prima della messa in opera, è tenuto a verificare quanto sopra indicato ed a rifiutare le eventuali forniture non conformi, ferme restando le responsabilità del produttore. C11.3.2 Acciaio per cemento armato C11.3.2.1 Acciaio per cemento armato B450C La norma stabilisce, preliminarmente, i valori nominali della tensione di snervamento fy nom e di rottura ft nom che possono essere utilizzati nel calcolo delle strutture. Vengono quindi fissati i requisiti che gli acciai devono possedere per rispondere alle attese previste nel calcolo. Nella Tabella 11.3.1.b delle NTC si stabilisce infatti che i valori caratteristici con frattile 5%, fyk e ftk, ottenuti mediante prove su un numero significativo di campioni, non siano inferiori ai rispettivi valori nominali fissati, ovvero 450 N/mmq e 540 N/mmq. |
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C11.4 MATERIALI DIVERSI DALL’ACCIAIO UTILIZZATI CON FUNZIONE DI ARMATURA IN STRUTTURE DI CALCESTRUZZO ARMATOL’impiego di materiali diversi dall’acciaio con funzione di armatura in strutture in c.a. &e |
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C11.5 SISTEMI DI PRECOMPRESSIONE A CAVI POST-TESI E TIRANTI DI ANCORAGGIOC11.5.1 Sistemi di precompressione a cavi post tesi |
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C11.6 APPOGGI STRUTTURALIGli appoggi strutturali sono dispositivi di vincolo utilizzati nelle strutture, nei ponti e negli edifici, allo scopo di trasmettere puntualmente carichi e vincolare determinati gradi di libertà di spostamento. Per quanto riguarda l’idoneità all’uso del prodotto si applica il caso A) di c |
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C11.7 MATERIALI E PRODOTTI A BASE DI LEGNOC.11.7.1 Generalità Per quanto riguarda la qualificazione dei differenti materiali o prodotti a base di legno, si possono applicare i casi A), B) o C) previsti al §11.1 delle NTC; in particolare: - se il prodotto è coperto da una norma europea armonizzata per cui è terminato il periodo di coesistenza, allora è obbligatoria l’applicazione della procedura di cui al caso A) del §11.1 (marcatura CE sulla base di norma armonizzata); in tal caso non si applica la procedura di qualificazione nazionale riportata nel §11.7.10 delle medesime NTC; - se il prodotto è coperto da una norma europea armonizzata, pubblicata su gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea per la quale non sia ancora terminato il periodo di coesistenza, il produttore può optare alternativamente per la procedura la procedura di qualificazione nazionale riportata nel §11.7.10 delle NTC, (caso B del § 11.1), oppure per la marcatura CE (caso A); - se il prodotto è dotato di uno specifico Benestare Tecnico Europeo (ETA), rilasciato sulla base di una Linea Guida di Benestare Tecnico Europeo (ETAG) oppure di un CUAP, si può procedere alla marcatura CE secondo il caso C) oppure, alternativamente si può attuare la procedura di qualificazione nazionale riportata nel §11.7.10 delle NTC, (caso B |
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C11.8 COMPONENTI PREFABBRICATI IN C.A. E C.A.P.C11.8.1 Generalità Per quanto riguarda la qualificazione degli specifici materiali o prodotti, si possono applicare, in relazione agli specifici prodotti, i casi A), B) o C) previsti al §11.1 delle NTC, in particolare si osserva che: - se il prodotto è coperto da una norma europea armonizzata per cui è terminato il periodo di coesistenza, allora è obbligatoria l’applicazione della procedura di cui al caso A) del §11.1 (marcatura CE sulla base di norma arm |
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C11.9 DISPOSITIVI ANTISISMICII dispositivi antisismici, così come definiti nella norma, sono tipicamente utilizzati per realizzare sistemi di isolamento sismico, negli edifici, nei ponti e in altri tipi di costruzioni (si veda il §7.10 delle NTC), e sistemi di dissipazione di energia, che negli edifici sono costituiti quasi sempre da controventi che incorporano dispositivi dissipativi. Alcuni tipi di dispositivi sono, inoltre, utilizzati per variare favorevolmente lo schema strutturale, congiuntamente o indipendentemente dai suddetti sistemi, introducendo vincoli temporanei che entrano in funzione, o interrompono la loro funzione di vincolo, in presenza di azioni sismiche. La progettazione dei dispositivi antisismici e la definizione delle loro prestazioni deve tener conto delle azioni loro applicate nelle normali condizioni di servizio, affinché possano non creare problemi alla costruzione in tali condizioni e presentarsi in piena efficienza funzionale in caso di terremoto. In particolare la capacità di spostamento di tutti i dispositivi deve tener conto degli effetti termici sulla struttura nel quale il dispositivo è inserito, i cui spostamenti indotti dovranno essere sommati a quelli prodotti dal terremoto di progetto. In merito alle procedure di qualificazione, qualora non si ricada in uno dei casi A) o C) del § 11.1 delle NTC, si applica obbligatoriamente la procedura di qualificazione prevista al § 11.9.2 delle stesse NTC (caso B). Cessa quindi di avere validità l’attestato di deposito della documentazione presso il Servizio Tecnico Centrale, effettuato per i prodotti o sistemi che direttamente influiscono sulla sicurezza e la stabilità degli impalcati stradali e ferroviari e che rientrano nelle pertinenze di esercizio di cui al punto a) della Circolare Min. LL.PP. n.2357 del 16.5.96. C11.9.1 Tipologie di dispositivi In questo capitolo i dispositivi sono classificati in relazione alla funzione strutturale che devono svolgere e alle loro modalità di funzionamento, ovvero al loro legame caratteristico forza-spostamento. Le specifiche indicate nel presente capitolo sono valide per tutti i dispositivi trattati, comunque impiegati per la protezione sismica della struttura. I Dispositivi di vincolo temporaneo, suddivisi in Dispositivi di vincolo del tipo “a fusibile” e Dispositivi (dinamici) di vincolo provvisorio, rappresentano dei vincoli ausiliari le cui caratteristiche permangono immutate sino al raggiungimento di particolari condizioni. In particolare, i primi consentono di solidarizzare le parti che collegano sino al raggiungimento di una soglia di forza oltre la quale, al superamento della stessa, consentono tutti i movimenti come se non fossero presenti. Pertanto, essi rappresentano un vincolo sino a quando non si raggiunge il valore della forza di soglia, oltre il quale il vincolo è disattivato ed una sua riattivazione può avvenire solo mediante la sostituzione o un eventuale intervento meccanico. I dispositivi dinamici di vincolo provvisorio, detti anche shock transmitter, hanno una logica di funzionamento inversa rispetto alla precedente, ovvero lasciano libere e prive di vincolo, le parti da essi collegate, sino a quando i movimenti relativi tra gli elementi che collegano non si manifestino con una velocità maggiore della velocità di attivazione del dispositivo, superata la quale si trasformano, per la durata del movimento rapido, in collegamento pressoché rigido tra le parti. Tali dispositivi vengono utilizzati, ad esempio, per solidarizzare temporaneamente due elementi in presenza di movimenti rapidi (quali quelli dinamici dovuti ad un evento sismico) per la durata dell’azione dinamica, consentendo prima e dopo l’evento, tutti i movimenti lenti (in particolare quelli legati alle dilatazioni termiche) come se le parti non fossero tra loro collegate. I Dispositivi dipendenti dallo spostamento, a loro volta suddivisi in Dispositivi a comportamento lineare o “Lineari”e Dispositivi a comportamento non lineare o “Non Lineari”, sono caratterizzati da un legame forza-spostamento sostanzialmente indipendente dalla velocità. I primi hanno un comportamento sostanzialmente lineare e nella fase di scarico non devono mostrare spostamenti residui significativi mentre i secondi sono caratterizzati da un legame forza-spostamento non lineare, con comportamento stabile per il numero di cicli richiesti dalle esigenze progettuali e, comunque, con dei requisiti minimi nel seguito descritti. Nei Dispositivi dipendenti dalla velocità detti anche Dispositivi a comportamento viscoso o “Viscosi” il legame costitutivo forza-spostamento può dipendere sia dalla sola velocità che, contemporaneamente, dalla velocità e dallo spostamento. Il funzionamento è caratterizzato dalle forze di reazione generate dal flusso di un fluido viscoso che passa, attraverso orifizi o sistemi di valvole, tra le due camere che il dispositivo possiede. I Dispositivi di isolamento, o “Isolatori”, suddivisi in “Isolatori elastomerici” ed “Isolatori a scorrimento”, svolgono fondamentalmente la funzione di sostegno dei carichi verticali, con elevata rigidezza in direzione verticale e bassa rigidezza o resistenza in direzione orizzontale, permettendo notevoli spostamenti orizzontali. I primi sono costituiti da strati di gomma frapposti tra piastre in acciaio e ad esse solidarizzati mediante vulcanizzazione. Tale configurazione, rispettando taluni rapporti geometrici, determina un forte confinamento alla deformazione trasversale della gomma e conferisce al dispositivo un’elevata rigidezza e resistenza nei confronti dei carichi verticali, conservando un’elevata deformabilità trasversale. Gli isolatori a scorrimento hanno un funzionamento caratterizzato da basse forze di attrito orizzontali, la cui entità dipende dal tipo di superfici utilizzate e dal loro trattamento, che si sviluppano all’interfaccia tra i materiali che costituiscono le due superfici di contatto su cui avviene lo scorrimento. C11.9.2 Procedura di qualificazione La procedura di qualificazione è finalizzata ad acquisire una dettagliata conoscenza del comportamento del dispositivo, in relazione al ruolo che esso dovrà svolgere nelle strutture in cui sarà inserito. Per i dispositivi costituiti da elementi il cui comportamento è stabile nel tempo e/o stabile per differenti condizioni di temperatura ambientale e/o stabile per differenti velocità di deformazione/spostamento, in relazione al mantenimento delle proprietà chimico-fisiche dei materiali e alla conservazione dell’efficienza dei meccanismi di funzionamento, è possibile omettere le relative prove di verifica, motivando tale omissione mediante adeguata relazione. Nei casi in cui la dipendenza dalla temperatura sia legata solo alla variabilità delle proprietà dei materiali, l’accertamento di tale dipendenza potrà essere effettuato su campioni dei materiali stessi anziché sull’intero dispositivo. Le prove di qualificazione descritte nella norma costituiscono le condizioni minime da rispettare, fermo restando che il produttore potrà fornire tutte le valutazioni aggiuntive, anche mediante ulteriori test sperimentali, per la verifica delle condizioni riportate per ogni tipo di dispositivo. Le prove di qualificazione sono finalizzate a determinare le caratteristiche del dispositivo sottoposto a richieste prestazionali confrontabili con quelle progettuali e verificarne la robustezza di comportamento. Tali prove richiedono tipicamente l’esecuzione di differenti test, le cui modalità variano a seconda del tipo di dispositivo e della tecnologia su cui è basato. Esse possono essere eseguite su prototipi in scala ridotta o ampliata, in modo da essere utilizzabili come prove di riferimento per dispositivi anche di dimensioni diverse. Si conferma comunque la necessità che i campioni da sottoporre a prova rappresentino un campione significativo della produzione soggetta a qualificazione. |
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C11.10 MURATURA PORTANTEC11.10.1 Elementi per muratura È opportuno rammentare che la definizione delle categorie degli elementi per muratura è più precisamente descritta nelle norme armonizzate della serie UNI EN 771. Per entrambe le categorie di elementi contemplate, l’effettiva resistenza a compressione del prodotto, valutata secondo la UNI EN 772-1:2002, non può essere inferiore a quella dichiarata con la marcatura CE. La differenza tra tali categorie si può sintetizzare in modo semplice nei seguenti termini: per elementi di Categoria II la prestazione (media o caratteristica) può essere raggiunta ammettendo una maggiore variabilità dei singoli valori di resistenza, mentre per elementi di Categoria I viene raggiunta con una minore variabilità dei singoli valori di resistenza. C11.10.1.1 Prove di Accettazione Il paragrafo ribadisce che tutti i materiali, indipendentemente dalla Marcatura CE ovvero da altre qualificazioni nazionali, devono essere accettati dal Direttore dei lavori, anche mediante le prove sperimentali di accettazione di cui al §11.10.1.1 delle NTC; in ogni caso il Direttore dei lavori potrà far eseguire tutte le ulteriori prove che ritenga necessarie ai fini dell’impiego specifico, facendo riferimento alle metodologie indicate nelle norme armonizzate applicabili. C11.10.1.1.1 Resistenza a compressione degli elementi resistenti artificiali o naturali |
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C12. RIFERIMENTI TECNICIGli Eurocodici Strutturali pubblicati dal CEN costituiscono un importante riferimento per l'applicazione delle Norm |
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CA - ALLEGATO A ALLE NORME TECNICHE PER LE COSTRUZIONI: PERICOLOSITÀ SISMICASi premette che i valori della accelerazione massima del terreno ag sono forniti dalla pericolosità sismica di base dell’INGV con una precisione dell’ordine di ±0,01g ed analoghi livelli di precisione sono riscontrabili anche sulle risposte spettrali. Il fatto che l’errore sia espresso in termini assoluti invece che relativi evidenzia come la sua influenza possa essere significativa nei casi di bassa sismicità (peraltro tutelati dalle norme attraverso soglie di azione minima irrinunciabile) e vada attenuandosi al crescere della pericolosità sismica. La accurata modellazione adottata dalla norma per la pericolosità sismica trova dunque la sua giustificazione più che nella precisione dei dati disponibili, variabile al variare della pericolosità sismica, nel desiderio di pervenire ad una definizione dell’azione sismica univoca, riducendo a tal fine il più possibile gli spazi di discrezionalità con cui il progettista deve confrontarsi. Data la modalità di definizione della pericolosità sismica, è evidente come frequentemente possa accadere che la situazione progettuale considerata non ricada tra quelle già considerate, né in termini di coordinate geografiche né in termini di coordinate temporali. Non ricadere tra le situazioni già considerate in termini di coordinate geografiche vuol dire che il punto in esame (che identifica il sito ove sorge la costruzione) non ricade in uno dei 10751 punti appartenenti alla maglia considerata nella “pericolosità sismica di base”. Non ricadere tra le situazioni già considerate in termini di coordinate temporali vuol dire che il periodo di ritorno TR della costruzione in esame (identificato in base al periodo di riferimento VR = CU⋅VN proprio della costruzione ed alla probabilità di superamento PVR che compete allo stato limite considerato, attraverso la formula) TR =-VR/ln(1- PV |
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C7A (APPENDICE AL § C7) |
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C7A.10. (APPENDICE AL § C7.10) COSTRUZIONI CON ISOLAMENTO E/O DISSIPAZIONEQuesta appendice ha lo scopo di fornire indicazioni utili alla progettazione e la realizzazione di costruzioni, in particolare di edifici, dotati di sistemi di protezione sismica basati sulla dissipazione di energia. Glossario Centro di rigidezza equivalente: Centro delle rigidezze equivalenti dei dispositivi che costituiscono il sistema di isolamento e della sottostruttura. Il contributo di quest’ultima è generalmente trascurabile negli edifici. Ciclo bilineare teorico: Ciclo di comportamento meccanico forza-spostamento, definito convenzionalmente per identificare le principali caratteristiche meccaniche di un dispositivo a comportamento non lineare, mediante i valori di rigidezza di due rami definiti dai seguenti parametri: d2 = Spostamento massimo di progetto in un dispositivo d’isolamento, corrispondente allo SLC; F2 = forza corrispondente allo spostamento d2, ottenuta al terzo ciclo sperimentale. Coefficiente viscoso equivalente: Coefficiente viscoso ξ che dissipa la stessa quantità di energia meccanica del sistema d’isolamento durante un ciclo di ampiezza assegnata, tipicamente pari a quella di progetto. Dispositivi d'isolamento: Componenti del sistema d'isolamento, ciascuno dei quali fornisce una singola o una combinazione delle seguenti funzioni: - di sostegno dei carichi verticali con elevata rigidezza in direzione verticale e bassa rigidezza o resistenza in direzione orizzontale, permettendo notevoli spostamenti orizzontali; - di dissipazione di energia, con meccanismi isteretici e/o viscosi; - di ricentraggio del sistema; - di vincolo laterale, con adeguata rigidezza elastica, sotto carichi orizzontali di servizio (non sismici). Elementi base: elementi e/o meccanismi facenti parte di dispositivi di isolamento, che ne determinano le caratteristiche meccaniche fondamentali ai fini della loro utilizzazione nell’ambito di un sistema di isolamento sismico. Energia dissipata: Energia dissipata da un dispositivo d'isolamento quando ad esso siano imposte deformazioni orizzontali. Interfaccia d'isolamento: Superficie di separazione nella quale è attivo il sistema d'isolamento, interposto fra la sovrastruttura isolata e la sottostruttura soggetta direttamente agli spostamenti imposti dal movimento sismico del terreno. Isolatore: Dispositivo di isolamento che svolge la funzione di sostegno dei carichi verticali con elevata rigidezza in direzione verticale e bassa rigidezza e/o resistenza in direzione orizzontale, permettendo notevoli spostamenti orizzontali. A tale funzione possono essere associate o no quelle di dissipazione di energia, di ricentraggio del sistema, di vincolo laterale sotto carichi orizzontali di servizio (non sismici). Periodo equivalente: Periodo naturale d'oscillazione orizzontale della costruzione assimilata ad un oscillatore a un grado di libertà, con la massa della sovrastruttura e la rigidezza uguale alla rigidezza equivalente del sistema d’isolamento, per uno spostamento di ampiezza uguale allo spostamento di progetto. Rigidezza equivalente: Rigidezza secante di un dispositivo d'isolamento o di un sistema d'isolamento, valutata su un ciclo forza-spostamento con spostamento massimo assegnato, tipicamente pari a quello di progetto. Sistema d'isolamento: Sistema formato da un insieme di dispositivi d'isolamento, disposti nell’interfaccia d’isolamento, al di sotto della sovrastruttura, determinandone l’isolamento sismico. Fanno parte integrante del sistema d'isolamento gli elementi di connessione, nonché eventuali vincoli supplementari disposti per limitare gli spostamenti orizzontali dovuti ad azioni non sismiche (ad es. vento). Sottostruttura: parte della struttura posta al di sotto dell’interfaccia di isolamento. Essa include le fondazioni e la sua deformabilità orizzontale è in genere trascurabile. Sovrastruttura: parte della struttura posta al di sopra dell’interfaccia di isolamento, e che risulta, perciò, isolata. Spostamento di progetto del sistema d’isolamento in una direzione principale: massimo spostamento relativo orizzontale in corrispondenza del centro di rigidezza equivalente tra l’estradosso della sottostruttura e l’intradosso della sovrastruttura, prodotto dall’azione sismica di progetto. Spostamento di progetto totale di un dispositivo d’isolamento in una direzione principale: massimo spostamento orizzontale in corrispondenza del dispositivo, ottenuto dalla combinazione dello spostamento di progetto del sistema di isolamento e quello aggiuntivo determinato dalla torsione intorno all’asse verticale. d: Spostamento massimo raggiunto dal dispositivo d’isolamento in un ciclo di carico; d1: Spostamento corrispondente al limite elastico nel ciclo teorico bilineare di un dispositivo d’isolamento non lineare; d2: Spostamento massimo di progetto in un dispositivo d’isolamento, corrispondente allo SLC; ddc: Spostamento massimo di progetto del centro di rigidezza del sistema d’isolamento, corrispondente allo SLU; F: Forza massima raggiunta dal dispositivo d’isolamento in un ciclo di carico; F1: Forza corrispondente al limite elastico nel ciclo teorico bilineare di un dispositivo d’isolamento non lineare; F2: Forza corrispondente allo spostamento massimo di progetto allo SLU in un dispositivo d’isolamento; Fel = Forza corrispondente a del, nel ramo di carico iniziale sperimentale di un dispositivo non lineare; Kesi = Σj (Kej): Rigidezza totale equivalente del sistema di isolamento; M: Massa totale della sovrastruttura; mj: Massa del piano j-esimo della sovrastruttura; T: Periodo generico; Tbf: primo periodo proprio della struttura a base fissa; Tis: primo periodo proprio della struttura isolata; Tv: periodo di vibrazione in direzione verticale della struttura isolata; ξesi = Σj (Wdj) / (2πKesid²): coefficiente di smorzamento viscoso equivalente del sistema d’isolamento. C7A.10.1 Scopo |
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C8A (APPENDICE AL CAP. C8) |
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C8A.1 STIMA DEI LIVELLI DI CONOSCENZA E DEI FATTORI DI CONFIDENZAC8A.1.A Costruzioni in muratura: dati necessari e identificazione del livello di conoscenza La conoscenza della costruzione in muratura oggetto della verifica è di fondamentale importanza ai fini di una adeguata analisi, e può essere conseguita con diversi livelli di approfondimento, in funzione dell’accuratezza delle operazioni di rilievo, dell’analisi storica e delle indagini sperimentali. Tali operazioni saranno funzione degli obiettivi preposti ed andranno ad interessare tutto o in parte la costruzione, a seconda della ampiezza e della rilevanza dell’intervento previsto. C8A.1.A.1 Costruzioni in muratura: geometria La conoscenza della geometria strutturale di edifici esistenti in muratura deriva di regola dalle operazioni di rilievo. Tali operazioni comprendono il rilievo, piano per piano, di tutti gli elementi in muratura, incluse eventuali nicchie, cavità, canne fumarie, il rilievo delle volte (spessore e profilo), dei solai e della copertura (tipologia e orditura), delle scale (tipologia strutturale), la individuazione dei carichi gravanti su ogni elemento di parete e la tipologia delle fondazioni. La rappresentazione dei risultati del rilevo viene effettuata attraverso piante, alzati e sezioni. Viene inoltre rilevato e rappresentato l’eventuale quadro fessurativo, classificando possibilmente ciascuna lesione secondo la tipologia del meccanismo associato (distacco, rotazione, scorrimento, spostamenti fuori del piano, etc.), e deformativo (evidenti fuori piombo, rigonfiamenti, depressioni nelle volte, etc.). La finalità è di consentire, nella successiva fase diagnostica, l’individuazione dell’origine e delle possibili evoluzioni delle problematiche strutturali dell’edificio. C8A.1.A.2 Costruzioni in muratura: dettagli costruttivi I dettagli costruttivi da esaminare sono relativi ai seguenti elementi: a) qualità del collegamento tra pareti verticali; b) qualità del collegamento tra orizzontamenti e pareti ed eventuale presenza di cordoli di piano o di altri dispositivi di collegamento; c) esistenza di architravi strutturalmente efficienti al di sopra delle aperture; d) presenza di elementi strutturalmente efficienti atti ad eliminare le spinte eventualmente presenti; e) presenza di elementi, anche non strutturali, ad elevata vulnerabilità; f) tipologia della muratura (a un paramento, a due o più paramenti, con o senza riempimento a sacco, con o senza collegamenti trasversali, etc.), e sue caratteristiche costruttive (eseguita in mattoni o in pietra, regolare, irregolare, etc.). Si distinguono: - Verifiche in situ limitate: sono basate su rilievi di tipo visivo effettuati ricorrendo, generalmente, a rimozione dell'intonaco e saggi nella muratura che consentano di esaminarne le caratteristiche sia in superficie che nello spessore murario, e di ammorsamento tra muri ortogonali e dei solai nelle pareti. I dettagli costruttivi di cui ai punti a) e b) possono essere valutati anche sulla base di una conoscenza appropriata delle tipologie dei solai e della muratura. In assenza di un rilievo diretto, o di dati sufficientemente attendibili, è opportuno assumere, nelle successive fasi di modellazione, analisi e verifiche, le ipotesi più cautelative. - Verifiche in situ estese ed esaustive: sono basate su rilievi di tipo visivo, effettuati ricorrendo, generalmente, a saggi nella muratura che consentano di esaminarne le caratteristiche sia in superficie che nello spessore murario, e di ammorsamento tra muri ortogonali e dei solai nelle pareti. L’esame degli elementi di cui ai punti da a) ad f) è opportuno sia esteso in modo sistematico all’intero edificio. C8A.1.A.3 Costruzioni in muratura: proprietà dei materiali Particolare attenzione è riservata alla valutazione della qualità muraria, con riferimento agli aspetti legati al rispetto o meno della “regola dell’arte”. L’esame della qualità muraria e l’eventuale valutazione sperimentale delle caratteristiche meccaniche hanno come finalità principale quella di stabilire se la muratura in esame è capace di un comportamento strutturale idoneo a sostenere le azioni statiche e dinamiche prevedibili per l’edificio in oggetto, tenuto conto delle categorie di suolo, opportunamente identificate, secondo quanto indicato al § 3.2.2 delle NTC. Di particolare importanza risulta la presenza o meno di elementi di collegamento trasversali (es. diatoni), la forma, tipologia e dimensione degli elementi, la tessitura, l’orizzontalità delle giaciture, il regolare sfalsamento dei giunti, la qualità e consistenza della malta. Di rilievo risulta anche la caratterizzazione di malte (tipo di legante, tipo di aggregato, rapporto legante/aggregato, livello di carbonatazione), e di pietre e/o mattoni (caratteristiche fisiche e meccaniche) mediante prove sperimentali. Malte e pietre sono prelevate in situ, avendo cura di prelevare le malte all’interno (ad almeno 5-6 cm di profondità nello spessore murario). Si distinguono: - Indagini in situ limitate: servono a completare le informazioni sulle proprietà dei materiali ottenute dalla letteratura, o dalle regole in vigore all’epoca della costruzione, e per individuare la tipologia della muratura (in Tabella C8A.2.1 sono riportate alcune tipologie più ricorrenti). Sono basate su esami visivi della superficie muraria. Tali esami visivi sono condotti dopo la rimozione di una zona di intonaco di almeno 1m x 1m, al fine di individuare forma e dimensione dei blocchi di cui è costituita, eseguita preferibilmente in corrispondenza degli angoli, al fine di verificare anche le ammorsature tra le pareti murarie. È da valutare, anche in maniera approssimata, la compattezza della malta. Importante è anche valutare la capacità degli elementi murari di assumere un comportamento monolitico in presenza delle azioni, tenendo conto della qualità della connessione interna e trasversale attraverso saggi localizzati, che interessino lo spessore murario. - Indagini in situ estese: le indagini di cui al punto precedente sono effettuate in maniera estesa e sistematica, con saggi superficiali ed interni per ogni tipo di muratura presente. Prove con martinetto piatto doppio e prove di caratterizzazione della malta (tipo di legante, tipo di aggregato, rapporto legante/aggregato, etc.), e eventualmente di pietre e/o mattoni (caratteristiche fisiche e meccaniche) consentono di individuare la tipologia della muratura (si veda la Tabella C8A.2.1 per le tipologie più ricorrenti). È opportuna una prova per ogni tipo di muratura presente. Metodi di prova non distruttivi (prove soniche, prove sclerometriche, penetrometriche per la malta, etc.) possono essere impiegati a complemento delle prove richieste. Qualora esista una chiara, comprovata corrispondenza tipologica per materiali, pezzatura dei conci, dettagli costruttivi, in sostituzione delle prove sulla costruzione oggetto di studio possono essere utilizzate prove eseguite su altre costruzioni presenti nella stessa zona. Le Regioni potranno, tenendo conto delle specificità costruttive del proprio territorio, definire zone omogenee a cui riferirsi a tal fine. - Indagini in situ esaustive: servono per ottenere informazioni quantitative sulla resistenza del materiale. In aggiunta alle verifiche visive,ai saggi interni ed alle prove di cui ai punti precedenti, si effettua una ulteriore serie di prove sperimentali che, per numero e qualità, siano tali da consentire di valutare le caratteristiche meccaniche della muratura. La misura delle caratteristiche meccaniche della muratura si ottiene mediante esecuzione di prove, in situ o in laboratorio (su elementi non disturbati prelevati dalle strutture dell’edificio). Le prove possono in generale comprendere prove di compressione diagonale su pannelli o prove combinate di compressione verticale e taglio. Metodi di prova non distruttivi possono essere impiegati in combinazione, ma non in completa sostituzione di quelli sopra descritti. Qualora esista una chiara, comprovata corrispondenza tipologica per materiali, pezzatura dei conci, dettagli costruttivi, in sostituzione delle prove sulla costruzione oggetto di studio possono essere utilizzate prove eseguite su altre costruzioni presenti nella stessa zona. Le Regioni potranno, tenendo conto delle specificità costruttive del proprio territorio, definire zone omogenee a cui riferirsi a tal fine. I risultati delle prove sono esaminati e considerati nell’ambito di un quadro di riferimento tipologico generale, che tenga conto dei risultati delle prove sperimentali disponibili in letteratura sino a quel momento per le tipologie murarie in oggetto e che consenta di valutare, anche in termini statistici, la effettiva rappresentatività dei valori trovati. I risultati delle prove sono utilizzati in combinazione con quanto riportato nella Tabella C8A.2.1, secondo quanto riportato al § C8A.1.A.4. C8A.1.A.4 Costruzioni in muratura: livelli di conoscenza Con riferimento al livello di conoscenza acquisito, si possono definire i valori medi dei parametri meccanici ed i fattori di confidenza secondo quanto segue: - il livello di conoscenza LC3 si intende raggiunto quando siano stati effettuati il rilievo geometrico, verifiche in situ estese ed esaustive sui dettagli costruttivi, indagini in situ esaustive sulle proprietà dei materiali; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1; - il livello di conoscenza LC2 si intende raggiunto quando siano |
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C8A.2. TIPOLOGIE E RELATIVI PARAMETRI MECCANICI DELLE MURATURENella Tabella C8A.2.1 sono indicati i valori di riferimento che possono essere adottati nelle analisi, secondo quanto indicato al § C8A.1.A.4 in funzione del livello di conoscenza acquisito. Il riconoscimento della tipologia muraria è condotto attraverso un dettagliato rilievo degli aspetti costruttivi (§ C8A.1.A.2). È noto che la muratura presenta, a scala nazionale, una notevole varietà per tecniche costruttive e materiali impiegati ed un inquadramento in tipologie precostituite può risultare problematico. I moduli di elasticità normale E e tangenziale G sono da considerarsi relativi a condizioni non fessurate, per cui le rigidezze dovranno essere opportunamente ridotte. Tabella C8A.2.1 - Valori di riferimento dei parametri meccanici (minimi e massimi) e peso specifico medio per diverse tipologie di muratura, riferiti alle seguenti condizioni: malta di caratteristiche scarse, assenza di ricorsi (listature), paramenti semplicemente accostati o mal collegati, muratura non consolidata, tessitura (nel caso di elementi regolari) a regola d’arte; fm = resistenza media a compressione della muratura, τ0 = resistenza media a taglio della muratura, E = valore medio del modulo di elasticità normale, G = valore medio del modulo di elasticità tangenziale, w = peso specifico medio della muratura
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C8A.3. AGGREGATI EDILIZIUn aggregato edilizio è costituito da un insieme di parti che sono il risultato di una genesi articolata e non unitaria, dovuta a molteplici fattori (sequenza costruttiva, cambio di materiali, mutate esigenze, avvicendarsi dei proprietari, etc.). Nell’analisi di un edificio facente parte di un aggregato edilizio occorre tenere conto perciò delle possibili interazioni derivanti dalla contiguità strutturale con gli edifici adiacenti, connessi o in aderenza ad esso. A tal fine dovrà essere individuata, in via preliminare, l’unità strutturale (US) oggetto di studio, evidenziando le azioni che su di essa possono derivare dalle unità strutturali contigue. La porzione di aggregato che costituisce l’US dovrà comprendere cellule tra loro legate in elevazione ed in pianta da un comune processo costruttivo, oltre che considerare tutti gli elementi interessati dalla trasmissione a terra dei carichi verticali dell’edificio in esame. Ove necessario, tale analisi preliminare dovrà considerare l’intero aggregato, al fine di individuare le relative connessioni spaziali fondamentali, con particolare attenzione al contesto ed ai meccanismi di giustapposizione e di sovrapposizione. In particolare, il processo di indagine sugli aggregati edilizi si dovrebbe sviluppare attraverso l’individuazione di diversi strati d’informazione: - i rapporti tra i processi di aggregazione ed organizzazione dei tessuti edilizi e l’evoluzione del sistema viario; - i principali eventi che hanno influito sugli a |
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C8A.4. ANALISI DEI MECCANISMI LOCALI DI COLLASSO IN EDIFICI ESISTENTI IN MURATURANegli edifici esistenti in muratura spesso avvengono collassi parziali per cause sismiche, in genere per perdita dell'equilibrio di porzioni murarie; la verifica nei riguardi di questi meccanismi, secondo le modalità descritte nel seguito, assume significato se è garantita una certa monoliticità della parete muraria, tale da impedire collassi puntuali per disgregazione della muratura. Meccanismi locali si verificano nelle pareti murarie prevalentemente per azioni perpendicolari al loro piano, mentre nel caso di sistemi ad arco anche per azioni nel piano. Le verifiche con riferimento ai meccanismi locali di danno e collasso (nel piano e fuori piano) possono essere svolti tramite l’analisi limite dell’equilibrio, secondo l’approccio cinematico, che si basa sulla scelta del meccanismo di collasso e la valutazione dell’azione orizzontale che attiva tale cinematismo. L’applicazione del metodo di verifica presuppone quindi l’analisi dei meccanismi locali ritenuti significativi per la costruzione, che possono essere ipotizzati sulla base della conoscenza del comportamento sismico di strutture analoghe, già danneggiate dal terremoto, o individuati considerando la presenza di eventuali stati fessurativi, anche di natura non sismica; inoltre andranno tenute presente la qualità della connessione tra le pareti murarie, la tessitura muraria, la presenza di catene, le interazioni con altri elementi della costruzione o degli edifici adiacenti. L’approccio cinematico permette inoltre di determinare l’andamento dell’azione orizzontale che la struttura è progressivamente in grado di sopportare all’evolversi del meccanismo. Tale curva è espressa attraverso un moltiplicatore α, rapporto tra le forze orizzontali applicate ed i corrispondenti pesi delle masse presenti, rappresentato in funzione dello spostamento dk di un punto di riferimento del sistema; la curva deve essere determinata fino all’annullamento di ogni capacità di sopportare azioni orizzontali (α=0). Tale curva può essere trasformata nella curva di capacità di un sistema equivalente ad un grado di libertà, nella quale può essere definita la capacità di spostamento ultimo del meccanismo locale, da confrontare con la domanda di spostamento richiesta dall’azione sismica. Per ogni possibile meccanismo locale ritenuto significativo per l’edificio, il metodo si articola nei seguenti passi: - trasformazione di una parte della costruzione in un sistema labile (catena cinematica), attraverso l’individuazione di corpi rigidi, definiti da piani di frattura ipotizzabili per la scarsa resistenza a trazione della muratura, in grado di ruotare o scorrere tra loro (meccanismo di danno e collasso); - valutazione del moltiplicatore orizzontale dei carichi α0 che comporta l’attivazione del meccanismo (stato limite di danno); - valutazione dell’evoluzione del moltiplicatore orizzontale dei carichi α al crescere dello spostamento dk di un punto di controllo della catena cinematica, usualmente scelto in prossimità del baricentro delle masse, fino all’annullamento della forza sismica orizzontale; - trasformazione della curva così ottenuta in curva di capacità, ovvero in accelerazione a* e spostamento d* spettrali, con valutazione dello spostamento ultimo per collasso del meccanismo (stato limite ultimo), definito in seguito; - verifiche di sicurezza, attraverso il controllo della compatibilità degli spostamenti e/o delle resistenze richieste alla struttura. Per l’applicazione del metodo di analisi si ipotizza, in genere: - resistenza nulla a trazione della muratura; - assenza di scorrimento tra i blocchi; - resistenza a compressione infinita della muratura. Tuttavia, per una simulazione più realistica del comportamento, è opportuno considerare, in forma approssimata: a) gli scorrimenti tra i blocchi, considerando la presenza dell’attrito; b) le connessioni, anche di resistenza limitata, tra le pareti murarie; c) la presenza di catene metalliche; d) la limitata resistenza a compressione della muratura, considerando le cerniere adeguatamente arretrate rispetto allo spigolo della sezione; e) la presenza di pareti a paramenti scollegati. C8A.4.1 Analisi cinematica lineare Per ottenere il moltiplicatore orizzontale α0 dei carichi che porta all’attivazione del meccanismo locale di danno si applicano ai blocchi rigidi che compongono la catena cinematica le seguenti forze: i pesi propri dei blocchi, applicati nel loro baricentro; i carichi verticali portati dagli stessi (pesi propri e sovraccarichi dei solai e della copertura, altri elementi murari non considerati nel modello strutturale); un sistema di forze orizzontali proporzionali ai carichi verticali portati, se queste non sono efficacemente trasmesse ad altre parti dell'edificio; eventuali forze esterne (ad esempio quelle trasmesse da catene metalliche); eventuali forze interne (ad esempio le azioni legate all’ingranamento tra i conci murari). Assegnata una rotazione virtuale θk al generico blocco k, è possibile determinare in funzione di questa e della geometria della struttura, gli spostamenti delle diverse |
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C8A.5. CRITERI PER GLI INTERVENTI DI CONSOLIDAMENTO DI EDIFICI IN MURATURANel presente allegato si forniscono criteri generali di guida agli interventi di consolidamento degli edifici in muratura, con riferimento ad alcune tecniche di utilizzo corrente. Ovviamente non sono da considerarsi a priori escluse eventuali tecniche di intervento non citate, metodologie innovative o soluzioni particolari che il professionista individui come adeguate per il caso specifico. Gli interventi di consolidamento vanno applicati, per quanto possibile, in modo regolare ed uniforme alle strutture. L’esecuzione di interventi su porzioni limitate dell’edificio va opportunamente valutata e giustificata calcolando l’effetto in termini di variazione nella distribuzione delle rigidezze. Nel caso si decida di intervenire su singole parti della struttura, va valutato l’effetto in termini di variazione nella distribuzione delle rigidezze. Particolare attenzione deve essere posta anche alla fase esecutiva degli interventi, onde assicurare l’efficacia degli stessi, in quanto l’eventuale cattiva esecuzione può comportare il peggioramento delle caratteristiche della muratura o del comportamento globale dell’edificio. Le indicazioni che seguono non devono essere intese come un elenco di interventi da eseguire comunque e dovunque, ma solo come possibili soluzioni da adottare nei casi in cui siano dimostrate la carenza dello stato attuale del fabbricato ed il beneficio prodotto dall’intervento. Per quanto applicabile, i criteri e le tecniche esposte possono essere estesi ad altre tipologie costruttive in muratura. C8A.5.1 Interventi volti a ridurre le carenze dei collegamenti Tali interventi sono mirati ad assicurare alla costruzione un buon comportamento d’assieme, mediante la realizzazione di un buon ammorsamento tra le pareti e di efficaci collegamenti dei solai alle pareti; inoltre, deve essere verificato che le eventuali spinte prodotte da strutture voltate siano efficacemente contrastate e deve essere corretto il malfunzionamento di tetti spingenti. La realizzazione di questi interventi è un prerequisito essenziale per l’applicazione dei metodi di analisi sismica globale dell’edificio, che si basano sul comportamento delle pareti murarie nel proprio piano, presupponendone la stabilità nei riguardi di azioni sismiche fuori dal piano. L’inserimento di tiranti, metallici o di altri materiali, disposti nelle due direzioni principali del fabbricato, a livello dei solai ed in corrispondenza delle pareti portanti, ancorati alle murature mediante capochiave (a paletto o a piastra), può favorire il comportamento d’assieme del fabbricato, in quanto conferisce un elevato grado di connessione tra le murature ortogonali e fornisce un efficace vincolo contro il ribaltamento fuori piano dei pannelli murari. Inoltre, l’inserimento di tiranti migliora il comportamento nel piano di pareti forate, in quanto consente la formazione del meccanismo tirante-puntone nelle fasce murarie sopra porta e sotto finestra. Per i capochiave sono consigliati paletti semplici, in quanto vanno ad interessare una porzione di muratura maggiore rispetto alle piastre; queste sono preferibili nel caso di murature particolarmente scadenti, realizzate con elementi di piccole dimensioni (è in genere necessario un consolidamento locale della muratura, nella zona di ancoraggio). È sconsigliabile incassare il capochiave nello spessore della parete, specie nel caso di muratura a più paramenti scollegati. Cerchiature esterne, in alcuni casi, si possono realizzare con elementi metallici o materiali compositi, allo scopo di “chiudere” la scatola muraria e di offrire un efficace collegamento tra murature ortogonali. Tale intervento può risultare efficace nel caso di edifici di dimensioni ridotte, dove i tratti rettilinei della cerchiatura non sono troppo estesi, o quando vengono realizzati ancoraggi in corrispondenza dei martelli murari. È necessario evitare l’insorgere di concentrazioni di tensioni in corrispondenza degli spigoli delle murature, ad esempio con opportune piastre di ripartizione o in alternativa, nel caso si usino fasce in materiale composito, procedendo allo smusso degli spigoli. Un’idonea ammorsatura, tra parti adiacenti o tra murature che si intersecano, si può realizzare, qualora i collegamenti tra elementi murari siano deteriorati (per la presenza di lesioni per danni sismici o di altra natura) o particolarmente scadenti; si precisa infatti che questi interventi di collegamento locale sono efficaci per il comportamento d’assieme della costruzione in presenza di murature di buone caratteristiche, mentre per le murature scadenti è preferibile l’inserimento di tiranti, che garantiscono un miglior collegamento complessivo. L’intervento si realizza o attraverso elementi puntuali di cucitura (tecnica “scuci e cuci” con elementi lapidei o in laterizio) o collegamenti locali con elementi metallici o in altro materiale. L’uso di perforazioni armate deve essere limitato ai casi in cui non siano percorribili le altre soluzioni proposte, per la notevole invasività di tali elementi e la dubbia efficacia, specie in presenza di muratura a più paramenti scollegati; in ogni caso dovrà essere garantita la durabilità degli elementi inseriti (acciaio inox, materiali compositi o altro) e la compatibilità delle malte iniettate. Anche in questo caso, l’eventuale realizzazione di un buon collegamento locale non garantisce un significativo miglioramento del comportamento d’assieme della costruzione. Cordoli in sommità alla muratura possono costituire una soluzione efficace per collegare le pareti, in una zona dove la muratura è meno coesa a causa del limitato livello di compressione, e per migliorare l’interazione con la copertura; va invece evitata l’esecuzione di cordolature ai livelli intermedi, eseguite nello spessore della parete (specie se di muratura in pietrame), dati gli effetti negativi che le aperture in breccia producono nella distribuzione delle sollecitazioni sui paramenti. Questi possono essere realizzati nei seguenti modi: |
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C8A.6. VALUTAZIONE DELLE ROTAZIONI DI COLLASSO DI ELEMENTI DI STRUTTURE IN CALCESTRUZZO ARMATO E ACCIAIOC8A.6.1 Elementi di strutture in calcestruzzo armato La capacità di rotazione rispetto alla corda in condizioni di collasso θu può essere valutata mediante sperimentazione diretta, modellazione numerica considerando il contributo di calcestruzzo, acciaio ed aderenza, ovvero mediante la seguente formula: (C8A.6.1) dove: γel = 1.5 per gli elementi primari ed 1.0 per gli elementi secondari (come definiti al § 7.2.3 delle NTC), LV è la luce di taglio; h è l’altezza della sezione; ν = N/(Acfc) è lo sforzo assiale normalizzato di compressione agente su tutta la sezione Ac; ω = As fy/(Ac fc) e ω ′ = A′s fy/(Ac fc) percentuali meccaniche di armatura longitudinale in trazione e compressione ri |
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C8A.7. MODELLI DI CAPACITÀ PER IL RINFORZO DI ELEMENTI IN CALCESTRUZZO ARMATOC8A.7.1 Incamiciatura in c.a. A pilastri o pareti possono essere applicate camicie in c.a. per conseguire tutti o alcuni dei seguenti obiettivi: - aumento della capacità portante verticale; - aumento della resistenza a flessione e/o taglio; - aumento della capacità deformativa; - miglioramento dell’efficienza delle giunzioni per sovrapposizione. Lo spessore delle camicie deve essere tale da consentire il posizionamento di armature longitudinali e trasversali con un copriferro adeguato. Nel caso che la camicia non avvolga completamente l’elemento, è necessario mettere a nudo le armature nelle facce non incamiciate, e collegare a queste ultime le armature delle facce incamiciate. Se le camicie servono ad aumentare la resistenza flessionale, le barre longitudinali devono attraversare il solaio in apposite forature continue e essere ancorate con adeguata staffatura alle estremità del pilastro inferiore e superiore. Se le camicie servono solo per aumentare la resistenza a taglio e la deformabilità, o anche a migliorare l’efficienza delle giunzioni, esse devono fermarsi a circa 10mm dal solaio. Ai fini della valutazione della resistenza e della deformabilità di elementi incamiciati sono accettabili le seguenti ipotesi semplificative: - l’elemento incamiciato si comporta monoliticamente, con piena aderenza tra il calcestruzzo vecchio e il nuovo; - si trascura il fatto che il carico assiale è applicato alla sola porzione preesistente dell’elemento, e si considera che esso agisca sull’intera sezione incamiciata; - le proprietà meccaniche del calcestruzzo della camicia si considerano estese all’intera sezione se le differenze fra i due materiali non sono eccessive. I valori della capacità da adottare nelle verifiche sono quelli calcolati con riferimento alla sezione incamiciata nelle ipotesi semplificative su indicate ridotte secondo le espressioni seguenti: |
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C8A.8. INDICAZIONI AGGIUNTIVE RELATIVE AI PONTI ESISTENTIC8A.8.1 Azione sismica Per l’azione sismica da utilizzare nella valutazione e la progettazione degli interventi su ponti esistenti si fa riferimento al Cap. 3 delle NTC. C8A.8.2 Criteri generali Per quanto riguarda i criteri generali, valgono quelli indicati per i ponti di nuova costruzione al § 7.9.2. delle NTC. Come indicato al § 8.3 delle NTC, la valutazione della sicurezza è eseguita solo per gli SLU (SLV o SLC in alternativa). C8A.8.3 Classificazione degli interventi Le tipologie di intervento sui ponti sono quelle descritte nel capitolo 8.4 delle NTC. Nel caso di interventi antisismici, si effettueranno preferibilmente gli interventi di adeguamento, considerati più appropriati per le strutture da ponte, in quanto il raggiungimento dei livelli di sicurezza previsti per l’adeguamento non risultano, generalmente, molto più costosi di quelli che conseguono livelli inferiori della sicurezza. È evidente, peraltro, che l’opportunità di conseguire un livello di sicurezza per quanto possibile uniforme su un ramo di una rete di trasporto, del quale il ponte in esame fa parte, e l’eventuale limitata disponibilità di fondi disponibili possono rendere accettabile l’assunzione di livelli di sicurezza inferiori, ma uniformi, per tutti gli elementi critici del ramo o della rete, e dunque l’adozione del miglioramento antisismico, fermo restando l’obbligo della verifica del livello di sicurezza raggiunto con l’intervento. C8A.8.4 Livello di conoscenza e fattore di confidenza Le verifiche di sicurezza di cui alle presenti istruzioni comportano una analisi strutturale, di tipo lineare oppure non lineare, e successive verifiche puntuali di resistenza o di deformabilità in tutte le parti critiche dell’opera. L’utilizzo delle istruzioni richiede quindi la disponibilità dei valori di tutte le grandezze geometriche e meccaniche che consentono una verifica del tipo indicato. Di regola, a meno che non ostino condizioni particolari, il livello di conoscenza da perseguire nel caso dei ponti esistenti è quello massimo, cui corrisponde un fattore di confidenza FC=1. In particolare è necessario disporre di: - geometria dell’opera nel suo stato attuale, ovvero le dimensioni di tutti gli elementi strutturali, comprese le fondazioni, e la disposizione e quantità delle armature. Essa può essere desunta dai disegni costruttivi originali o, a vantaggio di più sicura attendibilità, dai disegni di contabilità. Ciò si estende naturalmente anche alle eventuali variazioni introdotte a seguito di interventi di rilevanza strutturale successivi alla costruzione. In mancanza della documentazione suddetta, è necessario un rilievo completo della geometria ed un numero di saggi sulle strutture che consenta la determinazione delle armature presenti in un numero di sezioni sufficiente per costruire un modello strutturale adeguato al tipo di analisi e alle successive verifiche. - proprietà meccaniche dei materiali: conglomerato e acciaio. Le informazioni devono provenire, oltre che dalle indicazioni iniziali di progetto, da risultati di |
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C8A.9. INDICAZIONI AGGIUNTIVE PER GLI ELEMENTI NON STRUTTURALI E GLI IMPIANTI SOGGETTI AD AZIONI SISMICHEI danni causati dal terremoto ai componenti e ai sistemi non strutturali sono stati una fonte di grande preoccupazione per diversi decenni. Mentre ci sono stati notevoli miglioramenti nella risposta dei sistemi strutturali resistenti alle forze laterali, i terremoti hanno continuato a rivelare la poca attenzione prestata all’ancoraggio e al controventamento dei componenti e dei sistemi non strutturali. Persino nei casi in cui i terremoti hanno causato danni di piccola entità o addirittura nulli ai sistemi strutturali degli edifici, i componenti non strutturali hanno subito danni estesi, soprattutto a causa di un ancoraggio o controventamento impropri. I danni sismici alle installazioni non strutturali non solo possono risultare costosi, ma possono anche rendere la struttura inutilizzabile per un periodo di tempo che può variare da alcune settimane a diversi mesi. L’ancoraggio ed il controventamento corretti dei componenti e dei sistemi non strutturali è cruciale in strutture strategiche, come gli ospedali, e possono contribuire a che questi servizi siano disponibili e utilizzabili subito dopo una calamità. Le NTC, ai §§ 7.2.3 e 7.2.4, contengono prescrizioni esplicite per la progettazione e l’ancoraggio sismico di sistemi e componenti non strutturali. Un obiettivo di questa Appendice consiste nel fornire un aiuto per la comprensione e l’applicazione dei requisiti delle NTC. C8A.9.1 Individuazione dei componenti non strutturali che richiedono una valutazione sismica La scelta dei componenti non strutturali da sottoporre ad una valutazione sismica si basa sulle seguenti considerazioni: - la sismicità (identificata dalla Zona Sismica) - la vulnerabilità sismica del componente - l’importanza del componente per la funzionalità nel periodo post-terremoto - il costo e il grado di interruzione dei servizi necessari per adeguare o ancorare il componente Lo scopo è concentrare le risorse di progettazione e di costruzione sui miglioramenti sismici non strutturali più critici e convenienti da un punto di vista di rapporto costo/benefici. La Tabella C8A.9.1 N11 illustra alcune raccomandazioni non esaustive per specifici componenti e sistemi non strutturali, per lo più presenti in complessi ospedalieri. Le raccomandazioni sono fornite sia per le installazioni già esistenti che per quelle nuove. Esse dipendono sia dal tipo di componente o di sistema che dalla zona sismica in cui si trova l’opera. In generale i sistemi che hanno un’elevata vulnerabilità, una grande importanza, e un basso costo di adeguamento sismico e una limitata interruzione dei servizi necessaria per portare a termine l’adeguamento, sono da considerarsi come candidati per l’adeguamento in tutte le zone sismiche. I sistemi a bassa vulnerabilità o poca importanza, costosi o gravosi da adeguare in termini di interruzione dei servizi dovrebbero essere considerati per l’adeguamento nelle zone 1 e 2. In generale, fornire protezione sismica ad una nuova installazione rispetto ad una già esistente comporta minori costi aggiuntivi d’interruzione dei servizi. Di conseguenza nella Tabella C8A.9.1 sono segnalate tipologie di componenti non strutturali che dovrebbero essere simicamente ancorati, se installati ex novo, ma sui quali potrebbe non essere conveniente intervenire, nel caso in cui siano già esistenti. Le raccomandazioni in Tabella C8A.9.1 si basano sulle osservazioni dei danni degli ultimi terremoti e sulla vulnerabilità, importanza e costi di adeguamento sismico presunti per sistemi tipici. C8A.9.2 Criteri di progettazione e azioni di verifica Se non si eseguono delle indagini più dettagliate, le forze agenti sui componenti non strutturali possono essere calcolate in base ai §§ 7.2.3 e 7.2.4 delle NTC. Un altro modo di calcolo delle forze sismiche agenti su un componente non strutturale è dato dall’uso diretto dei risultati delle analisi dinamiche dell’edificio, per esempio determinando o la massima accelerazione o gli spettri di risposta a ciascun piano. Quando si impiega tale tecnica, si deve fare attenzione alla scelta degli accelerogrammi, che devono essere compatibili con lo spettro di progetto, e a considerare correttamente i possibili effetti sfavorevoli sulla risposta dell’edificio che possono essere causati da componenti non strutturali, come ad esempio i tamponamenti. Inoltre, si raccomanda di usare l’inviluppo di più analisi dinamiche. C8A.9.3 Raccomandazioni aggiuntive per la limitazione del rischio di fuoriuscite incontrollate di gas a causa del sisma Esistono diverse alternative per migliorare le condizioni di sicurezza sismica degli impianti di gas, in ottemperanza a quanto richiesto dal § 7.2.3 delle NTC. La Tabella C8A.9.2 descrive queste alternative, N12 basate sul miglioramento dell’integrità degli impianti o delle strutture o sull’utilizzo di dispositivi per la limitazione del flusso di gas. Ogni alternativa presenta vantaggi e svantaggi, in relazione a costi di realizzazione, livello di miglioramento della sicurezza, benefici collaterali per emergenze non sismiche. La scelta della opzione migliore andrà, quindi, condotta caso per caso. Per limitare questo rischio l’opzione più efficace, ed in generale priva di controindicazioni, consiste nella messa in atto di opportuni controventamenti e vincoli sismici degli impianti e delle apparecchiature, ai quali si è fatto cenno nei paragrafi precedenti. Per le valvole ad attivazione automatica, i criteri per l’accettazione e per il controllo sono disciplinate dalle norme di settore, che potranno essere basate su standard internazionali esistenti.N13 La prescrizione di cui al § 7.2.4 delle NTC, relativa al passaggio dal terreno alla costruzione dei tubi per la fornitura del gas, evidenzia il problema che può derivare dagli assestamenti del terreno in prossimità delle fondazioni e dei danni che questi cedimenti possono produrre sulle tubature. Sono da esaminare, inoltre, quei casi in cui le tubature possono subire distorsioni significative a causa del moto sismico relativo tra i punti di vincolo delle stesse alla struttura. Questa circostanza si verifica, in particolare, negli edifici dotati di sistemi di isolamento alla base, nelle zone di passaggio tra basamento ed elevazione. Si può verificare anche quando le tubature attraversano giunti strutturali tra corpi diversi quando non sono adottati accorgimenti che evitino i danni conseguenti agli spostamenti differenziali. Tabella C8A.9.1 - Raccomandazioni per la valutazione e l’adeguamento di componenti non strutturali esistenti e per l’ancoraggio di componenti non strutturali di nuova installazione al variare della zona sismica
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