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28/01/2019

Ricostruzione di opera parzialmente realizzata e nozione di ristrutturazione edilizia

La Corte di Cassazione, sezione penale, con sentenza 13/12/2018, n. 56096, fornisce chiarimenti in merito alla necessità del permesso di costruire per la ricostruzione di un fabbricato demolito.

Nel caso di specie si trattava di un fabbricato, la cui costruzione si era fermata alle fondazioni ed a parte dei muri perimetrali, in cui l'attività posta in essere, lungi dal comportare la conclusione delle opere, si era risolta nella completa demolizione dell’immobile incompiuto e nella realizzazione di un diverso manufatto che non aveva alcuna correlazione con l'intervento preesistente.

La Corte si è soffermata sul concetto di ristrutturazione di cui all’art. 3, D.P.R. n. 380/2001 (comma 1, lett. d) richiamando gli orientamenti precedentemente espressi secondo cui:
- gli interventi di ristrutturazione edilizia consistenti nel ripristino o nella ricostruzione di edifici o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, debbono ritenersi assoggettati a permesso di costruire se non è possibile accertare la preesistente volumetria delle opere, le quali, qualora ricadano in zona paesaggisticamente vincolata, hanno l'obbligo di rispettare anche la precedente sagoma dell'edificio. Sono, invece, soggetti alla procedura semplificata della SCIA se si tratta di opere che non rientrano in zona paesaggisticamente vincolata e rispettano la preesistente volumetria, anche quando implicano una modifica della sagoma dell'edificio (Cass. pen. 30/09/2014, n. 40342);
- detti interventi impongono, quale imprescindibile condizione, che sia possibile accertare la preesistente consistenza di ciò che si è demolito o è crollato e che tale accertamento deve essere effettuato con il massimo rigore e deve necessariamente fondarsi su dati certi ed obiettivi, quali documentazione fotografica, cartografie etc., in base ai quali sia inequivocabilmente individuabile la consistenza del manufatto preesistente (Cass. pen. 25/06/2015, n. 26713);
- l'utilizzazione del termine “consistenza”, da parte del legislatore, nell'art. 3, D.P.R. n. 380/2001 (comma 1, lett. d) inevitabilmente include tutte le caratteristiche essenziali dell'edifico preesistente (volumetria, altezza, struttura complessiva, etc.), con la conseguenza che, in mancanza anche di uno solo di tali elementi, necessari per la dovuta attività ricognitiva, dovrà escludersi la sussistenza del requisito richiesto dalla norma. Parimenti, detta verifica non potrà essere rimessa ad apprezzamenti meramente soggettivi o al risultato di stime o calcoli effettuati su dati parziali, ma dovrà, invece, basarsi su dati certi, completi ed obiettivamente apprezzabili (Cass. pen. 11/11/2015, n. 45147).
Più recentemente, ha ricordato la Suprema Corte, si è ritenuto, con riferimento alla pretesa ristrutturazione di un immobile crollato, definito nel giudizio di merito come "un mero ammasso di pietre a secco con un accenno di andamento solo di due muri perimetrali e di piccola parte di un terzo muro", che non è possibile l'accertamento della preesistente consistenza sulla base di studi storici o rilevazioni relativi ad edifici aventi analoga tipologia, restando una simile verifica confinata nell'ambito delle mere deduzioni soggettive e non offrendo alcuna oggettiva evidenza (Cass. pen. 31/08/2018, n. 39340).

Alla luce di tali principi, la Corte ha affermato che la ristrutturazione si riferisce ad un intervento volto a conservare un edificio esistente o ad attuare sullo stesso integrazioni funzionali e strutturali, che comprendono anche la demolizione e successiva ricostruzione. In tali casi si interviene su un immobile esistente del quale sono, dunque, immediatamente rilevabili caratteristiche costruttive, volumetria, sagoma ed altri elementi qualificanti. Quando, invece, la ristrutturazione riguarda edifici demoliti o crollati, la ristrutturazione presuppone che gli stessi siano strutturalmente identificabili con assoluta certezza. Anche in tale ultima ipotesi, tuttavia, si tratta di un edificio preesistente ma ormai diruto. Nel caso in cui viceversa l’edificio non sia mai esistito nella sua interezza, essendosi la sua realizzazione interrotta e mai ripresa, non è possibile qualificare come ristrutturazione l’intervento di demolizione e ricostruzione del manufatto originario incompiuto.

Dalla redazione