Sent. C. Cass. 26/09/2005, n. 18775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE

Con ricorso al presidente del Tribunale di Reggio Calabria, l'architetto Giuseppe Romano, premesso di aver svolto l'incarico di terzo perito in una procedura arbitrale tra tale Megale e l'Assitalia, all'esito della quale il Collegio dei periti aveva deliberato un indennizzo di lire 834.905.706; che l'Assitalia gli aveva negato il pagamento della parcella di lire 34.744.000;

chiedeva, ai sensi dell'art. 814 c.p.c., la liquidazione del compen

Denunciando violazione degli artt. 36 c.p.c. e 2222, 2229 e 2697 c.c. nonché difetto e contraddittorietà della motivazione (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.), la ricorrente deduce: 1) che tra la domanda principale e quella riconvenzionale manca del tutto il necessario nesso di dipendenza, non traendo origine le contrapposte difese delle parti dal medesimo rapporto giuridico; 2) che l'attività svolta dal Romano s'inquadra nello schema della locazione d'opera, non del mandato, onde non è dato di vedere come l'impugnata sentenza possa aver ritenuto ammissibile la domanda riconvenzionale del Romano fondata sul contratto di mandato; 3) che, vertendosi in tema di perizia contrattuale (non di arbitrato), i periti non possono, come ha fatto il Romano, autoliquidarsi il compenso, né può aver ingresso o valore alcuno la parcella vistata dall'Ordine degli architetti; sia perché l'attività prestata dal Romano (quantificazione del danno provocato da un incendio) non ha nulla a vedere con la professione di architetto, sia perché la parcella non prova le singole prestazioni, non documentate e peraltro contestate, sia perché, infine, il pagamento del compenso doveva essere chiesto in un ordinario giudizio di cognizione e con la prova rigorosa della quantità e qualità del lavoro svolto, s

ha Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al resistente le spese del giudizio